di Anna Messia

È vero che sul tavolo dell’amministratore di Generali, Mario Greco, ci sono partite internazionali tanto importanti quanto delicate. Come la cessione delle attività negli Stati Uniti e in Svizzera, la risistemazione della partnership in India e soprattutto la questione del riacquisto, nel 2014, delle quote del 49% della joint venture (Ppf) che opera nell’Est Europa dall’imprenditore ceco Petr Kellner, che richiederà un impegno finanziario tra i 2,5 e i 3 miliardi. Ma anche in Italia, che resta pur sempre il centro nevralgico della compagnia, c’è uno dei cantieri più importanti della rivoluzione che dovrà partire con il nuovo corso dettato da Greco. La Penisola, d’altro canto, rappresenta poco meno del 30% in termini di premi raccolti complessivamente, con polizze per oltre 20 miliardi di euro, e se si guarda all’utile operativo la quota sale al 34%. Anche qui, come nel resto del gruppo, la parola d’ordine è ovviamente quella di migliorare la redditività. E a trovare la strada per la risalita dovrà essere, come noto, l’ex direttore finanziario di Generali, Raffaele Agrusti, che con la chiusura del terzo trimestre assumerà l’incarico di country manager per l’Italia. Chi meglio di lui, entrato nel gruppo nel 1983 come consulente finanziario, fino a diventare direttore generale e cfo, conosce forze e debolezze di Generali e delle sue controllate e potrà migliorarne la gestione? Avrà pensato Greco affidandogli l’incarico. Ma la sfida resta impegnativa anche per un manager della caratura di Agrusti. Il mercato assicurativo italiano è alle prese con il calo dei consumi e soprattutto con la flessione della propensione al risparmio che la crisi economica sta provocando. Nel 2011 la raccolta complessiva è scesa del 12% e secondo le previsioni anche il 2012 si chiuderà con una frenata del 5%. Niente a che fare con mercati assicurativi in forte sviluppo, come il Brasile che cresce al ritmo dell’8% o la Russia che l’anno scorso ha fatto un +12%. Ma nonostante ciò, almeno a sentire gli analisti di Bank of America Merrill Lynch, che lunedì scorso hanno deciso di migliorare il giudizio su Generali a buy (comprare) scommettendo sul nuovo management, proprio l’Italia potrà avere un ruolo decisivo per il rilancio. Non tanto perché i premi riprenderanno a crescere a ritmi elevati, quanto piuttosto per il risparmio che si potrà ottenere aumentando le sinergie tra le società con cui Generali opera in Italia, fino, magari, ad arrivare alla fusione dei marchi. Si tratta in particolare di Ina Assitalia e di Alleanza Toro, dove secondo le analisi di BofA i costi operativi sono più alti rispetto alla capogruppo Generali e alla media del mercato. «Proprio su queste materie il management dovrebbe prendere le decisioni più importanti », suggeriscono gli analisti, perché se Ina Assitalia e Alleanza Toro riuscissero ad allinearsi ai livelli di spesa operativa della capogruppo il risparmio potenziale per le attività Vita sarebbe di circa 300 milioni di euro. A guardare il bilancio 2011 di Ina Assitalia (local gaap), consultato da MF-Milano Finanza, si scopre per esempio che il risultato della gestione tecnica Danni della compagnia è stato negativo 102 milioni e il combined ratio, nonostante sia migliorato rispetto al 2010, sia comunque superiore al 100% (per la precisione 106,6%). Il che significa, semplificando, che le spese e i sinistri hanno superato i premi incassati. Negativi anche il risultato delle gestione tecnica Vita (-97 mln) che ha risentito, tra l’altro, di un calo dei premi di circa il 6%, a 2,9 miliardi. Così, complessivamente, la compagnia ha registrato una perdita di 153 milioni. E anche per Alleanza Toro (che pure ha un new business margin del 32 % rispetto al 21,8% del gruppo in Italia) il 2011 si è chiuso a -116 milioni, con un risultato della gestione tecnica Danni negativo per 11 milioni e una gestione tecnica Vita positiva per 34 milioni. Insomma, i margini per migliorare il business ci sono, tanto che proprio l’Italia potrebbe rivelarsi il piccolo Eldorado da cui attingere per portare le Generali verso una posizione di leadership tra gli assicuratori europei, come nei piani del nuovo ceo. (riproduzione riservata)