di Angelo De Mattia
Luci e molte ombre sono presenti nel Ddl Concorrenza approvato ieri, sul quale si sono esercitate le spinte e le pressioni dei diversi portatori palesi di interessi – che, qualora appunto visibili, sono un fattore ineliminabile del confronto democratico – e delle diverse lobby non sempre trasparenti, se non nei risultati inopinatamente ad esse riconducibili. Il semplice fatto, tuttavia, che la legge sia stata partorita dopo un così lungo e complicato travaglio è positivo. Certo, se si fossero seguiti le proposte e i suggerimenti del presidente della Commissione industria del Senato, Massimo Mucchetti, che anche in questo campo ha dimostrato una particolare competenza e una lodevole tenuta della schiena dritta, il risultato sarebbe stato di gran lunga migliore e si sarebbe potuto parlare veramente di una effettiva nuova fase della concorrenza dalla quale avrebbero tratto beneficio i consumatori, la trasparenza e la visibilità del mercato, la stessa politica economica.
Fra le carenze riscontrabili nella legge ve ne è una che la macchia profondamente: non aver voluto abolire il tacito rinnovo delle polizze assicurative del ramo danni che avrebbe dato così la possibilità alla clientela di scegliere altre compagnie e stimolato una competizione sul prezzo e sul servizio e, anzi, aver voluto tentare inutilmente di dimostrare che il tacito rinnovo favorisce l’assicurato costituisce un vero sfregio del concetto stesso di concorrenza, compiuto – ed è quel che duole di più – verosimilmente nel presupposto che i cittadini non capiscano nulla di una norma che, al contrario, anche il comune buon senso può ben giudicare. Si tratta, comunque, di un oltraggio alle tonnellate di studi sulla concorrenza da Adam Smith in avanti. Una tale scelta rischia, altresì, di essere emblematica del modo in cui molti componenti della classe politica considerano la concorrenza, sotto l’influsso o no dei portatori di interessi. La dura dichiarazione di Mucchetti in Aula a tal proposito, mettendo il dito sulla piaga, è assai significativa. Vi è, a questo punto, solo da sperare che sull’argomento si ritorni presto in Parlamento, confidando, anche se la fiducia è azzardata, nella capacità di resipiscenza di coloro che pensano alla concorrenza nel modo gravemente distorto di cui si è detto, confondendola con la tutela di posizioni rilevanti nel mercato, se non con l’oligopolio. (riproduzione riservata)
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