di Andrea Di Biase

«Le Generali sono presenti in circa 20 patti di sindacato e siamo già usciti da alcuni. Abbiamo detto che non vogliamo fare gli investitori strategici.

Noi gestiamo i soldi dei clienti per ridarglieli indietro e fare profitti. E così stiamo facendo. Quando arriva il momento valutiamo cosa fare e cerchiamo di prendere la decisione migliore. Il principio è molto chiaro». Così in una recente intervista l’ad delle Generali, Mario Greco, ribadiva il concetto espresso nel corso dell’investor day di gennaio e più volte ripetuto negli ultimi mesi. Finora, però, se si eccettua qualche società di medie dimensioni, come per esempio l’immobiliarePrelios o Agorà, la holding cui fa capo l’aeroporto di Venezia, il Leone non ha ancora effettuato alcuna disdetta dai patti di sindacato di quello che una volta veniva chiamato il salotto buono. È vero che la compagnia triestina, coerentemente con la strategia indicata dal suo amministratore delegato, ha prima limato al ribasso la quota in Intesa Sanpaolo (oggi al 2,7%) e non ha sottoscritto l’aumento di capitale di Rcs, scendendo dal 3,7% allo 0,9%, ma non è ancora uscita dal patto di Via Rizzoli.
 

Allo stesso tempo, contrariamente a quanto fatto daAllianz e FonSai, è rimasta nel patto di Pirelli, mantenendo vincolata la quota del 4,41%, anche se per un solo anno. Più complessa la partita in Telco, dove il Leone detiene il 30,5% e, pur essendo aperta la finestra per chiedere l’uscita dalla società ritirando la quota parte di azioni Telecom Italia, il vertice del Leone sta valutando i possibili scenari che si potrebbero aprire nel settore delle tlc di qui a breve. Ecco allora che la prima grande disdetta da uno dei patti che conta potrebbe riguardare il sindacato di Mediobanca, al quale le Generalipartecipano (dai tempi della privatizzazione dell’istituto del 1988) con una quota del 2%. Anche in questo caso una finestra si è aperta. Chi volesse lasciare il patto lo può fare comunicando le proprie intenzioni entro il 30 settembre. Ma già il 17 potrebbe essere una data decisiva. Per quel giorno è in agenda l’assemblea del patto di sindacato che esaminerà i conti di Piazzetta Cuccia al 30 giugno e darà l’ok allo svincolo della quota del 3,8% di Fondiaria-Sai destinata, alla luce delle decisioni dell’Antitrust, a essere venduta sul mercato. È dunque possibile che Greco decida di sfruttare questa finestra per uscire da quello che, da un punto di vista simbolico, è il patto di sindacato per antonomasia, e per recidere allo stesso tempo il legame incrociato con la banca d’affari, che è il primo azionista del Leone con il 13,2% (quota che in prospettiva è destinata a scendere sotto il 10%). Lo farà? Per ora da Trieste si limitano a confermare che sono in corso riflessioni sulla partecipazione ma che ancora nessuna decisione è stata presa. La sensazione che si respira a Piazza Affari è tuttavia che, se ci saranno le condizioni, Greco alla fine deciderà per dare disdetta, confermando la strategia annunciata a inizio anno. D’altra parte un patto più leggero (senza FonSai e Generali scenderebbe dal 42 al 36%) è nell’interesse anche del management della banca d’affari, che da tempo auspica un allargamento del flottante. Chi invece confermerà il proprio ruolo di primo azionista con l’8,6% all’interno del patto sarà Unicredit. Così ha annunciato ieri l’ad di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, che ha anche smentito un interesse per la tedesca Commerzbank. (riproduzione riservata)