Il telelavoro “imposto” ha un “effetto dannoso sulla salute mentale dei lavoratori”. È questa una delle conclusioni di uno studio del laboratorio di economia dell’Università di Le Mans, pubblicato il 13 agosto sul sito web DARES e riportato da un articolo de L’Argus.
Secondo i ricercatori, il morale dei telelavoratori, in particolare dei dipendenti più anziani che lavorano a distanza e con una ridotta “latitudine decisionale”, è particolarmente colpito da questo nuovo modo di organizzare il lavoro. Al contrario, i dipendenti con maggiore autonomia organizzativa godono di una migliore salute mentale.
Nel dettaglio, l’analisi mostra che sono più le donne che gli uomini a soffrire di una peggiore salute mentale a causa della nuova organizzazione del lavoro. Questa differenza “può essere spiegata in parte dalle differenze di esposizione all’intensità del lavoro e, in misura minore, all’autonomia sul lavoro”, osserva lo studio. I dirigenti e i professionisti hanno meno probabilità di segnalare una cattiva salute mentale.
Oltre all’intensificazione del lavoro a distanza, gli autori del rapporto notano anche il legame tra il deterioramento della salute mentale dei lavoratori e l’automazione dei compiti. “I lavoratori che svolgono mansioni che possono essere automatizzate hanno maggiori probabilità di provare sentimenti di insicurezza lavorativa e di temere di dover cambiare qualifica o professione entro i prossimi tre anni. Sono anche più esposti a un lavoro intenso”, spiegano i ricercatori.