Il futuro dei broker medio-piccoli? Se pensi che l’unica strada sia di cedere la società alle big del settore stai sbagliando. È vero che la dimensione dell’azienda non è sinonimo di redditività, ma per restare sul mercato e continuare a operare da indipendente per un broker medio-piccolo, quello che fa la differenza è avere un efficace progetto imprenditoriale. Sono questi i principali risultati emersi dal convegno “Nuove sfide nel futuro dei broker”, organizzato dal Consorzio Brokers Italiani in memoria del socio fondatore Roberto Garulli e tenutosi la settimana scorsa presso l’Università Statale di Milano, con il supporto scientifico del Dipartimento di Economia della Università degli Studi di Parma in coordinamento, per le tematiche giuridiche, con il Dipartimento di Diritto Privato dell’Università degli Studi di Milano e il sostegno di Aiba.
Ad aprire i lavori della giornata, davanti a una sala piena, con la presenza di operatori del mercato assicurativo, studiosi, consulenti e fornitori di servizio, ci hanno pensato Claudio Cacciamani – Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Parma – a Albina Candian – Professore Ordinario di Diritto Privato Comparato presso il Dipartimento di Diritto Privato e Storia del Diritto dell’Università degli Studi di Milano.
Nell’inquadrare il tema del futuro dei broker medio-piccoli, Cacciamani è partito dall’analisi dei bilanci delle società di ogni dimensione. Dati alla mano, Cacciamani è giunto alla conclusione che “per essere profittevoli nel settore del brokeraggio, non è necessario essere grandi. A vincere è infatti il modello imprenditoriale e la sola dimensione non è sinonimo di redditività”. Tuttavia, i broker medio piccoli non devono illudersi perché per essere vincenti in futuro “dovranno avere la capacità professionale e il network per competere a livello internazionale a fianco delle aziende italiane da sempre caratterizzate da una forte interscambio con l’estero. Ma dovranno anche dotarsi di competenza adeguate per gestire e assicurare nuovi rischi emergenti, non più solo quelli tradizionali e, infine dovranno rafforzare il rapporto fiduciario e personale con il clienti, affrontando per tempo anche il tema del passaggio generazionale, ed investendo in formazione”.
Secondo Albina Candian, “dobbiamo prendere atto che il framework normativo in materia di distribuzione assicurativa si traduce in obblighi, doveri, presidi, processi e funzioni sempre più complessi. In particolare, il normativo che si applica al brokeraggio non conosce una applicazione modulare o flessibile in base alla dimensione del broker. Quindi il piccolo o medio broker che sia, subisce la stessa “alluvione normativa” di quello di grande dimensione, perché la normativa europea o italiana, guarda solo alla tutela del cliente e del mercato e tutti devono rispettare le stesse norme senza distinzioni di proporzionalità, che può esistere solo nella valutazione della eventuale sanzione”.
Candian spiega che esiste tuttavia un nuovo utilizzo di aggregazioni, anche in dimensioni transnazionale “e l’esempio vincente del Consorzio Brokers Italiani ne è testimonianza. Pensando a “fare rete”, si possono anche utilizzare schemi contrattali esistenti, presenti nelle norme, ma messi a terra in maniera più dinamica e moderna: accordi di collaborazione tra intermediari, accordi di cooperazione, veri e propri contratti di rete, associazioni in partecipazione, accordi con soggetti del mercato finanziario e con fornitori di servizi. Le forme aggregative se ben congegnate con set contrattuali corretti, possono fronteggiare il tema della “compliance condivisa” o esternalizzata, in modo corretto e meno costoso, e possono completare l’offerta ai propri clienti, con una propria rete di collaborazioni professionali e di servizi, che ognuno deve saper costruire, in coerenza con il suo target market”.
Infine, Candian spiega che “in un mercato regolato sempre più integrato tra comparto finanziario e assicurativo, e in una trasformazione del concetto di rischio, il servizio di consulenza deve consentire all’impresa di migliorare il proprio merito creditizio. Il broker può anche esercitare ed avere accesso al ruolo di mediatore creditizio”.
