di Francesca Ninfole
Per l’Eurozona il peggio è alle spalle. Ne è convinto Bharat Sarpeshkar, responsabile globale di Citi per Corrispondent banking e financial institutions di Tts (Treasury and trade solutions). Per il settore del corrispondent banking, attività attraverso la quale gli istituti finanziari collaborano per consentire le attività bancarie in diversi Paesi (per esempio i pagamenti delle aziende esportatrici), la crisi del debito sovrano in Europa non è più considerata un problema primario.
L’attenzione è invece sulle regole sull’antiriciclaggio e di Basilea 3 e, in minor misura, sui rischi geopolitici in molte aree geografiche. «Qualsiasi fattore che possa rendere il flusso di fondi tra Paesi più difficile o più costoso è un rischio per il corrispondent banking», spiega Sarpeshkar. In tal senso, «la crisi dell’Eurozona ha avuto conseguenze per il settore perché ha ridotto la disponibilità delle banche globali a cooperare con gli istituti della periferia europea. Perciò l’attività complessiva in alcuni casi si è ridotta ed è aumentato il costo del funding per i gruppi dei Paesi più colpiti».
Per capire meglio quanto accaduto basta fare l’esempio di un’azienda italiana che deve pagare un fornitore negli Usa. In questo caso, l’impresa si rivolge a una banca italiana, la quale a sua volta coopera con un istituto americano. Quest’ultimo effettua il pagamento e anticipa così la liquidità (anche solo di qualche ora, prima che il saldo torni zero a fine giornata). Nel caso della crisi dell’Eurozona, osserva Sarpeshkar, gli istituti globali sono diventati riluttanti a concedere credito a banche della periferia oppure lo hanno fatto a costi maggiori. Per alcuni gruppi, in particolare greci, la liquidità si è di fatto azzerata, soprattutto quella in dollari. «Ora la situazione per l’Eurozona è decisamente migliorata rispetto a due-tre anni fa. Per noi non è più una criticità. I rischi sono altrove».
Per chi opera nell’attività bancaria transfrontaliera, la difficoltà maggiore è assicurarsi che, dietro gli scambi, non ci siano motivazioni illegali come riciclaggio, evasione fiscale e finanziamento del terrorismo. Una corrispondent bank deve assicurarsi non solo che sia in regola la controparte finanziaria, ma anche che quest’ultima adotti le procedure necessarie per garantire che sia lecita l’attività del cliente finale (l’azienda, nell’esempio). «Le procedure e i costi di compliance sono oggi tre volte quelli di cinque anni fa», quantifica Sarpeshkar. «È cresciuto molto il livello degli standard da applicare per osservare i requisiti dei regolatori, soprattutto negli Usa. La svolta è stata l’11 settembre 2001, anche se la stretta regolamentare è diventata più evidente negli ultimi anni. Un eccesso di regolamentazione può avere conseguenze negative per il commercio globale. È difficile però dire quale sia il giusto limite: le attività illecite hanno un peso di migliaia di miliardi».
L’introduzione di Basilea 3, secondo Sarpeshkar, può creare alcuni problemi per gli operatori a causa dei maggiori vincoli sulla liquidità e della penalizzazione sul capitale per i prestiti di trade finance (in parte superata nei recenti aggiornamenti della normativa). In generale, evidenzia il top manager, «le banche stanno diventando più selettive nella scelta dei partner finanziari: si coopera solo con chi può garantire certi volumi e alti standard regolamentari. Questo può diventare un problema per le banche di alcuni Paesi, per esempio in alcuni mercati emergenti. Non vedo invece problemi per Italia, perché nel Paese gli standard regolamentari sono elevati».
Sarpeshkar non sembra preoccupato dai rischi geopolitici in forte aumento nell’ultimo periodo. «Senza dubbio ci sono effetti anche per noi, poiché si riduce l’attività nei Paesi coinvolti da crisi o sanzioni. Da un punto di vista operativo, tuttavia, il difficile è quando le sanzioni sono mirate o individuali, come nel caso della Russia. Allora diventa complicato definire quali attività è possibile svolgere e quali no, con possibili conseguenze anche per i clienti finali che operano nel Paese». (riproduzione riservata)