di Anna Messia
Manca ancora più di un mese all’atteso via libera al prospetto informativo da parte di Consob che darà ufficialmente avvio alla privatizzazione di Poste Italiane con la cessione sul mercato fino al 40% del capitale. Ma il mercato comincia a scaldarsi, perché, nonostante la volatilità delle borse delle ultime settimane, lo sbarco del gruppo a Piazza Affari resta fissato per l’autunno.
Così analisti e fondi iniziano a guardare più da vicino quella che si preannuncia come la privatizzazione più importante dell’anno in Europa. L’equity story di Poste Italiane sembra attraente, stando a quanto emerso nel corso degli incontri avuti prima dell’estate dall’amministratore delegato sulle piazze finanziarie di Milano e Londra. A metà settembre sarà la volta degli Stati Uniti, con una tappa a New York e una a Boston. Caio vuole infatti confrontarsi con il panorama internazionale dei potenziali sottoscrittori dell’ipo, con un occhio di riguardo a fondi sovrani e strategici, investitori di lungo termine in grado di dare stabilità all’azionariato. E ad essi la sfida di Caio, che vuole fare di Poste il cardine del processo di digitalizzazione dell’Italia, sembra piacere, anche se continuano a monitorare con attenzione al rebus rappresentato dall’attività di recapito, destinato a soffrire per il calo della posta tradizionale.
In ogni caso è sempre più evidente che chi comprerà azioni del gruppo prenderà un pezzo importante dell’Italia e in questo momento in cui sembra tornata un po’ di fiducia nel Paese questo legame potrebbe giocare a favore dell’ipo, come sottolineano i gestori. «Accogliamo con piacere questa ipo, in quanto sbarcherà sul mercato una delle principali aziende italiane», dice Umberto Borghesi gestore a Londra del fondo azionario Italia Atlante Target Italy. «Il listino milanese avrà una nuova matricola con una capitalizzazione importante, visto che si parla di un valore intorno a 10 miliardi, e questa è una notizia senz’altro positiva».
Un eventuale successo del collocamento sarebbe un segnale importante per il sistema-Paese, «in quanto la privatizzazione delle Poste rappresenterebbe da un lato l’apertura agli investitori, anche esteri, di una importante azienda italiana e dall’altro il primo vero tassello del piano di dismissioni annunciato dal governo per ridurre il debito pubblico».
Ad aumentare l’attenzione sull’ipo di Poste Italiane è anche il fatto che «il gruppo rappresenta un unicum in Europa», sottolinea Mario Spreafico, responsabile investimenti di Schroders Wealth Management, «perché le altre società postali europee arrivate sul mercato, come l’inglese Royal Mail e la tedesca Post Bank, che pure sono state ipo di successo, non hanno la stessa articolazione del gruppo italiano, che racchiude insieme risparmio, transazioni finanziarie e logistica». Per trovare un competitor simile a Poste Italiane bisogna guardare lontano, a Japan Post, che però non è quotata e, ironia della sorte, dovrebbe arrivare sul mercato in ottobre, proprio assieme al gruppo italiano. «Per questo motivo l’interesse resta alto e l’operazione si preannuncia un successo», aggiunge Spreafico.
Quanto al prezzo cui verranno collocate sul mercato le azioni di Poste, riprende Borghesi, «si scontreranno due volontà: da un lato quella egoistica dello Stato, che vorrà fare cassa subito massimizzando il prezzo di vendita, dall’altro quella, a mio avviso più lungimirante, di costruire un’operazione market-friendly nell’ambito della quale venga lasciato un po’ di spazio all’apprezzamento delle quotazioni e che potrebbe aumentare l’interesse degli investitori esteri per le altre operazioni di dismissione e privatizzazione in programma nel prossimo futuro».
A ben vedere, però, un’indicazione di prezzo sul mercato c’è già, visto che Ig, società inglese leader globale nei Contract for difference, ha già lanciato un Cfd su Poste Italiane. Si tratta di un contratto con il quale è possibile scommettere su quale sarà la capitalizzazione alla chiusura del primo giorno di contrattazioni. «L’avevamo lanciato nel 2014, quando la privatizzazione era stata annunciata», dice Vincenzo Longo, analista di Ig. «Poi per mesi l’interesse era scemato, ma a luglio scorso, man mano che si avvicinava la consegna del filing a Consob, gli scambi sono ripresi». In questi giorni la quotazione è salita sino a un massimo di 12,5 miliardi, per poi ridimensionarsi a 9,5 miliardi (il minimo raggiunto) e posizionarsi a quota 10 miliardi di euro alla chiusura di venerdì 4 settembre. (riproduzione riservata)