Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
In Italia sono arrivati a oltre 500 miliardi di euro i risparmi custoditi in conti correnti che non rendono niente. Masse che sorprendemente sono lievitate in pieno lockdown, con gli italiani che ancora una volta hanno dimostrato di essere capaci di fare sacrifici e accantonare ricchezza nei momenti di difficoltà. Così lo scorso aprile sono arrivati a detenere sui conti correnti la cifra monstre di 790 miliardi. Una vetta mai raggiunta prima che ha segnato un aumento del 35,7% rispetto al 2015. Ma ben il 68% di questi risparmi, secondo l’analisi di Deposit Solutions, società fintech e piattaforma di open banking per i depositi, è bloccato su conti senza interessi. Tradotto in cifre: si tratta di 537 miliardi. Che non fruttano nulla e, anzi, spesso costano qualcosa. Non foss’altro per le spese di bollo, senza contare che alcuni istituti, specie sui grandi patrimoni, sono arrivati a penalizzare la liquidità nei conti correnti con tassi negativi.
L’incertezza e il bisogno di protezione legato alle preoccupazioni sull’andamento dell’economia di fronte alle incognite dell’emergenza sanitaria hanno fatto lievitare la liquidità parcheggiata dalle famiglie sui conti correnti. Nel frattempo, anche negli investimenti prevale la ricerca di rendimenti a basso rischio, fattore che spiega la ripresa del mercato delle polizze Vita. In base agli ultimi dati dell’Ania, in giugno in Italia la nuova produzione è tornata a crescere per la prima volta dall’inizio dell’epidemia. Il saldo è ora di 6,58 miliardi, +1,2% rispetto allo stesso mese del 2019 (anche se ancora in calo rispetto a gennaio e febbraio, quando il new business mensile superava gli 8 miliardi). Un risultato trainato dalle polizze Vita multi-ramo che nell’attuale contesto di mercato rappresentano una soluzione che le reti di collocamento propongono come formula per combinare la ricerca di sicurezza con la possibilità di spuntare qualche punto di rendimento in più rispetto ai depositi. In giugno, i nuovi premi relativi a prodotti multi-ramo (esclusi quelli previdenziali) hanno registrato una raccolta pari a 2,6 miliardi, in netto aumento rispetto ai tre mesi precedenti (il confronto con giugno 2019 segna però un -3,8%). Considerando anche i dati degli altri mesi, nel semestre il saldo di tali prodotti è di 14,9 miliardi, il 41% dell’intera nuova produzione Vita.
Gli asset gestiti dalle reti sono tornati ai livelli pre-Covid I banker hanno assistito bene gli investitori, dice Molesini (Assoreti) Ma devono passare dalla consulenza finanziaria a quella patrimoniale Paolo Molesini è presidente di Assoreti dal giugno 2018 e dal febbraio 2020 ha assunto la carica di presidente di Fideuram-Intesa Sanpaolo private banking, dopo esserne stato, dal 2015 al 2019 amministratore delegato e direttore generale. È entrato in B.Intesa come responsabile della divisione private banking nel luglio 2003. È stato consigliere di Sociètè Europèenne de Banque, Banco di Napoli ed Eurizon A.I.
Paolo Molesini è presidente di Assoreti dal giugno 2018 e dal febbraio 2020 ha assunto la carica di presidente di Fideuram-Intesa Sanpaolo private banking, dopo esserne stato, dal 2015 al 2019 amministratore delegato e direttore generale. È entrato in B.Intesa come responsabile della divisione private banking nel luglio 2003. È stato consigliere di Sociètè Europèenne de Banque, Banco di Napoli ed Eurizon A.I.di Ester Corvi
Il Covid è ormai alle spalle. Almeno guardando alla valorizzazione dei prodotti finanziari e dei servizi d’investimento distribuiti dagli intermediari associati ad Assoreti, che a giugno ha toccato 614,6 miliardi, di poco inferiore alla cifra di fine 2019 (619,8 miliardi). Per Paolo Molesini, presidente dell’associazione di categoria, si può guardare con ottimismo al futuro, facendo però tesoro dell’esperienza del lockdown.
