di Andrea Pira e Guglielmo Valia MF-DowJones
Il fondo pensione giapponese è pronto a entrare nella partita dell’ipo Poste. Le indiscrezioni sull’interessamento nipponico giungono assieme ai primi feedback sul valore del gruppo guidato dall’ad Francesco Caio. Per Banca Imi, la forchetta è tra 8,95 e 11,42 miliardi di euro. La valorizzazione tiene conto dei possibili benefici del processo di ristrutturazione della divisione postale, che allo stesso tempo costituisce uno dei fattori di rischio, per via di possibili ritardi, assieme al compenso per i servizio universale.
Considerato che il Tesoro potrebbe mettere sul mercato fino al 40% della società, se le stime di Banca Imi si rivelassero corrette, l’operazione potrebbe fruttare allo Stato fino a 4,6 miliardi, un obiettivo che da solo basterebbe a centrare l’incasso previsto dalla nota di aggiornamento del Def al capitolo privatizzazioni. Gli analisti di Imi, secondo lo studio, prevedono inoltre cedole più consistenti per i prossimi anni. Si stima che tra il 2015 e il 2019 l’ammontare complessivo dei dividendi sia di 2,4 miliardi, pari a un payout del 61%.
Intanto secondo quanto riferito da fonti vicine al dossier all’agenzia MF-DowJones, nel corso del pre-marketing a New York e Londra degli scorsi 14 e 15 settembre, Caio, accompagnato dal cfo, Luigi Ferraris, e dal capo delle investor relation, Luca Torchia, avrebbe riscontrato interesse da diversi fondi di investimento internazionali tra cui spiccano gestori americani, cinesi e, appunto, i nipponici. Non soltanto la China Investment Corporation, a mostrare interesse per l’operazione Poste è anche il Japan Government Pension Investment Fund, il più grande fondo pensione al mondo. Si tratta di potenziali investitori istituzionali che potranno acquistare fino al 5% delle azioni del gruppo. Il roadshow vero e proprio si svolgerà nelle due settimane a cavallo della metà di ottobre, dopo il via libera della Consob al prospetto e della delibera di Borsa Italiana di ammissione a quotazione. L’ipo dovrebbe quindi partire tra il 25 e il 26 ottobre o, al più tardi, a inizio novembre.
Entrando nello specifico delle diverse divisioni del gruppo, secondo i calcoli degli analisti di Banca Imi i servizi finanziari varrebbero tra i 5,5 e i 6 miliardi, le assicurazioni tra i 3,6 e i 4,4 miliardi, mentre i tradizionali servizi postali sono compresi in un ampio ventaglio che spazia dal valore negativo di 583 milioni e uno positivo di 416 milioni. L’utile netto del gruppo al 2017 è stimato in 640 milioni contro i 212 dello scorso anno, mentre il fatturato potrebbe salire nei prossimi due anni a 29,823 miliardi, con un ebit in crescita da 691 milioni a 1,04 miliardi. (riproduzione riservata)