La giornata è proseguita con la tavola rotonda moderata da Danilo Ariagno, presidente del Comitato Tecnico di Aiba, che si è aperta con l’intervento di Flavio Sestilli, presidente di Aiba: “Sia in termini di iscrizioni di nuovi broker che di sviluppo degli affari rami danni e corporate, la tendenza è quella di una incoraggiante e significativa crescita, Il ruolo del broker non è quindi in discussione. Aiba sta spostando sempre più la sua attività nel supporto agli iscritti per sostenerli, attraverso iniziative e strumenti, nel far fronte agli adempimenti e per il dialogo informatico e digitale. In particolare per i broker medio piccoli, riteniamo che possano avere un futuro di soddisfazione, ma devono avere un progetto personale ben definito, e stare “dentro il mercato” senza isolarsi e aprendosi a forme di aggregazioni, sia consortili ma anche meno strutturate secondo le forme consentite dalle normative, quali le collaborazioni orizzontali, privilegiando quelle tra broker”.
Arnaldo Bergamasco, presidente del Consorzio Brokers Italiani, ha ripercorso idealmente i momenti significativi dello stare insieme del Consorzio e dei rapporti personali instaurati. “Il Consorzio gode dell’apprezzamento del mercato primario e siamo adesso impegnati nel ridefinire un progetto e obiettivi coerenti con le attuali e future tendenze di mercato. Di certo faremo tesoro dei numerosi spunti emersi oggi. Ci saranno di aiuto ne siamo confortati, le attenzione di qualificati colleghi che guardano con interesse alla nostra forma consortile per farne parte e siamo certi ripartiremo a settembre con una compagine ulteriormente arricchita in termini di professionalità e con un progetto rivolto al futuro”.
Marco Contini , insurance expert distribution, insurtech, advisor M&A, sta seguendo diverse operazioni di M&A e nel corso del suo intervento ha confermato che i grandi broker internazionali “ritengono strategica la loro presenza sul mercato italiano, per via delle sue prospettive di sviluppo. Molte negoziazioni sono in corso e il prezzo delle operazioni viene formato prevalentemente dalla valutazione dei “valori” e del progetto del broker da acquisire. C’è ancora una finestra favorevole nelle quotazioni, e l’interesse dei Fondi esteri, ma anche italiani, è destinato a continuare seppur con valutazioni gradualmente decrescenti”. Secondo Contini “quello che conta non è solo il prezzo, ma anche il progetto futuro, anche personale, che viene offerto. Insomma, sia che si voglia vendere o meno il proprio progetto societario per il futuro non può mancare e se si dovesse scegliere di non vendere, non bisogna restare isolati, ma accedere comunque a forme consortili o di aggregazioni, anche se la soluzione può presentare maggiori fragilità rispetto alla cessione della società a un grande Gruppo”.
Per Andrea Di Giacomo, presidente ILlca – Associazione Italiana corrispondenti Lloyd’s, “i fenomeni a cui stiamo assistendo sono nuovi per il mercato italiano, ma Francia e Germania li hanno già vissuti. Le diverse dimensioni in quei mercati non sono paragonabili con quelle del mercato italiano, che comunque ha una sua specificità anche in campo economico-produttivo la con diffusa presenza di PMI e micro imprese. La vendita della società è un’opzione, una scelta soggettiva sulla base di un progetto. Per chi non vuole vendere condivido quanto emerso nelle relazioni introduttive sulle collaborazioni: restare isolati può rivelarsi un errore. I consorzi sono certamente una soluzione ma richiedono attenzione sulla loro composizione per una migliore garanzia di stabilità nel futuro”.
Fabio Carniol managing director e general manager Helvetia Italia e Helvetia Vita, ha sottolineato le grandi opportunità offerte “dalla consulenza alle PMI e agli imprenditori in materia di risk management, passaggio generazionale e welfare, che i piccoli e medi broker possono cogliere meglio di altri grazie alla relazione fiduciaria con i clienti, alla facilità di contatto e all’agilità organizzativa. La principale minaccia viene dalla bancassicurazione, soprattutto da parte dei gruppi bancari di grandi e medie dimensioni, che stanno puntando sulle PMI, ma i broker possono erigere barriere all’entrata solo puntando sulle competenze e sulla specializzazione”.
Infine, Sergio Pollini, partner IAMA SP– consulenza strategica- ha portato l’esperienza di IAMA Sales Professional “circa l’evoluzione dei modelli organizzativi e di business nel comparto delle banche territoriali, con lo scopo di valutare quanto questi modelli possano essere traslati nell’ambito del brokeraggio assicurativo”.