Le banche sono state uno dei comparti più penalizzati dalla tempesta del Covid e nei mesi del lockdown i ribassi borsistici non hanno risparmiato nessun istituto italiano. Così è stato per Mediobanca che, da febbraio a maggio, ha lasciato sul terreno quasi metà della propria capitalizzazione, sostanzialmente in linea con l’indice bancario di Piazza Affari. Alla fine di maggio però c’è stata un’inversione di tendenza: la richiesta di Delfin alla Bce di superare il 9,9% ha subito messo le ali al titolo che in tre mesi ha segnato un rialzo del 27% contro il +18% del Ftse Banche. Se insomma Leonardo Del Vecchio e il ceo Alberto Nagel stanno ancora muovendo i pezzi sulla scacchiera, per il momento l’unico vincitore è il mercato. Della performance del titolo Mediobanca peraltro ha beneficiato la stessa Delfin che, dopo aver comprato l’estate scorsa in area 9-10 euro, aveva visto inabissarsi il titolo fino ai 4,2 euro di marzo. Se la minusvalenza potenziale non è rientrata, certamente oggi Del Vecchio e il suo fidato collaboratore Francesco Milleri saranno meno preoccupati per la partecipazione in Piazzetta Cuccia. Si sa del resto che Mister Luxottica è da sempre molto attento al ritorno dei propri investimenti e alle strategie per incrementarlo. Lo ha dimostrato sia nelle fortunate iniziative imprenditoriali, da Luxottica a Fonciere des Regions, sia nelle partecipazioni finanziarie assunte nel tempo, da Unicredit a Generali. Macinare numeri è una delle sue passioni e da un anno ha iniziato a farlo metodicamente per Mediobanca. Anche perché, se è legittimo leggere motivazioni personali dietro il blitz in Piazzetta Cuccia, il patron di Delfin sta prendendo molto sul serio il proprio ruolo di investitore finanziario.
CredemVita Collection Pro è un prodotto d’investimento assicurativo di tipo unit linked a premio unico. Si tratta di un prodotto che consente al contraente di investire il premio unico iniziale, di importo minimo pari a 20 mila euro in quote di fondi esterni, dove la scelta è molto ampia dando la possibilità al cliente di scegliere tra centinaia di opportunità delle primarie case di investimento mondiali. In questo caso si prende in esame la soluzione Collection Pro Bonus basata sulla linea di investimento 50% nel fondo Fidelity Euro Corporate Bond e 50% nel fondo Janus Henderson Flexible Income Hedged. Verrà riconosciuto, per l’opzione indicata, un Bonus al cliente pari al 3% del premio unico iniziale investito, che si concretizzerà tramite l’aumento del numero di quote dei fondi. Sono concessi switch tra i fondi a disposizione, e la compagnia adotta una attività di gestione periodica e di salvaguardia con cui potrà trasferire il controvalore delle quote verso un altro fondo esterno se necessario. Risultano assicurabili tutti i soggetti che alla data di sottoscrizione del prodotto non abbiano già compiuto 91 anni di età. Il contratto offre una copertura assicurativa che in caso di decesso dell’assicurato prevede una maggiorazione del controvalore della polizza in funzione dell’età dell’assicurato alla data del decesso. Fino a 50 anni maggiorazione dell’1%, tra 51 anni e 70 anni maggiorazione del 0,50%, oltre 70 anni maggiorazione dello 0,25%. Sempre entro il limite massimo di 10 mila euro.
La palestra non è gestita da una vera associazione sportiva dilettantistica e dunque deve pagare i premi Inail: nell’attività di fitness compiuta nei locali si rischiano comunque infortuni, che vanno assicurati come in una qualunque azienda. Specialmente quando le lezioni si limitano alla cura dell’esercizio fisico, che può essere gestita «anche in forma spiccatamente commerciale», per ottenere le agevolazioni tributarie e le altre facilitazioni l’assenza del fine di lucro deve emergere in modo netto, provando che l’attività sia svolta solo ad appartenenti all’associazione. Altrimenti ne rispondono il presidente e il vice presidente della finta Asd. È quanto emerge dall’ordinanza 17790/20, pubblicata il 26 agosto dalla sezione lavoro della Cassazione.
- Crolla il fatturato nei servizi Con il lockdown – 26,2% Peggio di tutti il turismo
Un calo «senza precedenti »: è così che l’Istat definisce il crollo degli indici del fatturato dei servizi nel secondo trimestre di quest’anno. Il lockdown imposto dal governo per contenere la pandemia da Covid-19 ha colpito duro: rispetto al trimestre precedente il calo, nei servizi, è del 21,0%, su base annua del 26,2%, il risultato peggiore dall’inizio delle serie storiche Istat, e quindi dal 2001. Per quanto nessun settore sia positivo, il calo non è distribuito però in maniera uniforme: si va dalle attività più colpite perché legate alla filiera del turismo, a cominciare da agenzie di viaggio (-93,0%), alloggio (-88,3%), trasporto aereo (-79,1%), servizi di ristorazione (64,2%), a quelle che hanno subito una contrazione solo lieve, perché legate a comparti produttivi rimasti attivi anche durante il lockdown, infatti i servizi It e informatici hanno perso su base annua “solo” il 2,3%, e le telecomunicazioni il 4,5%. Qualche segno di ripresa si osserva già sul versante della fiducia dei consumatori e delle imprese, che vede per il mese di agosto una dinamica positiva decisamente più marcata in particolare nei servizi di mercato, dove l’indice sale da 66,0 a 74,7, e nel commercio al dettaglio, dove aumenta da 86,7 a 94,0. Già il terzo trimestre, preannuncia Bella, darà un “rimbalzo” importante proprio per i settori più colpiti dei servizi, il Pil farà un salto in avanti «che non si vedeva dai tempi del miracolo economico ». Ma solo per «la dittatura dell’aritmetica»: per una vera ripresa bisognerà aspettare un bel po’.
