di Luisa Leone
Ci sono anche le pmi, l’immobiliare pubblico e le infrastrutture sanitarie e culturali tra i comparti su cui casse di previdenza e fondi pensione potranno puntare per ottenere gli sgravi fiscali promessi dal governo con la Finanziaria 2015. Settori che si aggiungono a quelli delle infrastrutture tradizionali (porti, aeroporti, strade, energia ecc.), già presenti nelle prime bozze del decreto del ministero dell’Economia che individua i comparti in cui gli attori previdenziali dovranno investire per ottenere un credito d’imposta a valere sul 2015.
La versione definitiva del provvedimento è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale giovedì 30 luglio dopo una lunga gestazione e prevede che per richiedere la riduzione del carico fiscale gli investimenti dovranno essere convogliati verso azioni e quote di aziende che operano nei settori elencati (vedere tabella in pagina), su obbligazioni e altri strumenti di debito emessi da queste aziende ma anche su finanziamenti a medio-lungo termine loro dedicati.
Non solo. Gli investimenti potranno essere effettuati anche mediante la partecipazione a organismi collettivi di gestione del risparmio (con una durata di almeno cinque anni), purché questi investano principalmente in aziende operanti nei settori indicati dal decreto oppure puntino su strumenti finanziari emessi da società non quotate (a eccezione di quelle bancarie, finanziarie o assicurative) o, ancora, su crediti a medio-lungo termine a favore di queste società.
In tutti casi, e questa è un’altra novità rispetto alle prime versioni del decreto, le società target non dovranno essere necessariamente italiane ma potranno essere europee. La condizione, valida per tutti gli investimenti, è che siano mantenuti in portafogli per almeno cinque anni e, in caso di scadenza antecedente, il corrispettivo sia reinvestito entro 90 giorni in attività simili.
È stata la Finanziaria 2015, a fine dicembre scorso, a prevedere, contemporaneamente all’innalzamento delle aliquote per casse (dal 20 al 26%) e fondi (dall’11 al 17%), anche l’escamotage per ottenere una riduzione. In pratica, a valere sul periodo d’imposta 2015, per i proventi che saranno investiti nei settori e negli strumenti indicati dal decreto si potrà richiedere un credito d’imposta pari alla differenza tra la vecchia e la nuova aliquota. Per conoscere i dettagli operativi si dovrà però attendere un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, da emanare che entro la fine di settembre 2015. Troppo tardi? «No», secondo il presidente della Cassa di previdenza dei Commercialisti Renzo Guffanti: «Sulle tempistiche non vedo criticità particolari, semmai si potrebbe fare di più su altri punti». Il primo punto è naturalmente quello delle risorse a disposizione, che per il periodo d’imposta 2015 sono solo 80 milioni di euro. C’è quindi il rischio che lo sgravio alla fine sia minore del previsto, perché le risorse a disposizione saranno suddivise per le richieste pervenute e, se queste saranno superiori a quanto stanziato, tutti dovranno accontentarsi di un credito d’imposta più leggero.
Per rendere la misura davvero incisiva, sempre secondo Guffanti, sarebbe necessario aumentare la dote di almeno quattro volte. Tuttavia, nonostante gli evidenti limiti, l’ambizione dell’esecutivo di dirottare grazie al provvedimento pubblicato giovedì scorso almeno 4 o 5 miliardi di risorse aggiuntive sull’economia reale non sarebbe irrealistica. «È una cifra importante ma un numero relativamente piccolo rispetto all’ammontare complessivo delle risorse gestite da casse e fondi (circa 220 miliardi, ndr), che per altro già si stanno muovendo autonomamente in questa direzione». Ma sullo sfondo rimane sempre la questione del peso delle imposte: «Oltre a incrementare le risorse a disposizione si potrebbe aumentare anche la percentuale di abbattimento delle aliquote, che oggi per il primo pilastro è del 6%», conclude il presidente della Cassa dei commercialisti. Tuttavia, nonostante il settore non abbia ancora digerito l’inasprimento deciso con l’ultima Finanziaria, pare si cominci di nuovo a parlare della possibilità di mettere insieme le forze per creare un fondo, partecipato da casse, fondi e Cdp, in cui veicolare risorse da investire nell’economia reale del Paese.
Un progetto al quale aveva lavorato molto lo scorso anno il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, naufragato però proprio per la decisione di alzare le aliquote sui rendimenti di casse e fondi. Ma altre novità sono in vista. Sui fondi, per esempio, sarebbe in corso una riflessione volta alla razionalizzazione del sistema con l’accorpamento dei veicoli più piccoli. Il tutto mentre alla Camera è in discussione la legge sulla concorrenza, dalla quale dovrebbe essere stralciata la norma sulla completa portabilità dei fondi. (riproduzione riservata)