ACCORDI E INTRECCI Tutto tranquillo. Almeno è questo il messaggio unanime che management e azionisti di Mediobanca stanno cercando di dare al mercato. Da Marco Tronchetti Provera, a Ennio Doris, a Vincent Bollore a Fabio Cannatelli nel corso dell’estate appena trascorsa hanno continuato a ribadire di non vedere all’orizzonte mutamenti nel patto che lega l’elite finanziaria italiana e internazionale all’interno della principale merchant bank italiana, Mediobanca. Eppure, proprio l’andamento del titolo di Piazzetta Cuccia in Borsa potrebbe lasciar supporre che una simile evidenza è ancora ben lontana dall’essere concreta. E infatti mentre il mercato tracolla, Mediobanca nonostante sia una merchant bank ovvero, come si usava dire ai tempi del Toro, «amplifica l’andamento di Borsa», ha resistito alle bufere dei mercati. Nell’ultimo mese con un mercato che andava a rotoli Mediobanca è persino riuscita a guadagnare il 12% (anche se da inizio anno la performance rimane negativa: -7,6%).
LE PROSSIME SCADENZE. Il pensiero corre veloce al patto di sindacato del salotto buono di Piazza Affari (con un vincolo sul 44,4% del capitale) in scadenza a fine anno e con possibilità di disdetta fino a fine mese. In particolare le date da tenere sotto stretta osservazione sono tre: quella del consiglio fissata per il 21 settembre che oltre ad essere un’occasione fondamentale per tastare il polso ai soci dovrà deliberare sul bilancio dell’ultimo esercizio chiuso al 30 giugno (e in dettaglio decidere la rettifica sulla partecipazione in Telco-Telecom, dopo la svalutazione da 2,2 euro a 1,8 per azione già deliberata da Telco); il 30 settembre entro cui i soci che volessero uscire dal patto dovranno inviare disdetta e infine l’assemblea degli azionisti del 28 ottobre che, oltre ad approvare il bilancio, sarà chiamata a rinnovare del i vertici di Piazzetta Cuccia. Con l’assemblea arriva infatti a scadenza il mandato del consiglio di amministrazione presieduto da Renato Pagliaro e guidato da Alberto Nagel. «Non ci sono dubbi sulla conferma dei vertici», ha risposto senza esitare Marco Tronchetti Provera (numero uno di Pirelli che di Piazzetta Cuccia ha l’1,83% del capitale e vicepresidente della merchant bank) a chi, nel corso del convegno Ambrosetti della scorsa settimana, gli chiedeva lumi su un possibile cambiamento dei vertici in vista del rinnovo. Tanto più che la svolta data dal management a Piazzetta Cuccia nel corso degli ultimi anni si sta rivelando una strategia di successo, quanto meno sui numeri. Il gruppo infatti è stato riportato alla sua prima natura di banca d’affari rispetto alla connotazione di holding di fatto che aveva raggiunto a fine Millennio, con per di più una felice diversificazione nel retail, grazie a CheBanca!, effettuata poco prima della stretta sulla liquidità.
QUALCOSA SI MUOVE. Ma sotto sotto, nonostante tutti ci tengano a sottolineare come nulla vada a cambiare, qualcosa si sta muovendo. Evidentemente rispettando i lunghi tempi di una delle principali istituzioni di Piazza Affari. Le regole del patto, con i conseguenti riflessi sulla governance, sono già state in parte modificate a fine luglio, prevedendo almeno in teoria maggiore indipendenza per il management. Sull’azionariato invece i movimenti risalgono agli ultimi giorni. Nonostante i tracolli di Borsa abbiano reso un po’ più poveri molti dei Paperoni che siedono nel nobile parterre e nonostante a molti degli stessi si stagli davanti un autunno caldo (dalle eventuali ricapitalizzazioni bancarie e/o assicurative al nodo Telco con 3 miliardi di debiti in scadenza entro un anno), si sono già notati chiari passi in una precisa direzione, quella del rafforzamento delle posizioni in vista della scadenza di fine mese. Nessun assalto per carità. Anche se in teoria con poco più di 1,5 miliardi si metterebbe (indirettamente) le mani sull’ingente patrimonio immobiliare di Generali, stimato intorno ai 20 miliardi. Ma a Piazzetta Cuccia le azioni ancora si pesano. Meglio allora adottare tattiche di gentile e costante corte serrata. Come ha fatto Diego Della Valle, entrato nel patto nel 2004, con lo 0,48% del capitale (da allora Mediobanca ha perso il 20% circa del proprio valore) che, nonostante perdite potenziali su partecipazioni quotate calcolate intorno ai 250 milioni, ha approfittato dei saldi d’estate e ha messo mano salendo all’1,9% di Piazzetta Cuccia. Una presa che ha un orizzonte non di certo limitato a Piazzetta Cuccia anche se potrebbe persino essere possibile un’apertura del board all’imprenditore. Le mire di Della Valle sono concentrate infatti su due delle partecipazioni strategiche del gruppo e di cui Mediobanca è primo azionista: Rcs Mediagroup (al 14% del capitale), ovvero sul gruppo che edita il primo quotidiano in Italia (Corriere della Sera) e sulla ricca Generali (13,4% del capitale). Simile slancio per il finanziere bretone Vincent Bolloré che, approfittando dei prezzi, ha arrotondato la sua quota in Piazzetta Cuccia al al 5,47% (è autorizzato a salire fino al 6%) dal 5,18%. Altri azionisti, soprattutto di vecchia data, con i mano delle opzioni di acquisto potrebbero seguire l’esempio. Sono invece dati in uscita Sal. Oppenheim (Deutsche Bank) a cui fa capo l’1,7% del capitale, forse Commerz (1,7%) e Santusa Holding Soc. Limitada (Banco Santander S.A.) a cui fa capo l’1,84. Ma nulla è scontato. Soprattutto quando si parla di Mediobanca, crocevia della finanza italiana, sia nelle partecipazioni detenute (tra le altre anche l’11,6% di Telco e il 3,9% di Pirelli) sia nel coinvolgimento alle operazioni che transitano da Palazzo Mezzanotte dalla ristrutturazione del gruppo Ligresti e nel prossimo aumento di capitale di Bpm.