Gli assistenti virtuali sono sempre più gettonati, ma di recente sono anche finiti sul banco degli imputati, per aver messo a rischio la privacy degli utenti.
Contro Apple un gruppo di consumatori ha dato vita a una class action presso un tribunale della California. Al centro della denuncia c’è il fatto – emerso inizialmente da un articolo pubblicato nel regno unito da Guardian – che Apple avrebbe organizzato un piano per ascoltare le conversazioni degli utenti di Siri, violando così la privacy dei consumatori che non erano stati messi al corrente di poter essere registrati.
L’obiettivo dell’ascolto, secondo quanto spiegato dalla casa di Cupertino, era quello di migliorare le prestazioni dell’assistente virtuale, e in ogni caso l’attività non avrebbe coinvolto più dell’1% dei comandi dati “intenzionalmente” a Siri. Ma secondo l’accusa non sarebbero stati registrati soltanto i comandi attivati dicendo “Hei Siri” o premendo il tasto home, monitorando gli utenti senza averli preventivamente avvertiti di essere “regolarmente registrati senza consenso”.
Ma anche Amazon è finita nei guai. Infatti, il garante della privacy del Lussemburgo ha deciso di interpellare Amazon per avere chiarimenti sul funzionamento dell’assistente vocale Alexa.
Un chiaro segnale di quanto le istituzioni guardino con cautela al modo in cui le società che producono e commercializzano questi dispositivi utilizzano i dati personali dei consumatori.
Anche Google, dopo Apple, ha in seguito a questi eventi, interrotto il servizio di analisi delle conversazioni.