Clausole & clausole

Un infortunio può determinare lesioni antiestetiche evidenti e permanenti raramente considerati nelle polizze infortuni.
Eppure, da un punto di vista socio-culturale, l’aspetto esteriore rappresenta una delle principali attenzioni degli umani e rendere garantiti questi danni potrebbe risultare un plus di prodotto, una leva commerciale da utilizzare con il cliente.
E quali sono, per contro, le considerazioni fatte in sede civile? Capiremo come un medesimo danno può determinare risultati (ovviamente) differenti se contrapposte le due modalità di liquidazione.


ASSINEWS 267 – settembre 2015

L’aspetto esteriore è importante, dagli albori della civiltà fino ad oggi, complici anche i media che propongono a ritmo incessante icone di bellezza spesso irraggiungibili.
Viviamo ormai in quella che è spesso definita la “civiltà dell’immagine”.

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Alcuni studi dimostrano che avere un aspetto esteriore gradevole è determinante in tantissimi ambiti, come ad esempio quello lavorativo dove la decisione su una assunzione passa anche attraverso questo genere di valutazione, soprattutto per quei lavori che richiedono un elevato livello di interazione con i clienti.
Il mondo assicurativo come risponde a questo bisogno così sentito?
Dipende da molti fattori, in particolare a quale tipologia di ambito si fa riferimento.
Ci spieghiamo meglio. Un danno estetico si può determinare in tante situazioni: a seguito di un infortunio, per responsabilità di un soggetto terzo.

Dato che la RC professionale (intesa come RC medica) non rientra tra gli argomenti che intendiamo affrontare, procederemo come sempre mettendo a confronto alcune normative di polizze (in questo caso infortuni), per capire come si potrebbero applicare ad un ipotetico sinistro e, rispetto al medesimo, cercheremo di sintetizzare le principali differenze che si possono stabilire nella liquidazione in presenza di responsabilità di un soggetto terzo.

Il caso liquidativo
Poniamo il caso che si faccia riferimento ad un sinistro in cui un ciclista che percorre un tratto di strada in discesa subisce un grave incidente.

Mettiamo che questi, acquistando una velocità sostenuta, non riesca a controllare la bici in una curva e cada rovinosamente.

Nell’evoluzione della caduta, si determinano una serie di lesioni tra le quali una brutta ferita al collo che comporta una lacerazione di una parte di esso.
Per questa ragione, si sottopone a intervento di chirurgia estetica ricostruttiva, oltre a una serie di trattamenti, sempre con la finalità di migliorare l’aspetto della cicatrice. Come potrebbero rispondere alcune polizze infortuni una volta che gli esiti cicatriziali dell’individuo si stabilizzino?

Ecco di seguito le tre norme e, successivamente, le nostre considerazioni, passando preliminarmente da una sintesi delle caratteristiche di una polizza privata infortuni contrapposte alle interpretazioni che avvengono in campo civilistico relativamente alla RC.
L’obiettivo, come ovvio, non è quello di far scoprire al lettore che i due ambiti di applicazione ed i risultati liquidativi sono differenti, quanto quello di far prendere consapevolezza di quali differenti aspetti vengono presi in considerazione per la valutazione del danno.

Testo clausola compagnia A
“Art.xx – Danni estetici
Si conviene che in caso di infortunio non escluso dalle Condizioni della presente polizza,
che produca conseguenze di carattere estetico al viso, ma che non comporti indennizzo a titolo di invalidità permanente, la Società rimborserà comunque le spese documentate sostenute dall’Assicurato per cure ed applicazioni effettuate allo scopo di ridurre od eliminare il danno estetico, nonché per interventi di chirurgia plastica ed estetica, il tutto entro il limite di …”.

Riportiamo anche la definizione di Invalidità permanete che ci servirà più oltre per le nostre considerazioni.
“Invalidità permanente: la diminuita capacità o la perdita definitiva ed irrimediabile della capacità generica ad un qualsiasi lavoro proficuo, indipendentemente dalla specifica professione esercitata dall’Assicurato”.

Testo clausola compagnia B
Premettiamo che in questa polizza è stata inserita la definizione di danno estetico:
“Danno estetico: deturpazione obiettivamente constatabile”.

Mentre nell’ambito dell’articolo che norma il Rimborso delle spese di cura si fa riferimento a quanto segue.
“… le spese sostenute in caso di intervento riparatore del danno estetico per la chirurgia plastica fino a euro … purché l’intervento stesso avvenga entro un anno dal giorno dell’infortunio provato da documentazione medica”.

