di Anna Messia
Il 1° agosto scorso, quando il nuovo amministratore delegato delle Generali, Mario Greco, si presentò alla comunità finanziaria, annunciò che tutto il gruppo era sotto revisione, comprese le possibili dismissioni. Ma qualcosa comincia già a muoversi. La prima operazione che potrebbe concretizzarsi a breve è la cessione delle attività riassicurative Usa che il Leone di Trieste avrebbe intenzione di mettere sul mercato con lo scopo di razionalizzare le partecipate, ma soprattutto di aumentare la profittabilità e rafforzare il patrimonio del gruppo. Obiettivi che erano stati indicati come prioritari durante la presentazione di Greco di inizio mese. «Il primo obiettivo sarà migliorare il ritorno per gli azionisti», aveva annunciato il nuovo Ceo al mercato. Una richiesta arrivata direttamente dal board della compagnia e per raggiungere quel traguardo Greco si è dichiarato pronto a mettere sotto osservazione l’intero business del gruppo e del portafoglio investimenti, oltre alle strutture organizzative e ai sistemi di governance di Generali. Insomma, sotto analisi c’è tutta l’attività del gruppo. Il velo sul nuovo business plan comincerà ad alzarsi, come noto, solo il prossimo 9 novembre, quando sarà presentato il bilancio a nove mesi e illustrata al mercato la tabella di marcia per riportare Generali al vertice del sistema assicurativo europeo. Ma intanto il piano di dismissioni di asset non più strategici è già in piena attività. A partire appunto della controllata Generali Usa Life Reinsurance, per la quale la compagnia avrebbe dato incarico a Citigroup di individuare i potenziali acquirenti. Il fascicolo per la vendita dovrebbe essere pronto tra qualche settimana, tanto che l’operazione potrebbe prendere avvio già a inizio settembre, subito dopo la pausa estiva. Una cessione che potrebbe consentire alle Generali di incassare una cifra compresa tra 800 milioni e un miliardo di dollari e che in verità era già, almeno in parte, attesa dal mercato. La vendita di partecipate non più strategiche, come per esempio la cessione dell’israeliana Migdal avvenuta lo scorso marzo per un valore di 835 milioni, rappresenta infatti una valida alternativa per evitare al gruppo di Trieste di dover ricorrere a un aumento di capitale in vista dell’impegno finanziario che l’attende per il 2014, quando dovrebbe essere chiamata al riacquisto del 49% della joint venture Generali Ppf Holding, creata con il finanziere ceco Petr Kellner per sviluppare il business assicurativo nei Paesi dell’Europa dell’Est. Operazione che richiederà un impegno finanziario di almeno 2,5 miliardi. Ecco perché il mercato guarda con particolare interesse alle possibili dismissione, non solo negli Stati Uniti. Un altro dossier da sviluppare nei prossimi mesi potrebbe infatti coinvolgere la banca svizzera Bsi e paniere degli asset da mettere in vendita potrebbe arricchirsi nel nuovo business plan che Greco sta mettendo appunto. Ieri intanto le notizie sulla cessione della partecipata americana ha coinciso con la crescita delle valutazioni di Borsa delle Generali. Grazie al rimbalzo messo a segno già in mattinata (+2,2% a 11,2 euro) le azioni della compagnia hanno raggiunto i massimi da inizio aprile. Il titolo aveva toccato i minimi storici lo scorso 31 maggio chiudendo a quota 8,21 euro. Il giorno successivo, con la convocazione ufficiale del consiglio di amministrazione per la sostituzione dell’amministratore delegato Giovanni Perissinotto con Greco era iniziato il recupero, che è proseguito dopo che a inizio agosto il cfo Raffaele Agrusti, era tornato a smentire un aumento di capitale, negando anche l’ipotesi che il riacquisito della quota di Generali Ppf Holding possa essere anticipato rispetto alla scadenza prevista del 2014. (riproduzione riservata).