I progressi messi in mostra dalle società quotate tra gennaio e marzo si sono affievoliti nel periodo aprile-giugno. L’utile, che era balzato del 17,8%, nell’arco del semestre si è trasformato in un calo del 7,3%. E ora le aziende dovranno fare i conti con il rischio recessione
Se di ripresa si è trattato, è durata poco. Le prospettive di rilancio intraviste nei risultati delle società quotate a Piazza Affari tra gennaio e marzo sono uscite ridimensionate dal confronto con il trimestre successivo. A rallentare il ritmo sono stati i comparti bancario e assicurativo, ma anche quello industriale, da cui erano giunti i segnali più promettenti nei primi mesi dell’anno.
Una conferma, quindi, di quanto anticipato dalle borse, in particolare quella italiana, che in luglio e ancor più in agosto sono andate incontro a perdite assai pesanti in tutti i settori. E con economisti e analisti finanziari impegnati quasi all’unanimità ad aggiornare al ribasso le previsioni di pil su scala mondiale, non c’è da farsi illusioni sul quadro che si prospetta per la seconda parte del 2011. Ma ecco alcuni numeri che mettono a confronto la situazione reddituale delle società quotate alla borsa italiana al 31 marzo e al 30 giugno (solo poche società non hanno ancora comunicato i risultati semestrali, tra le maggiori Ubi Banca, Credem, FonSai, Milano Assicurazioni ePremafin).
Se alla fine di marzo la crescita operativa aggregata di società industriali, banche e compagnie d’assicurazione risultava del 9,5% (rispetto al primo trimestre 2010), lo stesso dato ampliato al semestre (gennaio-giugno) si è ridotto al 5,1%.
Ancora più marcata la frenata dell’utile netto, in crescita del 17,8% nel primo trimestre dell’anno (sempre rispetto allo stesso periodo del 2010) mentre segna addirittura un calo del 7,3% mettendo a confronto semestre 2011 e 2010. Il rallentamento ha riguardato sia l’industria sia la finanza. Per quanto riguarda le prime l’incremento dell’utile operativo a marzo era stato del 11,6% (più 18,4% dell’utile netto), mentre a giugno gli stessi valori si sono ridotti rispettivamente al 4,3% e meno 9,7%. A incidere sono state in prevalenza le voci di bilancio relative all’attività caratteristica e alle poste straordinarie. Tra queste ultime di particolare incidenza la svalutazione dell’avviamento sulle attività italiane di Telecom Italia (per 3,2 miliardi). Rilevante invece, sul fronte della redditività operativa, la flessione subita da Eni nel secondo trimestre (-11,5% sull’analogo periodo 2010) soprattutto per effetto del calo del 60% nella divisione gas & power.
Altro esempio al riguardo può essere quello di Enel, dove si è fatto sentire il negativo andamento sul fronte Spagna-America latina. Mentre la flessione subita da Italcementia livello operativo (le attività in Egitto e il costo dell’energia tra i maggiori responsabili) è stata compensata dalla cessione degli asset turchi. Tra i casi più eclatanti quello diMaire Tecnimont, il cui ebit è finito in rosso per il venir meno di ingenti commesse. Si consideri inoltre che il dato aggregato dell’utile netto semestrale 2011 riferito a Piazza Affari beneficia anche di un rilevante apporto (1,1 miliardi) fornito dal gruppo Fiatattraverso la valorizzazione della partecipazione in Chrysler, poi consolidata dal 1 giugno. Quanto alle banche, che a marzo 2011 avevano visto un aumento dell’utile netto del 15,6% rispetto al primo trimestre 2010, al 30 giugno hanno subito una flessione dello 0,9%. A fare la differenza è stato in alcuni casi il venir meno di proventi straordinari di cui avevano beneficiato nei periodi di confronto precedenti. È il caso diIntesa Sanpaolo, che l’anno scorso aveva incassato una plusvalenza di 650 milioni dalla cessione dell’attività di securities services. Nella stessa categoria si può includere il dato del Banco Popolare (vedere box qui sotto) che lo scorso anno aveva goduto di un maggior credito fiscale collegato alla vicenda Italease. Le Generali hanno ridotto l’utile finale del 7,7% soprattutto a causa di svalutazioni su bond greci e partecipazione in Telco.
(ha collaborato Patrizia Morlacchi)