Testo clausola compagnia C
“Art. xx – Danno estetico
La Società provvederà al rimborso delle spese sostenute, fino alla concorrenza di euro …,
per interventi chirurgici resisi necessari per la riparazione di lesioni di natura estetica determinate da infortunio indennizzabile a termini di polizza.
Nel caso l’intervento chirurgico sia dovuto ad un infortunio che determini sfregi al viso o deformazioni permanenti del viso stesso il rimborso delle spese sostenute sarà effettuato fino alla concorrenza di euro …”

Cosa prevede la polizza infortuni
Nella polizza infortuni, il danno a persona si valuta nella entità che la polizza stessa ammette, e cioè nei limiti dei capitali pattuiti per il caso di morte, di invalidità permanente e di inabilità temporanea (quest’ultima se prevista).

Il grado di invalidità permanente si deduce attraverso apposite tabelle: ANIA oppure INAIL, a seconda scelta fatta dal cliente e sempreché siano disponibili entrambe le possibilità. Queste riportano ad es. per ogni arto lesionato parzialmente o totalmente una percentuale su cui si calcolerà l’indennizzo.
Le percentuali di IP previste dalla tabella INAIL, sono più elevate di quelle previste dalla tabella ANIA ma, come abbiamo detto, spesso si tratta solo di una scelta a cui viene chiamato il cliente grazie alla consulenza offerta dall’intermediario. Inoltre, gli indennizzi sulla IP e, di conseguenza, le valutazioni mediche fatte in relazione a polizze infortuni private, si riferiscono unicamente alla incapacità lavorativa “generica” e cioè quella riguardante la menomazione anatomo-funzionale, senza tenere conto della professione e dell’attività specifica del soggetto leso.

Pertanto, se ad esempio per un chirurgo la perdita totale del pollice destro, professionalmente parlando potrebbe comportare un’invalidità totale, alla perdita sarà attribuita la medesima percentuale indicata in tabella che si attribuirebbe ad un impiegato per il quale lo stesso danno non avrebbe un impatto così invalidante dal punto di vista della capacità di svolgere il suo lavoro.
Ciò premesso, il danno estetico, non comportando una perdita di capacità lavorativa generica, non troverà corrispondenza nella tabella delle invalidità.
Al più, se presente la garanzia “rimborso spese di cura”, potrebbero essere rimborsate le spese sostenute e documentate per rimediare in parte al danno estetico a seguito dell’infortunio (es. intervento chirurgico).
È tuttavia necessario verificare se tale condizione è disponibile nel contratto e si parla comunque di spese e non di punti di invalidità permanente.
Spesso, inoltre, se il danno è indennizzabile in quanto si determina una IP, il sinistro verrà liquidato in tale ambito e non scatterà la garanzia di rimborso spese, oppure, diversamente, se il sinistro non è indennizzabile non saranno indennizzabili neanche le spese ad esso collegate … insomma, un bel groviglio di situazioni che meritano particolare attenzione.

Cosa avviene in ambito civilistico
Per valutare il risarcimento del danno estetico in sede civile, occorre invece tener conto di svariati elementi, esasperando talvolta i ragionamenti. Facciamo l’esempio di una deturpazione che lascia cicatrici evidenti.
In tal caso, non si tratta solo di valutare aspetti facilmente individuabili come ad es. sesso ed età.

Agli occhi degli “esaminatori” (legali/medici di compagnia e controparte con anche chi dovrà poi giudicare e tirare le somme), diverranno oggetto di valutazione la condizione socioculturale del danneggiato (gli aspetti della vita di relazione, familiare, lavorativa e sociale fino a quel momento condotta) ed anche il c.d. “stato anteriore”, vale a dire, la predisposizione del soggetto a subire un peggioramento fisiognomonico. Inoltre, quando si tratta di danni estetici relativi a reliquati cicatriziali, le valutazioni potranno essere fatte solo quando sia trascorso un adeguato lasso di tempo tra l’epoca della lesione e quella della valutazione in sede peritale (almeno un anno), poiché l’evoluzione e la trasformazione del tessuto cicatriziale è molto lenta e può accadere che una cicatrice venga giudicata inizialmente deturpante ma a stabilizzazione definitiva si potrebbe tramutare in un lieve se non lievissimo pregiudizio fisiognomonico.
E l’indennizzo, verosimilmente, verrà calcolato in relazione alla possibilità di ridurre il danno estetico. Si tratterà quindi di verificare che la operazione chirurgica di estetica sia stata o meno eseguita con esito favorevole. Un aspetto curioso, tuttavia, è legato al criterio di valutazione e cioè alla tabella delle menomazioni adottata.
Istituita dall’art. 138 del decreto legislativo n.209 del 7 settembre 2005, la tabella delle menomazioni è lo strumento, utilizzato nella responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, per la valutazione del danno permanente biologico.
In essa sono presenti anche i diversi gradi di valutazione del danno estetico (lieve, moderato). Per quanto attiene al danno odontostmatologico, questo dovrà essere documentato da una dettagliata relazione clinica dello Specialista Odontoiatra, che descriva il danno presente, il danno futuro di previsione, con gli interventi stimati necessari per emendarlo, ed i relativi costi.

