di Carlo Giuro
Sono stati auspicati recentemente sia dall’Ania che da Assogestioni, entrambe favorevoli alla introduzione anche in Italia di specifiche forme di risparmio incentivate di lungo periodo. Sono i piani individuali di risparmio, previsti sulla carta dal nostro ordinamento ma non ancora materialmente disciplinati, che potrebbero fungere da strumenti di quarto pilastro nella nostra architettura previdenziale veicolando il risparmio verso forme di investimento produttivo all’economia reale. Sia Ania sia Assogestioni, in occasione dell’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie (dal 20 al 26%) e su quella per i fondi pensione (dall’11 all’11,5%)hanno suggerito di considerare l’occasione della rimodulazione per introdurre anche in Italia i Piani Individuali di Risparmio, forme di incentivo al risparmio di lungo termine che vigono negli Paesi europei e le cui linee guida sono state definite già nel 2011, rimanendo finora solo sulla carta. Francia e Regno Unito hanno introdotto da molti anni tali agevolazioni con i Plan d’Epargne en Actions (Pea) e gli Individual Savings Accounts (Isa). I Pea sono forme di investimento in azioni europee con una tassazione agevolata nel lungo periodo. Le azioni acquistate sono riscattabili in qualunque momento ma godono di un regime tributario agevolativo se detenute per almeno 24 mesi. Il vantaggio è rappresentato da una aliquota ridotta in luogo della tassazione ordinaria. Oltre i 5 anni invece i rendimenti dei Pea sono addirittura esenti. Gli Isa, sono conti di risparmio, con importo massimo, in cui possono depositarsi fondi di investimento, azioni, bond, polizze, ma anche eventualmente liquidità. Gli Isa sono esentasse e flessibili nel funzionamento, è infatti possibile il disinvestimento in qualsiasi momento o il trasferimento da un Isa a un altro senza nocumento dal punto di vista tributario. Un intervento per introdurre strumenti simili anche in Italia sarebbe importante. Anche perché una strategia previdenziale non si concretizza nell’adesione ad un singolo prodotto ma in un atteggiamento, il finalizzare il proprio risparmio all’obiettivo pensionistico attraverso la costruzione di un vero e proprio portafoglio combinato di più veicoli di carattere finanziario e/o assicurativi. Un buon suggerimento può essere quello di considerare i fondi pensione/pip come la soluzione tesa a soddisfare i bisogni primari in età senile potendo gestire il «rischio longevità», il sopravvivere cioè al proprio reddito, attraverso l’erogazione delle rendite. I piani di risparmio si pongono piuttosto in un’ottica di complementarietà rispetto al secondo e terzo pilastro previdenziale, assolvendo al ruolo intermedio tra la gestione di liquidità e la previdenza. (riproduzione riservata)