di Michele Tronconi*
Lo stralcio dell’articolo 15 del ddl Concorrenza in materia di portabilità dei fondi pensione è per noi motivo di grande soddisfazione. È un plauso al buon senso e al riconoscimento da parte del governo dell’opportunità di un confronto in sede tecnica, sinora mancato, anche con Assofondipensione. I fondi pensione negoziali devono avere il pieno supporto, anche pubblico, se devono svolgere con efficacia la loro funzione di complemento al primo pilastro, cioè alla pensione erogata dall’Inps. L’articolo stralciato prevedeva, per il dipendente che avesse scelto di passare a un’altra forma pensionistica complementare, anche individuale, l’estensione della portabilità al contributo del datore di lavoro. Una proposta che aveva suscitato subito forti perplessità presso la nostra Associazione, che rappresenta i fondi negoziali e che vede insieme – lo ricordiamo – le organizzazioni imprenditoriali e i sindacati. Anche di fronte alle Commissioni parlamentari Finanze e Attività Produttive della Camera, il 16 giugno scorso, come presidente di Assofondipensione avevo sostenuto e raccomandato di rinviare la trattazione del tema a un provvedimento organico e complessivo in materia previdenziale. A differenza di tutte le altre parti del disegno di legge, l’articolo 15 non traeva infatti ispirazione da alcuna segnalazione dell’Autorità per la Concorrenza. In sostanza si proponeva una medicina senza che alcun medico avesse diagnosticato la malattia. La portabilità del contributo datoriale sarebbe andata a intaccare un sistema di relazioni industriali consolidato senza che nessuno avesse dimostrato la presenza di distorsioni da correggere nell’assetto esistente. Resto convinto che tutte le proposte in tema di previdenza, anche quella di rendere più flessibile nei tempi l’accesso alle prestazioni pensionistiche, debbano essere affrontate nell’ambito di un disegno complessivo che rafforzi le sinergie tra la previdenza obbligatoria e quella complementare.
Un primo intervento dovrebbe essere finalizzato a promuovere le adesioni alla previdenza complementare, soprattutto per quelle categorie, come i giovani e i lavoratori autonomi, che tendono tuttora a mantenersene distanti. In questo senso va prevista un’adeguata strategia di informazione ed educazione previdenziale e finanziaria dei lavoratori e dei potenziali aderenti. Va poi completata la destinazione del Tfr alla previdenza complementare. Per far questo occorre sostenere l’equilibrio finanziario delle piccole imprese che conferiscono il Tfr dei propri dipendenti ai fondi pensione; servono strumenti efficaci di garanzia, come quello previsto dalla legge di Stabilità 2015, che agevolino l’accesso al credito sostitutivo nel caso si anticipi il Tfr in busta paga.
Quanto alla proposta, contenuta in un emendamento all’articolo 15, di un intervento destinato a favorire aggregazioni tra i fondi pensione, con l’obiettivo di migliorare gli assetti organizzativi, vorrei ribadire che ci si sta preoccupando di migliorare qualcosa che già funziona: lo dimostrano i rendimenti ottenuti da tutti i fondi negoziali, anche dai più piccoli. Non siamo al capezzale di un malato bisognoso di cure urgenti. Tuttavia è opportuno valutare come promuovere la razionalizzazione e l’accorpamento di alcuni fondi pensione, attraverso la valorizzazione della contrattazione collettiva, per cogliere le opportunità di crescita e contribuire agli investimenti nell’economia reale e allo sviluppo di cui il Paese ha bisogno. È infatti il momento di uscire dalla logica della prudenza per passare a quella della crescita. La gestione di questi anni ci ha visto vincenti. Oggi, però, dobbiamo avere anche il coraggio di utilizzare una parte del risparmio previdenziale per rimettere in moto il nostro Paese. Se non lo facciamo, non riusciremo ad aumentare le opportunità di lavoro, sia alla platea dei già aderenti che a quella dei potenziali nuovi iscritti ai fondi negoziali. È chiaro infatti che se non c’è continuità occupazionale non ci può essere neppure la possibilità di accumulare risparmi per la propria pensione. Per questo dobbiamo innescare un circolo virtuoso. Occorre inoltre rendere il sistema più attraente, mettendolo in grado di rispondere anche a bisogni diversi dalla sola pensione. Mi riferisco alle tante possibili soluzioni in termini di welfare integrato che già qualche fondo nostro associato sta realizzando. Questi ulteriori sviluppi potrebbero far capire che scegliere il fondo pensione negoziale è una scelta vincente. Tuttavia non si può chiedere agli attori della sussidiarietà orizzontale di fare di più e meglio quando le norme cambiano in modo disorganico, creando incertezza e sfiducia nel sistema. Proprio per questo, ben venga l’apertura di un confronto costruttivo con il governo. (riproduzione riservata)
*presidente, Assofondipensione