In cosa si differenziano i due ambiti?
Il criterio adottato nelle polizze infortuni basato su schemi predefiniti, si differenzia dalla valutazione delle menomazioni derivante da una responsabilità civile, intesa come danno alla salute ovvero all’integrità psico-fisica della persona (o meglio, di ciascuna persona), in quanto incidente sul “valore uomo” in tutti i suoi aspetti e comprendendo, in tal modo, il danno estetico.
Da ciò deriva che, in genere, le valutazioni per IP nel ramo infortuni non corrisponderanno, ma saranno verosimilmente inferiori a quelle che per le stesse lesioni si avrebbero in campo RC, nel quale si tiene conto anche della capacità lavorativa “specifica”.

In RC il ragionamento è molto più sofisticato. Una deturpazione di un tratto somatico, può alterare l’armonia e la personalità espressiva del soggetto intaccando così la efficienza estetica, intesa come la capacità mimico-espressiva, ovvero, la “proiezione” esteriore della personalità dell’individuo.

Inoltre, nelle valutazioni in RC la sede della lesione non si considera confinata al solo viso, in quanto, il collo e le zone che possono incidere sulla attrazione sessuale, piuttosto che lo stabilirsi di deficit funzionali (visivi, fonetici, respiratori, masticatori), una zoppia, o la deformazione di un braccio, potrebbero integrarsi nella valutazione del danno estetico insieme alle ripercussioni psichiche derivanti dalla difficoltà del soggetto di farsi accettare socialmente a seguito dell’incidente.
Se, infine, l’integrità estetica costituisce un presupposto di base (es. un attore o una fotomodella), ci saranno da calcolare anche le ripercussioni “patrimoniali” per lucro cessante. Nelle polizze infortuni conterà l’aspetto cronologico (il danno si dovrà concretizzare in misura obiettivamente apprezzabile entro due anni dall’infortunio). Inoltre, si dovranno accertare l’eventuale presenza di alterazioni estetiche preesistenti, riducenti e, in alcuni casi, addirittura escludenti il diritto all’indennizzo.

Commenti e conclusioni
Fatte queste premesse, torniamo all’argomento infortuni per capire cosa si potrebbe determinare come risultato dell’applicazione delle clausole riportate al sinistro ipotizzato.
Prendendo a riferimento il testo della Compagnia A, ci si può subito rendere conto che gli unici danni estetici considerati, sono quelli relativi al viso e non ad altre parti del corpo.
Se si fosse appunto trattato di un sinistro che avesse interessato il viso, questa clausola avrebbe coperto sia le spese di chirurgia estetica sia quelle relative a “cure ed applicazioni effettuate allo scopo di ridurre od eliminare il danno” risultando in tal caso sufficientemente tutelante… ma per il caso prospettato totalmente inefficace, a meno che, nella prassi liquidativa della compagnia non si intenda ampliare il concetto di “viso” al collo … ma dubitiamo di questo. Proseguendo nell’ipotesi di un danno al viso, occorre precisare che la clausola scatta per sinistri “non esclusi” dalle condizioni di polizza ma diverrebbe comunque inefficace nel momento in cui il sinistro comporti un indennizzo a titolo di invalidità permanente (pertanto, un sinistro anatomicamente invalidante).
Ricordiamo inoltre che la definizione di IP fa riferimento alla perdita della “capacità generica ad un qualsiasi lavoro proficuo”. Quindi, che il nostro infortunato faccia come lavoro l’attore di fotoromanzi o il meccanico non farebbe una gran differenza.
Se prendiamo a riferimento il testo della compagnia B, con la definizione data di danno estetico non dovremmo avere problemi a considerare in garanzia il sinistro, in quanto, è sufficiente che la deturpazione sia “obiettivamente constatabile”, senza che si debba in qualche modo fare distinzione tra distretti anatomici interessati dall’incidente.
In questo caso occorre tuttavia precisare che sarebbero rimborsate le sole spese relative all’intervento di chirurgia plastica rimanendo probabilmente escluse quelle riferite a cure ed applicazioni effettuate successivamente allo scopo di ridurre od eliminare l’inestetismo.
Proseguendo nella lettura, la compagnia C distingue molto chiaramente gli ambiti di applicazione: da quello generico, a quello che fa specifico riferimento al viso, comprendendo in questo sia lo sfregio sia la deformazione permanente attestandosi, in tal modo, come la clausola più performante tra quelle analizzate, sempreché però si tratti di un infortunio “indennizzabile a termini di polizza”.
Unico neo se così si può dire, la limitazione al rimborso delle sole spese riferite all’intervento chirurgico.
Vi aspettiamo al prossimo numero.

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