di Carlo Brustia
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (Doj) ha confermato ieri l’accusa penale nei confronti dell’ex ingegnere di Google, Anthony Levandowski. Il Doj, annunciando le 33 accuse di furto in una conferenza stampa a San Jose, ha sostenuto che Levandowski ha portato informazioni riservate da Google a Uber. L’ex ingegnere aveva lavorato al progetto di auto a guida autonoma di Google, che in seguito divenne noto come Waymo, ma secondo l’accusa ha lasciato nel 2016 per lanciare la sua società di autocarri a guida autonoma, poi acquisita da Uber.
L’accusa afferma che Levandowski ha scaricato migliaia di file dal predecessore di Waymo, Project Chauffeur, nei mesi precedenti la sua partenza da Google. I file presumibilmente includevano «informazioni ingegneristiche fondamentali sull’hardware utilizzato sui veicoli a guida autonoma del Project Chauffeur» e che Levandowski trasferiva i file sul suo laptop personale. Per Levandowski si prospettano fino a 10 anni di carcere e una multa di 250 mila dollari per ogni violazione, in base a quanto affermato dai pubblici ministeri. L’accusa fa eco a una causa intentata da Waymo contro Uber nel febbraio 2017, che è stata risolta circa un anno dopo. Waymo ha affermato che i disegni di sensori 3D chiamati Lidar per il progetto di auto a guida autonoma di Uber hanno rivelato una «sorprendente somiglianza» con i progetti di Google. Secondo l’accusa, inoltre, Levandowski «ha fatto sforzi straordinari per razziare il server di progettazione di Waymo e poi nascondere le sue attività», dopo aver scaricato oltre 14 mila file riservati e proprietari prima di dimettersi. Anche se gli avvocati di Levandowski, Miles Ehrlich e Ismail Ramsey, hanno dichiarato che «i download in questione si sono verificati mentre Anthony stava ancora lavorando su Google, quando lui e il suo team erano autorizzati a utilizzare le informazioni. Nessuno di questi file apparentemente segreti è mai andato a Uber o ad altre società». (riproduzione riservata)
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