di Gaia Giorgio Fedi
È il momento giusto per investire in bond. Dopo l’annuncio del programma Omt della Bce sui mercati è tornata a far capolino la propensione al rischio, e anche se negli ultimi giorni si è registrata una correzione sui mercati e ancora permangono delle incognite – sia a livello politico in Europa, sia a livello macro – gli investitori sono tornati a guardare con maggiore fiducia anche agli asset percepiti come più rischiosi, titoli di stato dei Paesi periferici in primis. «La situazione attuale favorisce decisamente l’obbligazionario: è in corso un processo di deleveraging, le Banche centrali pompano liquidità nel sistema, la crescita è fiacca, le masse monetarie non crescono e i tassi sono a zero, quindi da parte degli investitori c’è una corsa all’extrarendimento dei bond», commenta a B&F Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l’Italia di Convictions Am. «C’è ora un atteggiamento positivo verso classi di attività finanziarie che finora sono state poco pesate nei portafogli obbligazionari prudenti, in primo luogo le obbligazioni governative dei Paesi periferici e le obbligazioni societarie – spiega Raffaele Zenti, responsabile consulenza finanziaria di AdviseOnly – Occorre comunque ricordare che i problemi europei sono ancora presenti e il cammino per la loro risoluzione è ancora lungo. Sull’Europa ora pesa l’incertezza sulla Spagna sulla quale incombe lo spettro del downgrade di Moody’s». Quindi la ricerca di rendimento deve tenere presente che ci saranno altri «periodi di elevata volatilità», che suggeriscono di mantenere una buona diversificazione di portafoglio». Comunque il quadro è cambiato, gli investitori sono un po’ meno attratti da titoli con rendimento reale negativo come i Bund e hanno ricominciato a scommettere sulle emissioni sovrane dei Paesi periferici, e in generale su asset più rischiosi. «Se si è in grado di tollerare la volatilità – sottolinea Zenti – la parte intermedia della curva italiana presenta ottime opportunità. Da non trascurare inoltre i Btp Inflation linked che, tenendo in mente la scarsa liquidità e la volatilità nei periodi di «risk-off», possono essere un buon modo per diversificare un portafoglio obbligazionario, preparandosi per il rischio di una risalita dell’inflazione nel medio-periodo. Tra l’altro il Tesoro emetterà un nuovo Btp Italia (atteso per metà ottobre, ndr)». Parere analogo quello di Chiozzi Millelire, che ha spiegato come la scelta di Convictions sia stata quella di posizionarsi sui titoli di Stato italiani con duration 5-7 anni («sono vicini alla zona favorita dal programma della Bce, ma c’è un po’ più di rendimento, sulla curva dei rendimenti c’è infatti una gobba»).
Ma non c’è solo l’Italia, spiega Luca Bottiglione, cfa di Nemesis AM: «Fino a qualche settimana fa le mie preferenze si indirizzavano sull’Italia, ma ora la Spagna offre una maggiore visibilità, con il discorso del budget e con la prevista richiesta di aiuti, che potrebbe essere un catalizzatore positivo. I titoli periferici nella parte media della curva sono interessanti in generale, e in particolar modo proprio quelli spagnoli».
Ma c’è comunque chi invita alla prudenza, come Gabriele Roghi, responsabile gestioni patrimoniali di Invest Banca: «Fra fine ottobre e metà novembre si giocano molte variabili importanti, per esempio le elezioni americane ma anche le elezioni regionali in Spagna, quindi è consigliabile ribilanciare i portafogli». Con gli ultimi sviluppi, in particolare con l’annuncio dell’Omt da parte della Bce, molti portafogli si erano assestati su una composizione, «al 70% su titoli più rischiosi e al 30% sui cosiddetti safe haven, ma ora sarebbe il caso di prendere un po’ di beneficio sulle emissioni più rischiose e riportare l’equilibrio su 50 e 50: da un lato i titoli di Stato italiani che danno rendimenti reali positivi, dall’altra un’assicurazione dal rischio di uscita dall’euro offerto dal Bund tedesco. Sui corporate, sia high yield ed emergenti in valuta, sia emissioni in valute forti, come il dollaro canadese e la corona norvegese», specifica Roghi.
Non solo titoli di Stato, dunque. «I fondamentali societari sono in generale buoni e il momentum favorisce le attività più remunerative – dice Zenti – Rimangono quindi ancora buone opportunità sui corporate, anche se è consigliabile la prudenza», sebbene per quanto concerne il rating, «non scommetterei sulla AAA in quanto i rendimenti forniti non compensano per il rischio a cui si è sottoposti (meglio un Btp). Starei su rating inferiori, con selettività laddove si acquistino singole emissioni, e in generale massima diversificazione: meglio perciò utilizzare fondi ed Etf, che hanno anche tagli minimi adatti a tutti i risparmiatori e riducono il rischio specifico di controparte». «I corporate non finanziari – aggiunge Bottiglione – rimangono una buona scommessa, anche perché gli spread di valutazione rimangono un po’ più alti rispetto alla media storica, mentre il tasso di default è inferiore. Inoltre, in molti stanno puntando su questa asset class e questo supporta le valutazioni, perché spinge le società a lanciare nuove emissioni: e quando il primario rimane aperto i fallimenti sono bassi perché le società hanno maggiore facilità nell’estendere e rifinanziare le emissioni». Anche il contesto macro aiuta, aggiunge Bottiglione: «i bond corporate vanno meglio quando la crescita non è molto alta, altrimenti l’inflazione fa lievitare i tassi».
In una fase come questa poi «restano interessanti le emissioni high yield – interviene Chiozzi Millelire – più di qualche tempo fa perché è calata la percezione del rischio», mentre sui «corporate di buona qualità il discorso è più complicato, gli spread sono molto stretti». E si torna anche a investire sui bond bancari: per esempio Convictions ha scommesso su emissioni a breve di Santander, Intesa e Unicredit. Questa asset class infatti beneficia della riduzione del rischio sistemico. «Così come si sono avuti flussi di acquisto sulle azioni delle banche europee, abbiamo assistito a una buona performance dei bond finanziari – argomenta Zenti di AdviseOnly – l’iTraxx Financial Senior (Cds sui finanziari senior) è sui minimi del 2012, anche se rimane ancora su livelli storicamente elevati. Sebbene il cuore della crisi sia rappresentato dagli Stati sovrani, le banche, con i loro bilanci, sono il secondo grande problema dell’Eurozona, lo snodo centrale. Quindi attenzione, anche perché il deleveraging continuerà a lungo, la qualità degli attivi continua a peggiorare (e in questo scenario macro difficilmente migliorerà, per qualche tempo) e la profittabilità è in calo: certo non sovrappeserei il settore».