DISOMOGENEITÀ NELLE DECISIONI SUGLI INDENNIZZI PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI DEGLI INTERESSATI
Antonio Ciccia Messina
Sui danni da privacy le sentenze europee prendono l’altalena.
In Germania l’uso illecito episodico dell’indirizzo e-mail è valso 25 euro di risarcimento, saliti a 300 euro (sempre in Germania) se il messaggio di posta elettronica è una pubblicità indesiderata di mascherine FFP2; in Olanda un Comune, che illegittimamente non ha cancellato una cartella di una famiglia seguita dai servizi sociali, ha dovuto pagare 125 euro a un minore e 125 euro alla sua mamma (totale 250 euro), ma, sempre in Olanda, la somma è salita vertiginosamente a 2.500 euro per la conservazione indebita di dati sanitari.

Proseguendo la panoramica, la pubblicazione non consentita dall’interessato su Internet ha un borsino variabile: in Germania un video è stato quotato 2.000 euro di indennizzo; in Olanda indirizzo di residenza, e-mail e telefono e numero della sicurezza sociale hanno raggiunto i 500 euro, mentre una foto è balzata a 1.500 euro; in Italia ha toccato il picco di 6.500 euro di risarcimento la pubblicazione di dati relativi a una richiesta di permessi retribuiti dal lavoro.

Poi, però, ci sono anche altre sentenze che rispondono picche alle domande di indennizzo, perché c’è l’offesa alla privacy, ma è stata improduttiva di eventi risarcibili.

Le pronunce, dunque, oscillano, con una traiettoria traballante, tra due estremi: da un lato, la punta più alta espone risarcimenti pari a zero, per assenza della prova di effetti negativi e, dall’altro lato, il vertice simmetrico mostra risarcimenti di importo non trascurabile (ma non impressionante); il percorso, nel mezzo, svela risarcimenti ad importo variabile, anzi, variabilissimo.

Se il calcolo è più facile per i danni patrimoniali, il conteggio dei danni non patrimoniali o immateriali è frutto di casualità imprevedibili.

Ma anche quando il risultato sembra infimo (poche decine di euro), le sentenze possono incutere timore: quella cifra non è da sottostimare, perché può diventare l’unità di misura da moltiplicare per tutti coloro che hanno individualmente subito quel pregiudizio.
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