A dieci anni di distanza l’attentato alle Torri Gemelle non smette di mietere vittime. Ferita ancora aperta nella coscienza collettiva di tutto il mondo, il colpo inferto da Al Qaeda al cuore della Grande Mela si sta rivelando, nel tempo, anche una causa di malattie gravi – se non letali – per migliaia di cittadini newyorkesi. In seguito all’attacco, oltre ai due grattacieli, furono oltre 50mila i computer contenenti sostanze fortemente cancerogene a essere polverizzati, liberando nell’atmosfera la loro tossicità. Se a subirne le conseguenze è stata, in generale, tutta la popolazione della città – di recente è stato stimato che l’influenza nociva sia arrivata a toccare il New Jersey – una categoria professionale, in particolare, sta accusando i danni peggiori. Come rivela, infatti, uno studio pubblicato nei giorni scorsi dalla prestigiosa rivista medica “The Lancet” – il più attendibile condotto fino a oggi in materia – i vigili del fuoco che parteciparono ai soccorsi al World Trade Center hanno il 19% di rischio in più di ammalarsi di tumore rispetto ai colleghi che furono esclusi dalle operazioni.
Analizzato un campione di 10mila pompieri. La ricerca è stata realizzata dallo stesso “New York Fire Department” e i risultati, come afferma il responsabile medico, David Prezant, “indicano un aumento del pericolo di tumori di qualsiasi tipo”. “I pompieri non sono scienziati, ma una volta usciti da quegli edifici si resero conto che erano stati colpiti in diversi modi”, ha detto Prezant in un’intervista al quotidiano “Guardian”. “Molti di loro hanno imparato che il fuoco può avere diversi odori, e hanno sempre ripetuto che le fiamme del World Trade Center avevano un odore particolare”. Che questi lavoratori – assurti al rango di eroi nell’opinione pubblica statunitense – avessero probabilità più alte di ammalarsi di tumore era noto: tuttavia questa di “The Lancet” è la prima oggettiva quantificazione del fenomeno realizzata sulla base delle analisi di 9.853 interessati che, quel tragico giorno, furono impegnati in prima linea tra le polveri, il fumo e i detriti tossici di Ground Zero. Prezant non ha voluto, tuttavia, lanciare facili allarmismi. Anzi, ha invitato alla cautela, esortando per lo più a non trarre conclusioni affrettate e a ritenere genericamente in pericolo tutti coloro che sono stati esposti ai fumi del Wtc. “Non è un’epidemia: è solo un maggiore rischio”, ha affermato, esortando a maggiori controlli e allo sviluppo di più intensi programmi di monitoraggio.
Ground Zero: un “focolaio” di malattie. Secondo lo studio sarebbero 60.270 le persone che, per aver inalato le polveri, soffrirebbero di malattie e si stima che in dieci anni siano state 18.462 quelle già trattate sanitariamente. Ma i carcinomi rappresenterebbero solo il capitolo più grave di un quadro clinico decisamente complesso. Un altro studio, condotto da Juan Wisnivesky, della Scuola di medicina Mount Sinaï di New York, ha stabilito, infatti, che tra i pompieri che lavorarono nel 2011 presso il World Trade Center il 28% soffre d’asma, il 42% di sinusite, il 39% di reflusso gastro-esofageo. Ancora, quasi la metà di loro ha capacità respiratorie compromesse, il 28% soffre di depressione, il 32% di stress post-traumatico e il 21% di panico. “I rapporti sugli effetti per la salute, tutt’ora persistenti, ci ricordano quanto il disastro abbia portato con se effetti a lungo termine”, ha dichiarato Matthew Mauer, del New York State Department of Health. “Nessuno può dire quale sarà il quadro al ventesimo anniversario”.
Fino a ora esclusi nessi tra attentato e tumori. La ricerca di “The Lancet” sembra destinata a suscitare non poco dibattito negli Usa: anche perché fino a ora la scienza è stata, al contrario, decisamente scettica nel considerare la nube tossica creata dal crollo delle Torri Gemelle “un elemento cancerogeno”. Tendendo a escludere, soprattutto, un possibile legame con i casi di tumore, nesso che – a detta degli esperti – necessita almeno di 20/40 anni di tempo per essere stabilito con un reale margine di fondatezza. L’orientamento dei medici che hanno curato lavoratori e volontari coinvolti a Ground Zero è stato, in definitiva, riconoscere come l’esposizione ai fumi – formati per buona parte da particelle di cemento e vetro – potrebbe al massimo aver irritato la parte superiore dell’apparato respiratorio. E se i ricercatori hanno ulteriormente ampliato i “confini” dei danni – documentando un aumento dei casi di asma, una quantità inusuale di persone sofferenti di sinusite cronica e un’impennata di malattie da reflusso gastroesofageo – i carcinomi sono rimasti ugualmente esclusi dalla lista.
Diecimila cause di risarcimento e 700 milioni di patteggiamenti. A supporto di questa tesi anche la difficoltà oggettiva nello stabilire un concreto nesso di causa/effetto. L’età media dei soccorritori in azione l’11 settembre di dieci anni fa era, infatti, di 38 anni e adesso molti degli interessati sono cinquantenni: una fase della vita dove la manifestazione di problemi di salute di questo tipo è piuttosto comunque. Ciò non toglie che tra gli abitanti di New York la paura sia grande, se è vero che – tra operai, poliziotti, pompieri e civili – sono oltre 10mila le persone che hanno intentato causa al Comune per i loro malanni: davvero un super-lavoro per i tribunali, che ha spinto la città, proprio nel corso di questo 2011, a raggiungere un patteggiamento per un valore complessivo di circa 700 milioni di dollari.
Non si esclude una nuova tabellizzazione delle patologie. L’attenzione adesso è tutta concentrata sul “September 11th Victim Compensation Fund”, il fondo creato dal governo federale per il trattamento, il risarcimento e il monitoraggio di chi soffre di problemi di salute in conseguenza di Ground Zero. Al momento “the Found” – come viene comunemente chiamato negli Usa – non ha ancora contemplato i tumori tra le malattie da indennizzare e la legge stabilisce l’obbligo di revisioni periodiche dei dati per un’eventuale nuova tabellizzazione. Una prima analisi in merito non aveva ancora confermato un legame tra l’esposizione alla nube e i carcinomi, ma lo studio di “The Lancet” rilancia adesso la questione, non solo smentendo le teorie passate, ma esortando anche la scienza alla realizzazione di approfondimenti più mirati, dal momento che alcune delle sostanze rilasciate – come l’amianto e il carburante – impiegano molto tempo prima di manifestare le proprie conseguenze nocive sulla salute.