di Lucio Berno.
Anche a pensare il peggio … la realtà supera sempre ogni più fervida fantasia.
Infatti la Cassazione conferma la condanna per omicidio colposo nei confronti di una donna che, scendendo con imprudenza dalla propria autovettura, peraltro parcheggiata in malo modo, colpisce con lo sportello un ciclista, il quale, cadendo, viene centrato da un ciclomotore e muore a causa delle ferite riportate.
Non vi è dubbio che siamo in presenza di una vicenda assurda, ma di questa si è dovuta occupare la quarta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha emesso la sentenza n. 33602/2016 (qui allegata) ed ha rigettato il ricorso e confermato la condanna per omicidio colposo, ai danni di una donna.
Nel ricorso alla Cassazione la ricorrente ha peraltro provato (illegittimamente) a riproporre una rivisitazione del merito adducendo motivi non condivisibili dalla legge. Non esiste un terzo grado nel nostro regime anche se (come spesso accade di leggere purtroppo) è piuttosto frequente che si tenti un simile stratagemma.
La parte attorea ha sostanzialmente cercato di far passare la responsabilità al ciclista: “… la condotta imperita ed imprevedibile della vittima in contrasto con il principio di affidamento era stata la causa esclusiva dell’evento. Il ciclista infatti circolava irrazionalmente a ridosso delle autovetture parcheggiate al di la della linea gialla delimitante l’area di sosta per lo scarico /carico delle merci così avendo reso inevitabile l’impatto nonostante l’imputata avesse aperto parzialmente e con attenzione lo sportello.
Come che sia gli Ermellini hanno confermato che non vi è dubbio, invece, che la condotta dell’imputata costituì causa penalisticamente sufficiente a determinare l’evento.
E ciò veniva pure confermato dalle dichiarazioni dei testimoni che, in conformità, peraltro, con le conclusioni del perito, hanno consentito di appurare i termini della vicenda: la vittima, la quale transitava a bordo della propria bicicletta, tenendo la destra, siccome prevede la legge, era stata violentemente colpita dallo sportello dell’autovettura, improvvidamente spalancato con furia dall’imputata, senza prima accertarsi, attraverso gli specchi retrovisori, del sopraggiungere di veicoli o pedoni.