L’ANALISI DI ASSONIME SULLA PRASSI DELLE IMPRESE A 20 ANNI DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA
Pagina a cura di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
Organismo di vigilanza essenziale nel sistema dei controlli delle società e per salvarsi dalla responsabilità ex dlgs 231/01: è quanto emerge dalla nota n. 10/2021, pubblicata da Assonime, dal titolo «L’organismo di vigilanza nella prassi delle imprese a vent’anni dal dlgs 231/2001», e con cui Assonime, a vent’anni dall’entrata in vigore del dlgs 231, nell’ambito di un progetto di ricerca promosso dalla Fondazione centro nazionale di prevenzione e difesa sociale (Cnpds), riporta i dati dell’indagine condotta sullo stato di attuazione della disciplina, con specifico riguardo all’Odv e al ruolo da questo assunto nel sistema dei controlli societari. L’indagine si sofferma sui principi più significativi affermati dalla recente giurisprudenza, dai quali l’organismo di vigilanza emerge come elemento chiave del sistema dei controlli.

L’oggetto dell’indagine. A vent’anni dall’entrata in vigore del dlgs 231/2001, nell’ambito di un ampio progetto di ricerca promosso dalla Fondazione centro nazionale di prevenzione e difesa sociale (Cnpds), Assonime ha condotto un’indagine sullo stato di attuazione della disciplina, con specifico riguardo all’organismo di vigilanza e al ruolo da questo assunto nel sistema dei controlli societari.

L’indagine Assonime è stata condotta sulle società emittenti titoli quotati sul mercato regolamentato di Borsa Italiana: si tratta di imprese di dimensioni medio-grandi, articolate in organizzazioni di gruppo, che operano in settori eterogenei, sensibili al profilo reputazionale e che investono in sistemi di compliance e controllo avanzati, allineati alle migliori prassi nazionali e internazionali.

Questo campione rappresenta il destinatario fisiologico delle finalità di prevenzione della disciplina 231 e delle specificità dei modelli di organizzazione previsti dalla disciplina.

Dunque, il 98% delle società del suddetto campione ha adottato il modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal decreto 231/2001 e ha provveduto alla nomina dell’organismo di vigilanza, quale presidio di controllo per l’attuazione della funzione preventiva del modello stesso e condizione necessaria per l’esonero da responsabilità.

L’analisi svolta delinea un quadro omogeneo in cui le scelte organizzative delle imprese appaiono sostanzialmente allineate e sembrano rispondere alle principali questioni interpretative sorte nell’applicazione della disciplina, tra cui nomina e composizione ottimale dell’organismo; compiti e funzioni; responsabilità in cui incorre nell’esercizio dei suoi poteri).

Lo scopo dell’indagine. Accanto alle prassi delle imprese, l’indagine si sofferma sui principi più significativi affermati dalla recente giurisprudenza, dai quali l’organismo di vigilanza emerge come elemento essenziale del sistema dei controlli, che contribuisce con gli altri attori a garantire l’attuazione e l’osservanza delle regole di corretta amministrazione e alla diffusione della cultura della legalità imprenditoriale.

Scopo dell’indagine è quello di comprendere come sia stata applicata nei venti anni di vigenza la normativa 231/01, che ha visto allungare l’elenco dei reati presupposto e una sola modifica all’impianto iniziale, che ha riguardato proprio il tema dei controlli, con l’opzione per le società di affidare la funzione dell’Odv al collegio sindacale.

Emerge da questa analisi il valore di prassi e giurisprudenza come diritto vivente, in una materia, quale quella della responsabilità amministrativa dell’ente, che non necessita di rigidi parametri normativi, ma che, per essere efficace, deve essere adattata alla realtà della singola impresa. In quest’ottica, le buone prassi rappresentano anche un punto di riferimento utile qualificato per le imprese, i giudici e tutti gli operatori che si confrontano con la disciplina 231 in una visione più matura delle cautele organizzative in funzione di prevenzione dei reati.

Nomina e composizione dell’Odv. L’indagine si concentra su plurimi profili relativi alla figura dell’organismo di vigilanza.

Per quanto riguarda la nomina e la composizione dello stesso, l’analisi dei dati rileva che tali aspetti configurano un atto organizzativo rimesso alla discrezionalità del consiglio di amministrazione. Quasi sempre la nomina è, infatti, attribuita all’organo di gestione. Solo in due casi essa è stata rimessa alla competenza assembleare. In questi casi, peraltro, l’Odv coincide con il collegio sindacale e la scelta della riserva assembleare è funzionale a garantire il massimo grado di autonomia dell’organismo dall’organo dirigente.

Il controllo sul modello 231 è affidato a un Odv a composizione prevalentemente collegiale, con un numero di tre membri, sia interni sia esterni, tra cui un responsabile di funzione aziendale; con un presidente nominato prevalentemente tra gli esterni. Poche società hanno optato per l’attribuzione della funzione dell’Odv al collegio sindacale.

La composizione dell’organismo che emerge dalla prassi riflette l’evoluzione nel tempo sia della giurisprudenza sia dell’autodisciplina. Spetta agli amministratori dare all’Odv la fisionomia più adatta all’impresa, sulla base dell’organizzazione, dimensione, tipo di attività esercitata, specifici profili di rischio, purché sia sempre assicurato un adeguato coordinamento dell’Odv nel sistema dei controlli societari.

Le società assicurano che l’Odv soddisfi i requisiti necessari per lo svolgimento dell’incarico (individuati dalla giurisprudenza e dalle linee guida di categoria in autonomia, indipendenza, professionalità, continuità d’azione) oltre che con una ponderata composizione anche attraverso alcuni strumenti ricorrenti, tra cui in particolare: la previsione di specifiche cause di ineleggibilità e decadenza; l’adozione di un regolamento dell’Odv; la previsione di autonomia finanziaria attraverso la predisposizione di un budget; la predeterminazione delle ipotesi di giusta causa di revoca.

La revoca dell’incarico può rappresentare un importante strumento di enforcement per assicurare il corretto adempimento dei compiti che la legge attribuisce all’organismo, anche tenuto conto che dottrina e giurisprudenza prevalente non riconoscono una responsabilità penale dei membri dell’Odv per omesso impedimento di reati 231, e potendosi astrattamente configurare solo una responsabilità civile.

In linea con le indicazioni della giurisprudenza, le società del campione ritengono che l’attività dell’Odv debba essere effettiva e non cartolare. A tal fine la maggior parte delle società garantisce libero accesso alla documentazione rilevante ai fini 231 e attribuisce centrale rilevanza ai flussi informativi dall’Odv agli organi sociali e verso l’Odv dalle funzioni aziendali.

Nella maggior parte dei casi, inoltre, l’Odv predispone un piano annuale di vigilanza nel quale sono pianificate interviste e ispezioni, emergendo altresì nelle società del campione un effettivo coordinamento tra i diversi attori del sistema dei controlli societari, all’interno del quale l’OdV si colloca come un organismo autonomo che svolge un ruolo di supporto all’organo di gestione nell’assicurare che vi siano assetti organizzativi adeguati a prevenire i reati, all’organo di controllo nel monitorare l’adeguatezza degli assetti, e alle funzioni aziendali in una logica di gestione integrata dei rischi di impresa.

Ancora, una best practice rilevata dall’indagine è quella seguita da alcune società che adottano strumenti digitali a supporto dell’attività dell’Odv (software gestione dati e flussi, piattaforme). Questi sistemi favoriscono l’interazione tra soggetti deputati al controllo e un’informativa costantemente aggiornata, tracciabile e trasparente.

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