La responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c.; tale violazione, ove consista nell’adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è né esclusa né ridotta per la circostanza che l’adozione di tali mezzi sia stata sollecitata dal cliente stesso, essendo compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale; peraltro essendo tenuto l’avvocato ad assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, non solo al dovere di informazione del cliente ma anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione dello stesso ed essendo tenuto, tra l’altro, a sconsigliare il cliente dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.
Il caso ha visto riconosciuta la responsabilità professionale di un avvocato il quale, in una causa per danni avanzata da una società sua cliente non aveva aderito alla fondata eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla convenuta, facendo così protrarre per ulteriore 10 anni il giudizio, conclusosi poi con una declaratoria di incompetenza, ed inoltre aveva chiamato in causa un soggetto, sebbene il diritto da tutelare fosse prevedibilmente già prescritto, e infatti l’eccezione di prescrizione era stata sollevata dalla chiamata in causa.
Cassazione civile sez. III, 20/05/2015 n. 10289