di Andrea Di Biase
C’è la sigla di Alberto Nagel sul foglio a quadretti sequestrato dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sul presunto patto occulto tra Mediobanca e la famiglia Ligresti. Lo avrebbe confermato lo stesso Nagel, dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per ostacolo all’autorità di vigilanza, nel corso del lungo interrogatorio di ieri davanti al sostituto procuratore Luigi Orsi. Ma, stando alla versione del numero uno di Piazzetta Cuccia, assistito dall’avvocato Mario Zanchetti (lo stesso che ebbe un ruolo decisivo nella vittoria giudiziaria di Abn Amro sulla Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani), l’aver apposto la sua sigla su quel foglio non equivale ad aver stretto un patto con Salvatore Ligresti e i suoi figli. La posizione di Mediobanca rimane dunque quella comunicata al mercato su richiesta della Consob lo scorso 27 luglio: con i Ligresti non c’è alcun patto ma nemmeno un accordo che possa essere equiparato a un patto. E allora perché quella sigla in calce al foglio che in Piazzetta Cuccia continuano a descrivere come mero frutto dei desiderata della famiglia? Secondo quanto appreso da fonti legali, nel corso dell’interrogatorio di ieri Nagel avrebbe fornito la sua versione dei fatti, spiegando anche le ragioni che hanno portato un banchiere del suo calibro a commettere una tale ingenuità. Secondo quanto ricostruito dall’ad di Mediobanca, l’incontro tenutosi il 17 maggio presso gli uffici della Compass, al termine del quale Nagel avrebbe siglato il foglio, sarebbe stato sollecitato dall’avvocato Cristina Rossello per conto di Jonella Ligresti. La Rossello, dunque, pur ricoprendo da anni il ruolo di segretario del patto di sindacato di Mediobanca, si sarebbe presentata come fiduciario dell’ex presidente di FonSai, cercando di aprire un canale di comunicazione con Nagel dopo che l’atteggiamento di ostilità dei Ligresti nei confronti dell’operazione Unipol aveva di fatto compromesso i rapporti con l’ad del gruppo bolognese Carlo Cimbri. Jonella, attraverso la mediazione della Rossello, avrebbe dunque puntato a far sì che il numero uno di Mediobanca si spendesse nei confronti dei vertici di Unipol per ottenere non solo quanto previsto dal contratto firmato tra Premafin e i bolognesi il 19 gennaio (i 45 milioni del diritto di recesso) ma anche alcuni benefit di varia natura necessari a mantenere lo stile di vita agiato fino allora condotto dai vari componenti della famiglia. Nell’elenco figuravano infatti la possibilità per Paolo e Giulia Ligresti di mantenere ruoli di prestigio in società controllate del gruppo assicurativo, una consistente buonuscita per Jonella, la possibilità per Salvatore di continuare a godere di ufficio, segretaria e macchina con autista, nonché tutta una serie di richieste di natura non strettamente professionale: abitazioni di lusso di proprietà di FonSai, parte del patrimonio immobiliare compreso nell’azienda agricola Cesarina, la possibilità di soggiornare gratuitamente al Tanka Village in Sardegna. Tutte richieste che (ad eccezione della Cesarina, che è tuttora in portafoglio a Sinergia) i Ligresti avrebbero dovuto avanzare a Unipol quale futuro azionista di riferimento di FonSai, ma che invece avrebbero presentato a Nagel, cercando di convincerlo a intercedere nei confronti di Cimbri. Secondo quanto Nagel sostenuto da Nagel nelle sua difesa, per spingerlo ad accettare la richiesta di Jonella ad incontrarla, l’avvocato Rossello avrebbe anche fatto presente all’ad di Mediobanca che di fronte alla prospettiva di perdere il proprio impero finanziario-immobiliare Salvatore Ligresti avrebbe più volte manifestato l’intenzione di suicidarsi. Sarebbe stato solo di fronte a questo drammatico scenario dipinto dall’avvocato Rossello che Nagel avrebbe acconsentito ad incontrare Jonella. Tuttavia il 17 maggio, diversamente da quanto prospettato all’ad di Mediobanca, all’incontro organizzato negli uffici della