Nella polizza stimata, in deroga alla tradizionale assolutezza del principio indennitario, assicurato e assicuratore stipulano un negozio accessorio al contratto di assicurazione, soggetto anch’esso a forma scritta ad probationem, in virtù del quale stabiliscono un determinato “valore assicurabile” (e cioè il valore dell’interesse esposto al rischio di sinistro, considerato in sè e per sè a prescindere dalla stipula del contratto assicurativo).
Tale valore non va confuso col “valore assicurato”, ovvero la somma massima che l’assicuratore si è obbligato a pagare a titolo di indennizzo, e che dipende dai patti contrattuali:
– il primo rappresenta la misura interesse dell’assicurato
– il secondo rappresenta la misura dell’obbligo indennitario dell’assicuratore.
La misura massima della prestazione indennitaria cui si obbliga l’assicuratore al momento della stipula del contratto (valore assicurato) può essere pattuita in misura inferiore al valore assicurabile (art. 1907 c.c.), ma mai in misura superiore (art. 1909 c.c.). Ciò vuol dire che il rapporto tra valore assicurato e valore assicurabile può essere pari a 1 (assicurazione piena) o inferiore (sottoassicurazione), ma mai superiore (soprassicurazione).
Poichè valore assicurabile e valore assicurato sono entità eterogenee, la polizza stimata (art. 1908 c.c.) ha lo scopo di determinare convenzionalmente il valore assicurabile: ma, una volta determinato convenzionalmente tale valore, non è inibito alle parti limitare il valore assicurato, e concordare che l’assicurazione copra solo una parte di esso, ai sensi dell’art. 1907 c.c.
Se ciò è possibile e lecito in teoria, deve concludersi che la stipula d’una polizza stimata (art. 1908 c.c.) non è incompatibile con l’assicurazione parziale (art. 1907 c.c.), e che di conseguenza non sussiste alcuna violazione dell’art. 1369 c.c. nell’interpretazione adottata dalla Corte d’appello, perchè non contrastante con la natura del contratto
Cassazione civile sez. III, 12 novembre 2013 n. 25405