Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Lavoro e sanità sono i settori con più sanzioni privacy nel primo semestre 2023. Se, però, alle sanzioni si sommano prescrizioni e ammonimenti del Garante, la prima piazza è occupata dal giornalismo, seguito da Internet e social (trascinati in alto dai procedimenti sul diritto all’oblio) e, poi, dai datori di lavoro. È il bilancio dei primi sei mesi del 2023 di attività del Garante della privacy, secondo quanto risulta da un’analisi degli atti pubblicati sul sito internet dell’autorità. La ricostruzione numerica mette in risalto anche di quali argomenti e adempimenti il Garante si sia occupato nello svolgimento dei suoi compiti correttivi e sanzionatori. Violazioni relative ai dati particolari (sensibili, genetici e biometrici), agli obblighi di informativa e di raccolta del consenso occupano le prime tre caselle delle sanzioni. La classifica aggregata di sanzioni più prescrizioni più ammonimenti, relativi agli adempimenti, vede in cima i procedimenti relativi ai dati particolari e quelli relativi al diritto all’oblio.
Un italiano su tre ha avuto almeno una lite o un’accesa discussione con i vicini e, nel 15% dei casi, i litigi sono avvenuti anche più volte. Soprattutto a Napoli, città più litigiosa tra le aree metropolitane italiane, seguita da Roma (34% delle liti tra condomini), Cagliari (33%) e Torino (31%). Le città in cui le relazioni risultano più armoniose sono, invece, Firenze, dove il 79% delle persone non ha mai avuto liti condominiali, seguita da Milano (75%) e Verona (75%). Sono i risultati emersi dalla analisi realizzata da Changes Unipol e Ipsos per valutare la qualità della vita nei condomini italiani secondo cui, tra le fasce di età, sono i giovani della generazione Z (ossia quelli nati tra il 1997 e il 2012), che hanno anche le interazioni più frequenti con i vicini, a confermare di avere avuto più frequentemente liti o discussioni (nel 39% dei casi), mentre i baby boomer (i nati tra il 1946 e il 1964) sono i più pacifici, visto che nel 77% dei casi non hanno mai avuto discussioni accese.
Nuove truffe online per convincere le vittime ad aderire a finti investimenti in criptovalute, sfruttando strumenti di Intelligenza artificiale. A mettere in guardia sui rischi che si corrono è la ricerca pubblicata da Sophos, rischi che si inseriscono in un contesto quale quello italiano in cui, come rilevato dalla ricerca condotta da Exprivia, si è registrato il record assoluto di attacchi informatici nel secondo trimestre dell’anno. Ma nel mirino dei cyber criminali non ci sono soltanto i servizi finanziari, come evidenziato nei report di Cisco e di Check Point Research, ma anche la sanità pubblica e quella privata. Gli esperti di Sophos, società che opera nell’ambito della sicurezza informatica, evidenziano che le truffe sulle criptovalute si avvalgono di uno strumento di chat basato sull’intelligenza artificiale, simile a ChatGPT, insieme a falsi alert di hackeraggio dei conti in criptovaluta, sfruttando tecniche di social engineering sui social media e sulle app di incontri per fare cadere le vittime nelle trappole, convincendole ad aderire a finti investimenti.
Pmi e liberi professionisti europei preferiscono sempre più utilizzare metodi di pagamento online rispetto a quelli “tradizionali” presso un punto vendita fisico. Infatti, i pagamenti online sono cresciuti, su base annua, del 40% nel primo trimestre del 2023, rispetto al +5% dei pagamenti offline. È quanto emerge dalla lettura del report “Le abitudini di spesa delle pmi europee”, curato da Qonto, società specializzata nelle soluzioni di gestione finanziaria aziendale, che pone i riflettori sull’acquisto di servizi online o beni primari da parte di 350 mila tra pmi e liberi professionisti in Germania, Spagna, Francia e Italia. «Approfondire le abitudini di spesa delle pmi e dei liberi professionisti europei, dai metodi di pagamento alle spese più ricorrenti, ci aiuta a comprendere meglio le loro esigenze, preferenze e modalità di lavoro in evoluzione», sottolinea Mariano Spalletti, country director di Qonto in Italia.
Con la maggiore diffusione dell’utilizzo del digitale e di strumenti di pagamento come le carte di credito non bisogna dimenticare di proteggersi dalle possibili truffe mirate al furto di denaro o di dati. Su questo fronte si possono adottare alcuni accorgimenti semplici ma efficaci: per esempio tenere sotto controllo i movimenti e le spese con l’app della banca, usare custodie schermate per le carte contactless, assicurarsi che codici di accesso vari salvati sul pc o lo smartphone siano adeguatamente protetti, cambiare frequentemente password. Le truffe legate alle carte. Secondo dall’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat sono più di 3,2 milioni gli italiani che, in soli dodici mesi, hanno subito una truffa o un tentativo di truffa connesso alla carta di credito o debito. Bisogna tenere presente, inoltre, che durante i viaggi il rischio di frodi aumenta.
I lavoratori dipendenti sono super tutelati contro il rischio d’insolvenza del datore di lavoro. In tal caso, infatti, è l’Inps a sostituirsi al datore di lavoro insolvente e a pagare i crediti retributivi ai lavoratori subordinati (solo ai lavoratori dipendenti). È l’Inps che agisce come assicuratore, intervenendo con due fondi di garanzia: uno per il trattamento di fine rapporto lavoro e le retribuzioni, l’altro per la posizione di previdenza integrativa. È europea l’origine e fonte di questa garanzia. La direttiva 80/987/Cee, infatti, ha voluto assicurare ai lavoratori subordinati una tutela minima in caso d’insolvenza del datore di lavoro, delineando un meccanismo assicurativo basato sulla creazione di specifici “organismi di garanzia”. In attuazione delle norme europee, la legge 297/1982 ha istituito il “fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto”; successivamente, il dlgs 80/1992 ha esteso la garanzia alle ultime retribuzioni e il dlgs 186/2005 ha disciplinato le ipotesi delle situazioni transnazionali. Sempre il dlgs 80/1992, a tutela della posizione di previdenza complementare dei lavoratori dipendenti, ha istituito un secondo “fondo di garanzia” alimentato da una quota pari all’1% del contributo di solidarietà dovuto sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro destinate alla previdenza complementare, diverse dal Tfr.