E’ l’uragano peggiore che il Texas abbia conosciuto dal 1961. Si chiama Harvey ed è un uragano di categoria 4, riclassificato in tempesta tropicale e ha provocato inondazioni pesantissime sulla città di Houston.
Case scoperchiate, strade sommerse da onde, autostrade e aeroporti chiusi … Secondo le stime degli analisti, i danni causati da Harvey potrebbero raggiungere danni tra i 30 miliardi di dollari e i 100 miliardi di dollari nel peggiore dei casi. L’impatto globale è ancora difficile da valutare, secondo i riassicuratori.
Secondo Hannover Re, i danni sarebbero minori di quelli causati da Katrina nel 2005 in Louisiana (150 mld $, di cui 80 mld assicurati) o dall’uragano Sandy (costa Est degli USA nel 2012 – 50 mld $, di cui 36 mld assicurati).
Le prime stime realizzate da AIR Worldwide valutano le perdite assicurate tra 1,2 e 2,3 mld $. Ma queste stime non tengono conto dei danni legati alle inondazioni o ai danni da interruzione di attività.
Scor, che non è molto esposto negli USA per le catastrofi naturali, ritiene che sia ancora troppo presto per valutare i danni, ma pensa che non siano da sottostimare i danni indiretti. Infatti il comparto petrolifero potrebbe avere un importante impatto. Per prudenza 112 piattaforme sono state evacuate dal Golfo del Messico. Le imprese legate al settore hanno interrotto l’attività nella zona e le autorità hanno confermato che un quarto della produzione americana nel Golfo è stata interrotta.
Per contro i danni provocati dalle inondazioni non dovrebbero appesantire il conto per le compagnie americane e per i riassicuratori internazionali che coprono i rischi. Infatti, negli USA il rischio inondazione rimane fortemente sotto assicurato, nonostante la maggior parte del paese sia esposto al rischio. Mentre di norma le imprese sono coperte, l’assicurazione abitazione dei privati non copre il rischio.
Secondo gli analisti sarebbero meno di un terzo dei danni totali quelli coperti da assicurazione. Alcuni valutano in 3 mld di dollari, mentre JP Morgan stima tra i 10 e i 20 mld $. L’analista assicurativo David Havens della Imperial Capital teme invece i cento miliardi finali.