di Anna Messia 

Altro che tagli agli incentivi fiscali, servono urgentemente nuovi sconti del fisco alle polizze sanitarie per incentivare coperture private ed evitare che i conti pubblici vengano affossati dalla spesa del servizio sanitario nazionale. Una richiesta avanzata dall’Ania, l’associazione che rappresenta le compagnie di assicurazione che, prima di tutto, ha chiesto al legislatore di tornare subito indietro sul decreto Imu di fine agosto che ha colpito le facilitazioni per le polizze di assistenza in caso di non autosufficienza (long term care), oltre ad avere tagliato le detrazioni per prodotti Vita di puro rischio e ridotto gli sconti per le invalidità superiori al 5%.

Per reperire parte delle risorse salva Imu il governo, come noto, ha deciso infatti di dimezzare le detrazioni per quest’anno (il tetto del 19% è stato abbassato da 1.291,14 a 630 euro) e a soli 230 euro nel 2014. «Un intervento che fornisce un messaggio incoerente e sbagliato», hanno dichiarato ieri dall’Ania, «penalizzando scelte che dovrebbero essere invece maggiormente promosse, specialmente perché compiute in ambiti, come l’assistenza alle persone non più autosufficienti, in cui le prestazioni pubbliche non riescono a far fronte alle esigenze di welfare dei cittadini».

L’occasione per avanzare le richieste è stata l’audizione in commissioni riunite Bilancio e Affari Sociali alla Camera del direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli, che non solo ha chiesto un passo indietro su quella parte del decreto Imu che ha colpito a sorpresa i prodotti assicurativi, ma ha anche proposto di allargare gli incentivi alle polizze sanitarie, che davanti al fisco oggi sono meno convenienti di un fondo o di una cassa sanitaria. «Sarebbe coerente e opportuno concedere gli stessi incentivi a strumenti che, seppur diversi, perseguono le stesse finalità ed estendere così i benefici fiscali alle polizze assicurative malattia che attualmente, oltre a tale disparità di trattamento, sono soggette ad un’imposta sul premio imponibile del 2,5%».

L’obiettivo dovrebbe essere quello di stimolare la sanità privata per ridurre l’impegno pubblico considerando che la Ragioneria dello Stato stima che nel 2060 il rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo sarà pari all’8,2% solo per effetto dell’invecchiamento della popolazione. E secondo l’Ocse, senza contenimento dei costi, potrebbe addirittura raggiungere il 12,6%. Aumenti chiaramente insostenibili per la stabilità dei conti pubblici italiani. (riproduzione riservata)