Generali ha chiuso il primo semestre riportando un utile netto in crescita del’8,8% a/a a 1,329 miliardi di euro e un risultato operativo in aumento del 2,7% a 2,532 mld.
Il combined ratio, si legge in una nota, si è attestato al 92%, nonostante l’impatto delle catastrofi naturali che la compagnia definisce “rilevante”. L’utile operativo annualizzato si è poi attestato al 12,5%. I premi complessivi sono invece cresciuti del 6,5% a/a a 35,1 miliardi, con una raccolta netta stabile a 5,7 mld.
Le riserve tecniche del segmento Vita sono cresciute nel semestre dell’1,8%, il risultato operativo per il ramo è in crescita del 2,9% a 1,549 mld, con la marginalitá migliorata al 4,5%. Il Danni registra premi in aumento del 2,1% a 11 mld e un miglioramento del risultato operativo del 3,8% a 1,105 mld. Le masse in gestione al 30 giugno sono poi aumentate dell’ 0,8% a/a a 490,4 miliardi, con investimenti stabili a 350,6 mld.
Per quanto riguarda gli indicatori patrimoniali, il regulatory solvency ratio si attestava a fine giugno al 201% e l’economic solvency ratio al 221%.
In una conference call di commento ai risultati di metà esercizio, il Group Ceo Philippe Donnet ha poi assicurato che il progressivo allargamento del differenziale tra titoli di Stato italiani e tedeschi, che dal giorno delle elezioni politiche è cresciuto di oltre 100 punti base, non preoccupa la compagnia. “Non c’è alcun problema o preoccupazione per la nostra esposizione ai titoli di Stato italiani”, ha dichiarato il capo azienda. Al 30 giugno, lo stock del debito italiano in carico al Leone era di circa 60 miliardi di euro. A quella data, ha ricordato Donnet, “il nostro solvency ratio era al 221%. Mi pare un ottimo livello che dimostra come siamo stati in grado di assorbire uno shock anche rilevante sullo spread”.
Il group Ceo del leone non ha invece voluto fare alcun commento sulla partita Carige. “Non commento singoli investimenti del nostro gruppo”, ha detto. Nessuna indicazione è stata dunque fornita né sul peso effettivo della quota in mano alla compagnia, né tanto meno sulle politiche che quest’ultima intende attuare con l’evolversi della partita.
In occasione dell’ultima assemblea degli azionisti Carige, secondo indiscrezioni di stampa le Generali avevano fatto valere diritti di voto su una quota intorno all’1,6%. Una posizione che il Leone si era trovato ‘suo malgrado’ a detenere in seguito alla conversione pressoché obbligata dei bond subordinati in portafoglio, parte del complesso piano di rafforzamento patrimoniale chiesto all’istituto genovese dalla Bce.