In Italia i fondi pensione hanno raggiunto un patrimonio di 108 miliardi di euro, quasi il 7% del Pil. Un valore elevato in sé, ma che è ancora molto basso rispetto alla media ponderata Ocse che supera il 72%. Non solo. In Italia il panorama della previdenza complementare è costituito da troppi fondi di piccole dimensioni.
Tanto che Cometa, il fondo negoziale dei metalmeccanici, primo comparto per dimensioni tra i fondi di categoria in Italia, detiene asset pari a 7,5 miliardi di euro, oltre un miliardo in meno del 300esimo più grande fondo pensione, al mondo, quello dei dipendenti della Walt Disney che ha quasi 9 miliardi, in euro. Come risulta dalla ricerca P&I/Towers Watson global 300 che ha analizzato il patrimonio dei primi 300 fondi pensione al mondo, a partire dai più famosi, il fondo pensione del governo giapponese e quello della Norvegia. Dallo studio risulta che i capitali di questi comparti sono cresciuti, nel 2012, di quasi il 10% (rispetto al 2% del 2011) per raggiungere un nuovo picco di 14 mila miliardi di dollari (rispetto ai 12,700 miliardi nel 2011). La ricerca mette in evidenza che la crescita degli asset dello scorso anno è tra le più alte registrate negli ultimi anni: simile a quella dell’11% del 2010, anche se resta inferiore a quella eccezionale del 14% del 2007, prima della crisi.
Quanto all’Italia, a fine giugno scorso il sistema della previdenza complementare ha toccato un patrimonio superiore ai 108 miliardi di euro, pari al +19% rispetto a fine 2011 (mentre nel solo 2012 è cresciuto del 15% a fronte di una crescita del 9% dal 2010 al 2011).
Un aumento favorito dalla ripresa dei mercati e soprattutto grazie al flusso costante dei versamenti dei lavoratori e delle aziende, anche se è in aumento il numero di iscritti che si trova costretto a sospendere i versamenti. Ma il problema è che la maggior parte degli aderenti privilegia le linee a maggior contenuto obbligazionario e quindi i gestori previdenziali hanno poche risorse per assumere una posizione forte sulle azioni di piazza Affari. A differenza dei grandi fondi internazionali. Come ad esempio il fondo pensione della Norvegia che ha da sempre diversi nomi italiani in portafoglio. Da Oslo hanno piazzato pedine in po’ dovunque nel made in Italy quotato. Ma la ripresa delle borse attesa dai money manager dopo un rally ultradecennale dei bond fa ben sperare in un aumento dell’esposizione verso le azioni da parte di chi si sta costruendo una pensione di scorta. (riproduzione riservata)