- Stato imprenditore, illusione e realtà
È sufficiente mettere in fila le operazioni che si sono susseguite negli ultimi mesi per comprendere quanto la mappa del potere stia mutando. Banca Intesa si appresta a diventare ancor più pesante a livello europeo e perciò continentale dopo il successo dell’offerta sulla piccola ma decisiva Ubi. Uno degli imprenditori di maggior successo mondiale nel suo settore, Leonardo Del Vecchio, ha appena ricevuto il via libera dalla Bce a salire al 20% di Mediobanca, diventando così primo azionista della banca d’affari, che solo per ricordare uno dei suoi ultimi colpi ha fatto da advisor all’alleanza nell’auto tra la Fca e la Psa. Ma non si tratta solo del movimento nel settore del credito che pure è decisivo per un Paese. Le Assicurazioni Generali hanno proceduto a un salvataggio e a un contemporaneo rafforzamento attraverso l’operazione con Cattolica. La deriva assistenzialista che si intravvede nell’azione pubblica di questi mesi rischia di vanificare gli sforzi delle imprese che hanno continuato a lavorare per lo sviluppo, pur in una situazione di crisi. Troppo forte è la tentazione di far esercitare prima un ruolo di supplenza e poi di gestione semitotale allo Stato di filiere importanti. E questo grazie anche al combinato disposto dall’effetto anestetico della crisi e delle centinaia di miliardi che potrebbero arrivare dall’Europa attraverso il Recovery Plan.
- Imprese e famiglie, la (lenta) risalita della fiducia
Riparte la fiducia di famiglie e imprese, ma l’effetto non contabilizza la recrudescenza della pandemia in Italia e in Europa con i contagi da Covid-19 in risalita negli ultimi giorni di agosto. Sia l’Istat sia la Commissione Ue — analizzando i vari Paesi dell’Unione — notano un rimbalzo nelle aspettative di ripresa ad agosto. Dai servizi all’industria, passando per il commercio. Il «sentiment» economico delle imprese (indice Esi) ha fatto registrare un forte aumento nell’eurozona (+6,5 punti) e nella Ue a 27 (+6,9 punti), recuperando circa la metà delle perdite combinate dei mesi di lockdown. Una tendenza che vede protagonista l’Italia, dove l’indice è salito di 6,7 punti, facendo registrare il secondo aumento più significativo in Europa dopo la Spagna (+7,5) e davanti alla Germania (+6,5). Inevitabile che lo registri anche l’Istat. Soprattutto per le imprese attive nei servizi da giugno, quando sono state gradualmente allentate le misure di contenimento.
- Le assicurazioni vogliono certezze sui titoli Esg
Il mondo della finanza tira dritto verso gli investimenti sostenibili. Nel secondo trimestre del 2020, secondo i dati Morningstar, la raccolta netta globale dei fondi Esg è cresciuta del 72% ed è stata di 71,1 miliardi di dollari. Un risultato che mostra come questa tipologia di asset sia sempre più al centro delle strategie di investimento di fondi, enti pensionistici, assicurazioni, banche e anche di piccoli risparmiatori. Investire in sostenibilità non è però affatto semplice. Secondo il Goldman Sachs Asset Management Insurance Report, che Plus24 ha avuto modo di consultare in anteprima, il 95% degli assicuratori è convinto che ci siano ancora diversi ostacoli da superare.
- La piena riscossa Ue dipende dalla ripartenza dei finanziari
Tecnologici e utility sotto la lente degli investitori anche in Europa. Ma una vera e propria ripresa delle Borse del Vecchio Continente non potrà prescindere da quella dei titoli di banche e assicurazioni, che hanno un peso rilevante sui diversi listini europei. Anche banche e assicurazioni, che oggi trattano al di sotto delle medie storiche, restano settori che potrebbero rivelarsi interessanti per gli investitori, soprattutto una volta superata l’emergenza sanitaria. Le banche oggi sono a sconto del 40%, il costo reale della pandemia sul settore non è ancora stimabile, mentre per le assicurazioni si registra una perdita di market cap vicina ai 150 miliardi di dollari, doppia rispetto ai costi stimabili oggi derivanti dalla pandemia. Il ritorno alla normalità avrà un impatto positivo sui due comparti». Più scettica, sul futuro di bancari e assicurativi, è la posizione di Carlo De Luca, responsabile Asset Management di Gamma Capital Markets: «Si tratta di settori che avranno vita difficile, considerando la persistenza dei tassi a zero e i margini di guadagno ridotti per le banche. Possono rappresentare un’opportunità in un’ottica di investimenti speculativi di breve periodo. Il futuro è il comparto tecnologico, la trasformazione digitale è solo all’inizio. Sul territorio europeo, le aziende attive in questo campo sono numericamente inferiori a quelle Usa ma rappresentano realtà di grande valore».
- A luglio i conti dei Pir si tingono ancora di rosso (-24 milioni)