di Giovanna Galli*
Il digitale è una tecnologia che si va diffondendo a ritmo impressionante, crea modelli e necessità sempre differenti, entra in profondità nei prodotti e nei processi aziendali e diventa, sempre più, protagonista del business. Per questo le aziende devono valutare e sostenere questa tendenza con lungimiranza, mobilitando competenze di qualità, che siano in grado di affrontare le incognite e i problemi ma ponendo le persone al centro di questo cambiamento. Ci sono sicuramente alcuni settori come quello della musica, dei viaggi e della finanza che hanno saputo adattarsi per primi ai nuovi modelli di business e ne stanno cogliendo i primi frutti. Ma ce ne sono altri, come quello delle assicurazioni, che fino a oggi non hanno ancora sfruttato appieno le potenzialità offerte dalla digitalizzazione.
Le tecnologie sviluppate in passato confermano la familiarità che il settore assicurativo ha da sempre avuto con le innovazioni ma che, ora, rischiano di essere messe in discussione dall’intensa attività svolta dal cosiddetto insurtech, inteso come l’insieme di tutte quelle start-up che si stanno focalizzando sullo sviluppo di nuovi paradigmi di consumo e di fruizione delle tradizionali coperture assicurative attraverso l’uso di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, l’IoT, le chatbot e i big data.
Già alla fine del 2016, autorevoli testate finanziarie come il Wall Street Journal e il Financial Times definivano il fenomeno dell’insurance tech di particolare interesse e mettevano in evidenza come il numero di fondatori di startup del settore assicurativo stesse crescendo esponenzialmente.
A confermare questa tendenza, il fatto che gli investimenti nell’insurtech sarebbero cresciuti del 27% nell’ultimo anno passando da 1,24 miliardi di euro nel 2015 a 1,69 miliardi nel 2016, e nel 2014 non superavano gli 870 milioni (fonte: CB Insight).
Dal canto nostro, in Italia si assiste a un processo ben avviato che, seppure in una fase ancora iniziale, riesce a coniugare un buon tessuto di piccole realtà molto dinamiche e un interesse crescente da parte dei canali tradizionali. Una sfida per questi ultimi che passa attraverso l’automatizzazione e l’utilizzo di algoritmi di valutazione, oltre che a strumenti di machine learning che diventano ogni giorno sempre più affidabili ai fini dell’analisi del rischio.
L’enorme massa di dati disponibili non deve però far pensare a un utilizzo meccanico degli stessi. Le aziende del settore sono organizzazioni complesse che semmai continuano a richiedere competenze sempre più sofisticate, specializzate ma estremamente flessibili che devono saper leggere la realtà nelle sue innumerevoli sfaccettature, per tracciare la direzione da seguire.
Quindi, non solo manager con forti competenze digitali (delle 20 grandi aziende del settore a livello europeo, solo 10 hanno oggi un figura dirigenziale che possa vantare un simile background) e modelli di business che pongono al centro logiche dettate dalla rivoluzione digitale, ma la necessità sempre crescente anche per le aziende assicurative di dotarsi di nuove regole di governance per organi societari di nuova generazione, capaci di svolgere sempre più un ruolo di indirizzo strategico attraverso competenze sempre più specifiche e digital oriented, di controllo e corretta applicazione delle normative.
Quindi qual è la strada da seguire? Per fare scelte strategiche al passo con i tempi è necessario un cambio culturale indispensabile per guidare un comparto piuttosto conservatore come quello assicurativo fuori da un modo di pensare sempre meno adatto a comprendere e governare il cambiamento imposto dalle innovazioni.
Per iniziare, sarebbe di grande utilità poter prendere realmente coscienza del proprio gap culturale (responsabile del 68% dei fallimenti del settore), quindi essere in grado di spostare il proprio focus da logiche orientate alla minimizzazione dei costi e/o al prodotto ad altre che mettano sempre più al centro le reali esigenze del consumatore 4.0, interessato a ricevere un’offerta flessibile e personalizzata. Solo un processo stimolato da un vertice aziendale innovatore e lungimirante, capace di coinvolgere la struttura a tutti i livelli, può rappresentare la vera forza propulsiva di un cambiamento.
E i talenti digitali? Al momento vanno altrove ma la verità è che, con l’introduzione progressiva delle nuove tecnologie, il settore assicurativo può cercare di attrarne il più possibile: sono loro che ancora una volta rappresentano la linfa vitale di un’azienda che punta a comprendere le nuove esigenze dei consumatori, i nuovi stili di vita e le nuove abitudini d’acquisto. Una direzione che tutti i principali attori dovranno affrettarsi a seguire per non rischiare di naufragare in un mare di dati. (riproduzione riservata)
*Spencer & Stuart
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