Marco Frojo
Milano N on tutti gli Italiani soffrono la crisi. Nel corso del 2012, secondo i dati raccolti da Ubs e Wealth-X, il numero dei super-ricchi (ovvero con un patrimonio superiore ai 30 miliardi di dollari, pari a 23 miliardi di euro) è cresciuto del 7%, arrivando a quota 2075. Le conclusioni a cui è giunta Ubs, confermano quanto già scritto nel report World Wealth Report 2013 pubblicato da Capgemini e Rbc Wealth Management, secondo il quale l’Italia si piazza al decimo posto nel mondo per numero di individui con una ricchezza personale superiore al milione di euro, i cosiddetti milionari. A fine 2012 erano aumentati del 4,5% per un totale di 176.000 unità contro i 168 mila del 2011. Questa è certamente una buona notizia per il settore dei family office, a cui lo studio Magstat di Bologna ha dedicato un’analisi approfondita, facendo inoltre il punto della situazione a quattro anni dall’entrata in vigore della legge di ratifica della Mifid che consente alle società di consulenza indipendente (non sim) di poter operare. «Premesso che le potenziali famiglie clienti di una struttura di multifamily-office debbono detenere patrimoni superiori ai 10 milioni di euro e che gli attuali family office italiani sono stati creati da quelle famiglie che hanno venduto le proprie attività imprenditoriali negli ultimi anni, sono notevoli le potenzialità di sviluppo in quanto secondo attendibili stime esistono oltre 10 mila famiglie con patrimoni superiori ai 10 milioni di euro nel nostro Paese —
spiegano gli esperti di Magstat — I family office formalmente ideali sono quelli di proprietà di una sola famiglia ma sono rari almeno in Italia perché serve un patrimonio superiore ai 200 milioni di euro per giustificare gli enormi costi ». A fine 2012, il numero delle strutture italiane che offrono servizi di family office era sceso a 117 unità, contro le 123 dell’anno precedente; di questi 16 sono Single family-office, detti anche dedicated family-office oppure family office interno (offrono servizi ad una sola famiglia che è anche l’unica proprietaria della struttura); 30 sono multifamily-office, ovvero offrono servizi a un gruppo di famiglie che possono essere o meno azioniste della struttura e 71 sono independent familyoffice, detti anche multiclients family-office (sono gestiti da soggetti esterni alle famiglie). La maggior parte dei family office hanno optato per la forma giuridica di società di capitali (59 sono S.p.A., 34 S.r.l., 1 Sapa), mentre 23 strutture indipendenti hanno ritenuto necessario restare studi associati. Inoltre, nel biennio 2011-2012 alcuni gruppi bancari italiani hanno creato strutture di family office. Banca Sella ha varato Family Advisory Sim Sella & Partners Gruppo Unicredit ha costituito Cordusio Sim Advisory & Family Office (interamente controllata da Cordusio Fiduciaria). Mentre il Gruppo Mps e Banca Ipibi hanno costituito una divisione interna alla banca dedicata ai servizi tipici del family office. Va però sottolineato che il family office indipendente non opera in conflitto d’interesse in quanto non possiede prodotti e servizi per la gestione del patrimonio ma seleziona sul mercato i gestori e i prodotti migliori, mentre il family office di matrice bancaria ha generalmente costi più bassi ma prodotti e servizi meno personalizzati. Inoltre opera in conflitto d’interesse, anche se molte banche hanno introdotto un vincolo del 5-10% massimo di patrimoni investiti in prodotti di casa. Rispetto agli Stati Uniti, in Italia sono pochi i single-family office, perché le famiglie imprenditrici italiane sono relativamente più numerose ma di minore dimensione. Va ricordato che i family office sono nati alla metà dell’ottocento proprio negli Usa con lo scopo di seguire il patrimonio di una famiglia attraverso le generazioni. I family office a stelle e strisce sono più attenti alla gestione quotidiana della vita familiare (pagamento bollette, ritiro affitti, gestione immobili, gestione parco auto, organizzazione vacanze, organizzazione serate, educazione dei figli, gestione del personale di servizio). Nel resto d’Europa la situazione è più simile a quella italiana che a quella statunitense: la maggioranza delle strutture ha la forma del multifamily- office. In Italia «i pionieri del family office sono stati commercialisti come i Severgnini a Milano e i Tosetti a Torino — ricorda Magastat — Prima della nascita del family office erano infatti i commercialisti, gli avvocati e i notai di famiglia a svolgere questa funzione quindi è naturale che diverse strutture indipendenti di family office si siano formate con la partnership di consulenti specializzati in diverse discipline ». Per quel che riguarda infine le novità normative gli esperti di Magstat ricordano come «a giugno del 2009 sia uscita una legge di ratifica della Mifid che consente alle società di consulenza indipendente, non sim, di poter operare. Le srl sono iscritte in un elenco separato dell’Albo in cui saranno distinti i consulenti finanziari come persone fisiche e i consulenti come persone giuridiche. Fino al 2009 sembrava invece che tutti i family office operanti in Italia sarebbero stati obbligati a trasformarsi in SpA e chiedere successivamente l’autorizzazione alla Consob a diventare sim di consulenza (con un capitale sociale di almeno 120 mila euro)». A fine 2011 erano solo 24 le realtà trasformate in sim, nonostante la forma di una sim o sgr garantiscono alla clientela maggiore riservatezza e offra la possibilità accedere direttamente al mercato senza altri intermediari finanziari. Nel corso del 2011 due strutture di family office si sono cancellate dall’Albo delle Sim: Ruffo & Partners Sim S.p.A. e Cofib Advisor Sim S.p.A., quest’ultima in seguito alla fusione per incorporazione in Cofib Compagnia Fiduciaria di Beni S. p. A. A maggio 2012 Cofib è stata poi acquisita dal Gruppo Banca Leonardo. Nel febbraio 2013, infine, la Consob ha revocato l’autorizzazione di IDeA Sim S.p.A. alla prestazione del servizio di investimento e decretato la cancellazione della stessa società dall’albo delle Sim. Seppure in riduzione come unità i family office consolidano il loro business. I potenziali clienti debbono avere patrimoni oltre i 10 milioni di euro