di Domenico Caiafa.
Commento alla sentenza n. 111/2017 del Tribunale di Vallo della Lucania[1]
La sentenza in oggetto è meritevole di commento positivo in quanto il Giudicante, dopo aver esaminato compiutamente i fatti di causa, con ampia motivazione, ha rigettato l’azione di responsabilità del professionista, pur avendo rilevato alcune omissioni dello stesso nello svolgimento dell’attività professionale (mancata comunicazione dell’esito negativo del giudizio di primo grado e del gravame proposto dall’avversario avverso la sentenza innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania).
Ha osservato il Magistrato che, ai fini dell’accoglimento di una domanda di risarcimento danni nei confronti del professionista, non è bastevole il comportamento omissivo o negligente dello stesso ma è necessario che tale comportamento sia collegato con nesso di causalità con i pretesi danni, circostanza non provata in corso di causa dall’attore – cliente.
In effetti, l’attore, collegando la mancata costituzione nel giudizio di appello con il mancato riconoscimento del credito vantato e richiesto, in via riconvenzionale, in I grado, non ha fornito la prova del relativo nesso eziologico da ritenersi escluso per la possibilità di esso attore di azionare autonomamente tale credito non essendo trascorsi i dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza di appello, perché la sua riconvenzionale era stata dichiarata inammissibile – senza alcuna pronuncia nel merito – donde la possibilità di rinnovare giudizialmente la richiesta. La pronuncia giudiziale ancorché inammissibile, infatti, ha effetti interruttivi della prescrizione che ricomincia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza in rito.
Il Tribunale di Vallo della Lucania ha aderito ad un orientamento consolidato della Suprema Corte, non adeguandosi acriticamente allo stesso ma analizzando i vari aspetti della responsabilità dell’avvocato con una completa esegesi delle normative.
La Suprema Corte, in linea con una dottrina qualificata (Allorio), ha affermato in più occasioni (ex plurimis: Cass. 10.12.2012 n. 22376, Cass. Civ. III sez. 5.2.2013 n. 2638, Cass. II Sez. 24.6.2015 n. 17758) che: “la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto o mancato adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se il danno richiesto sia collegato con nesso causale alla negligenza professionale ritenendo, nel contempo, che sussista l’onere da parte del cliente di fornire la prova che, dalla proposizione di una diversa azione o dal diligente compimento delle attività del professionista, sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l’assistito, secondo un consistente criterio probabilistico”.
Il Tribunale di Vallo della Lucania non ha trascurato di evidenziare che, in una valutazione a 360° della quaestio, sull’avvocato convenuto in giudizio per responsabilità professionale, grava l’onere di provare di aver tenuto una condotta conforme ai doveri di diligenza e di completa informazione al cliente su tutte le circostanze indispensabili per valutare l’inizio, la continuazione del processo o intervenire nel giudizio (obblighi del professionista che hanno analogo riscontro nelle disposizioni del codice deontologico di cui alla Legge del 16.10.2014). Anche se, come già rilevato, una eventuale deficienza sul punto non è ex se idonea a sostenere una declaratoria di responsabilità.
Altra giurisprudenza di merito si è orientata conformemente a tali principi (ex plurimis, Trib. Roma Sez. XIII n. 13373 del 12.6. 2016 e Trib. Salerno sentenza 3070/2017).
[1] G.U. Dr.ssa Tiziana Santoriello nella causa tra D. G. C. (Avv. C. Truscelli) / Avv. L. G. e Unipol Ass.ni Spa (Avv. M. Caiafa)