Nonostante la prescrizione del reato, la Corte di Cassazione ha confermato la colpevolezza – per omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro – dei dirigenti dello stabilimento della “Michelin” di Cuneo, che si sono succeduti dal 1970 al 1994, per la morte da amianto di Giuseppe P., operaio addetto alla manutenzione della centrale termica deceduto per aver respirato senza alcuna protezione le polveri tossiche che gli causarono il mesotelioma maligno.
Senza successo i due ex direttori dell’impianto della multinazionale francese “colosso” dei pneumatici – oggi entrambi ottantenni – hanno sostenuto che l’uomo era morto per colpa delle esalazioni respirate in una precedente occupazione presso una cartiera. Con la sentenza 33734 della Quarta sezione penale della Suprema Corte, competente in materia antinfortunistica, la linea difensiva è stata sconfessata, mentre hanno trovato conferma gli elementi probatori acquisiti dal Tribunale di Como (con verdetto del dicembre 2008 confermato poi dalla Corte di appello di Torino nell’aprile 2010).
I due ex dirigenti, dunque, sono stati ritenuti colpevoli “per aver cagionato la morte del lavoratore avendo omesso di sottoporlo ad adeguato controllo sanitario mirato sul rischio specifico dell’amianto, di informarsi e di informare il lavoratore sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto e sulle misure da adottare per ovviarvi, di disporre o di sollecitare i vertici della ‘Michelin’ ad adottare le misure necessarie a contenere i rischi di tale esposizione, di curare o sollecitare la fornitura e l’effettivo impiego di mezzi personali di protezione”. Ora dovranno risarcire ciascuno dei familiari della vittima con 111.400 euro da rivalutare. Insieme a Giuseppe P. si ammalarono anche altri sette operai.
Fonte: INAIL