Compass, oltre a Jonella e alla Rossello si presentò pure lo stesso Salvatore Ligresti per cercare di convincere Nagel a spendersi affinché Cimbri cambiasse atteggiamento nei confronti della famiglia, accordandole oltre al recesso e alla manleva civile anche le richieste di benefit aggiuntivi. In quell’occasione Salvatore Ligresti avrebbe nuovamente manifestato il proposito di togliersi la vita se le richieste della famiglia non fossero state accolte. Sarebbe stato dunque di fronte a questa scena, a metà tra lo psicodramma e quella che assomiglia molto a una trappola, che Nagel, dopo aver ricordato ai Ligresti di non poter essere la controparte delle loro richieste, avrebbe manifestato comunque la propria disponibilità a illustrarle ai vertici di Unipol. L’errore (se si dà per buona la versione dell’ad di Mediobanca) Nagel lo avrebbe commesso quando Jonella Ligresti gli avrebbe chiesto di siglare «per presa visione » il foglio con le richieste della famiglia. Un errore che ora, anche se verrà appurato che nessun patto è mai stato sottoscritto, potrebbe comunque costare caro al numero uno di Mediobanca, offrendo ai suoi nemici un arma in più per chiederne le dimissioni. Che quella sigla non avallerebbe alcun accordo Nagel avrebbe provato a spiegarlo, sottolineando che proprio il 17 maggio, subito dopo l’incontro in Compass, il cda di Premafin, allora ancora sotto l’influenza dominante dei Ligresti, si espresse su una proposta di concambio per la fusione con Unipol molto lontana da quella prospettata dai bolognesi. Se quel pomeriggio fosse stato firmato un accordo, difficilmente il cda di Premafin si sarebbe espresso in quel modo rischiando di irrigidire ancora di più le posizioni di Cimbri e di Unipol che, in quella fase negoziale, avevano minacciato di ritirare l’offerta se non fosse stata accettata la propria proposta di concambio. A supporto del fatto che l’incontro del 17 maggio non si sarebbe concluso con un accordo ma solo con la generica disponibilità di Nagel a girare le richieste della famiglia a Unipol, l’ad di Mediobanca avrebbe sottolineato il fatto che, essendo intervenuto il 23 maggio il parere della Consob sull’obbligo di opa, che chiedeva a Unipol di eliminare anche gli ultimi benefici per i Ligresti (recesso e manleva), non avrebbe pertanto informato né Cimbri né nessun altro del contenuto del colloquio, considerando ormai decaduta ogni possibile discussione a riguardo. Tanto più che nell’incontro del 12 giugno con Jonella e Paolo Ligresti precedente l’assemblea di Premafin Nagel avrebbe fatto presente ai figli dell’Ingegnere che la decisione della Consob chiudeva il discorso una volta per tutte. Di fronte a questa ricostruzione l’operazione di integrazione tra Unipol e FonSai, dunque, non sembrerebbe a rischio. Ma se anche dagli accertamenti della Procura di Milano dovesse emergere che il foglio siglato da Nagel può essere considerato un patto occulto, Unipol non sarebbe comunque tenuta a lanciare l’opa su Premafin e a cascata su FonSai e Milano Assicurazioni. L’operazione rimane complessa, visto che gli aumenti di capitale delle due compagnie si sono conclusi con un’elevata percentuale di inoptato. Per ora è infatti stato sottoscritto solo il 68,2% delle nuove azioni ordinarie FonSai e il 22,2% delle nuove risparmio di categoria B per un controvalore complessivo di 666,3 milioni su un totale di 1,1 miliardi. Per quanto riguarda invece l’aumento Unipol la percentuale di sottoscrizione del capitale ordinario sarebbe di circa il 73%. Di fronte a questo risultato, conseguito in un momento di borsa caratterizzato da un’elevata volatilità, le banche del consorzio puntano a raggiungere almeno un altro 10% di adesioni nel corso dell’asta dei diritti inoptati. Sempre ieri il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Sa
tor e Palladio contro l’autorizzazione concessa da Isvap a Unipol. I due fondi hanno infine sciolto il patto che li legava. (riproduzione riservata)