di Anna Messia
Nella lunga lista ci sono anche 11 milioni di euro che Poste Italiane deve incassare dall’Istat per il lavoro fatto da Postel sulla raccolta dei dati del censimento 2011, e su cui si è aperto un contenzioso. Ma i crediti complessivamente vantati dal gruppo guidato da Francesco Caio verso la Pubblica Amministrazione sono addirittura 2,4 miliardi. Somma ingente, che il gruppo postale ha accumulato anno dopo anno e che ora, con l’imminente quotazione delle Poste Italiane prevista in autunno, è destinata ad assumere maggiore importanza. Perché è un fardello che il mercato certamente non guarda con favore. Tanto che già da qualche mese è stato aperto un tavolo di lavoro tra il gruppo postale e l’azionista, il ministero del Tesoro, per definire con precisioni le voci in gioco e soprattutto stabilire le modalità di pagamento. Il trend di riduzione dei crediti di Poste verso la pubblica amministrazione, in verità, è già iniziato, considerando che a fine 2014 l’ammontare complessivo era di 3,4 miliardi. Ma ora c’è bisogno di accelerare e ancor di più di fissare paletti importanti. L’intenzione, in particolare, è definire le date entro le quali la Pubblica Amministrazione si impegnerà a pagare i suoi debiti, per dare certezze ai potenziali investitori su quando quella liquidità sarà incassata. Per questo la partita andrebbe necessariamente sistemata prima di iniziare il processo di quotazione, ovvero prima del via libera al prospetto da parte di Consob, previsto tra fine settembre e inizio ottobre. Gli incontri sono serrati, perché anche al ministero dell’Economia sono consapevoli che fissare quelle scadenze consentirà di accrescere il valore di Poste Italiane sul mercato, con benefici per le casse pubbliche. Gli effetti della gestione Caio sono già arrivati, come sottolineato ieri dal premier Matteo Renzi. I dati della semestrale, pubblicati a fine luglio, hanno mostrato un utile netto di 435milioni, quasi raddoppiato rispetto ai 222 milioni di giugno dell’anno scorso. E anche il declino dei ricavi dalla gestione della corrispondenza, -6,5% rispetto al -9% del 2014, è stato frenato. Ma quella partita aperta con la Pubblica Amministrazione resta decisiva, come si legge nel bilancio semestrale del gruppo postale: «eventuali effetti della ulteriore definizione delle partite verso lo Stato potranno avere riflessi sui risultati economici futuri, anche nel secondo semestre dell’esercizio 2015», è scritto. Buona parte di quei crediti derivano dai compensi non ancora pagati dal ministero dell’Economia per il servizio universale svolto da Poste. Solo nel primo semestre di quest’anno si sono accumulati 164 milioni. Di questi, 33 milioni sono privi di stanziamenti nel bilancio dello Stato. Ma ci sono altri 336 milioni per l’esercizio 2014, 343 milioni per il 2013, 400 per il 2012 e il 2011 fino ad arrivare addirittura al 2005, con 8 milioni di euro insoluti. Il totale dei crediti maturati da Poste verso il ministero dell’Economia e la presidenza del Consiglio ammonta in particolare a più di 1,5 miliardi, cui si aggiungono oltre 700 milioni dovuti da altre partecipate pubbliche, come l’Agenzia delle Entrate. In questi mesi Poste Italiane ha continuato a rendere i propri servizi all’agenzia guidata da Rossella Orlandi nonostante le convenzioni siano scadute e restino in attesa di rinnovo. E non mancano neppure crediti per integrazioni tariffarie relative al settore editoriale che, a giugno scorso, ammontavano complessivamente a 103 milioni. In questo caso però il pagamento di 101 milioni è già stato messo in conto dal Tesoro, con rate che dureranno fino al 2016, anche se i 2 milioni restanti sono ancora privi di copertura. (riproduzione riservata)