di Roberto Ruozi

Per lunghissimi anni l’opinione pubblica ha considerato le banche come investimenti esenti da rischi. In parallelo la stessa ha ritenuto che tale situazione fosse generalizzabile, come se le banche fossero tutte uguali da questo punto di vista. L’esperienza vissuta dopo il 2007 ha ribaltato la situazione e oggi tutti sanno (o dovrebbero sapere) che investire nelle banche, in qualsiasi forma (azioni, obbligazioni, o depositi), non è più automaticamente e generalmente esente da rischi e che, in tale ottica, le singole banche non sono più uguali, ma ciascuna di essa ha un proprio grado di rischio, che la distingue dalle altre. Tale rischio si manifesta concretamente quando una banca entra in difficoltà economiche, patrimoniali e/o finanziarie, e si pensa che possa fallire e conseguentemente i rischi si tramutino in perdite. Anche a questo proposito, per lunghi anni, chi ha investito nelle banche ha in realtà corso rischi più o meno gravi, ma nel complesso non ha subito danni. La solidarietà del sistema bancario con le banche in difficoltà, gli interventi dei fondi di tutela dei depositi e soprattutto quelli dello Stato hanno infatti evitato il peggio, e li ha generalmente tranquillizzati la considerazione che, specie le banche di maggiori dimensioni e i rispettivi creditori (per gli azionisti il discorso è sempre stato diverso, come è naturale che sia per chi investe in capitale «di rischio» di tutte le specie di imprese, comprese quelle bancarie), hanno superato difficoltà che sembravano insormontabili.

Poi le cose sono cambiate e, in occasione di numerose crisi in vari Paesi del mondo e anche dell’Unione Europa – con per il momento solo la felice eccezione dell’Italia, che ne ha sofferto solo molto marginalmente – i rischi degli investitori/creditori di non poche banche si sono effettivamente tramutati in danni. Gli interventi solidaristici, quelli dei fondi di tutela e quelli dello Stato non hanno infatti potuto evitare perdite anche consistenti per i suddetti investitori/creditori. Le disposizioni emanate in proposito dalle autorità di Bruxelles, in vigore tra qualche mese, sanciranno questa prassi, e la soluzione della crisi non sarà più affidata alla discrezione di questa o quella autorità nazionale o internazionale, ma sarà appunto regolata uniformemente da provvedimenti aventi forza di legge.

Si dovrà prendere atto che investire nelle banche avrà un rischio e che questo varierà da banca a banca.

 

L’investitore dovrà quindi essere molto più attento che in passato, e dovrà scegliere in quale banca piazzare i suoi fondi non badando più solo alle condizioni offerte (tassi di interesse, periodicità di percezione degli stessi, scadenze e così via) bensì alla combinazione fra tali condizioni e il rischio dell’investimento sottostante. Mentre sulla conoscenza delle condizioni non incontrerà difficoltà, il problema sorgerà proprio in merito alla valutazione dei rischi delle singole banche. Non sono infatti per nulla chiare le fonti informative alle quali si potrebbe attingere per fare tali valutazioni. Certamente dal materiale informativo oggi disponibile non si potrebbe ricavare granché. Occorrerà quindi che le banche predispongano informazioni più adeguate a soddisfare un legittimo bisogno della clientela. La qualità di tale materiale (e soprattutto la frequenza delle informazioni e la loro leggibilità, soprattutto per i non addetti ai lavori, che sono la stragrande maggioranza dei clienti) sarà peraltro estremamente importante come strumento di marketing, acquisizione e fidelizzazione della clientela. Sarà anche un non trascurabile strumento di competizione con le altre banche e premierà quelle meno rischiose, alle quali è molto probabile che affluiranno più cospicui i risparmi degli italiani, la cui propensione al rischio è molto bassa. Tutto ciò non s’improvviserà. Ci vorrà tempo per attrezzarsi ma il tempo c’è, anche se non è molto. Del resto chi riuscirà a predisporre e diffondere prima degli altri adeguate informazioni nel senso prima descritto acquisirà un vantaggio competitivo molto interessante.

Ultima considerazione. Come è facilmente comprensibile, in materia qualche banca potrebbe anche barare. Occorrerà quindi che le autorità di vigilanza regolamentino bene e verifichino tali informazioni, che potrebbero essere utili anche per le stesse autorità, consentendo loro di migliorare la percezione delle difficoltà di questa o quella banca e intervenire più tempestivamente di come talvolta è accaduto in passato. (riproduzione riservata)