Il dimezzamento della soglia in merito ai trasferimenti in contanti fra soggetti privati e per l’emissione di titoli al portatore, con vigenza dal 13 agosto 2011, oltre a conseguenze rilevanti nella concreta operatività di imprenditori, professionisti e privati cittadini fa crescere il rischio di essere sanzionati. Si tratta di una misura ritenuta particolarmente necessaria in Italia, laddove i movimenti in contanti, superano l’1% delle transazioni complessive (1,05 secondo i recenti dati Uif relativi al 2010, in netto aumento rispetto al 2009 ove, a livello nazionale, la media era pari allo 0,60%), ma che in Meridione e nelle isole rappresentano addirittura il 7/8% dei pagamenti complessivi.
Le nuove regole, che modificano diversi commi dell’art. 49 del dlgs 231/07, riducono il limite di utilizzo legale dei contanti come mezzo di pagamento portandolo a 2.500 euro e si pongono la finalità, come si legge nella relazione di accompagnamento al decreto: «_ di rafforzare i meccanismi di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, in sintonia con l’azione già avviata con gli interventi effettuati con l’articolo 20 del decreto legge n. 76 del 2010».
Gli effetti della stretta
L’utilizzo del denaro contante per effettuare operazioni di acquisto è, dunque, consentito esclusivamente al di sotto del limite di 2.500 euro per ciascuna operazione; al di sopra di tale importo si rende necessario l’impiego di strumenti di pagamento tracciabili, come carte di credito, bancomat, bonifici bancari, assegno bancario o postale.
Su questi ultimi, fermo restando l’obbligo di inserire l’indicazione del beneficiario, prevista dal comma 5 dell’art. 49, dlgs 231/07 (nome, cognome o ragione sociale), si dovrà obbligatoriamente apporre la clausola di intrasferibilità già per importi pari a 2.500 euro. L’emissione di assegni bancari e postali «liberi» così come i vaglia postali e cambiari liberi, quindi (sempre previa richiesta all’intermediario in forma scritta e con il pagamento della prevista imposta di bollo di euro 1,50 per singolo assegno o vaglia), resta consentita per importi inferiori alla nuova soglia.
La stretta avrà ampie ripercussione pratiche. Le fatture non potranno essere pagate in contanti in unica soluzione quando il loro importo (Iva compresa) sarà pari o superiore alla nuova soglia, ma anche le singole rate di pagamenti cumulativamente «oltresoglia» (qualora si concordi un pagamento rateizzato, previsto dalla prassi commerciale) dovranno rimanere al di sotto dei 2.500 euro.
In pratica, l’acquisto di uno scooter da 5 mila euro potrà essere rateizzato in quattro tranche in contanti da 1.250 euro cadauna ma non in due da 2.500). Resta ferma, di contro, la possibilità di emettere più assegni liberi al di sotto della soglia dei 2.500 anche contemporaneamente per far fronte a uno stesso pagamento, perché il limite riguarda ciascun titolo e non il cumulo degli stessi (Nota Mef. 5 agosto 2010 n. 281178).
Ma la nuova soglia avrà effetti anche su altre situazioni. Si pensi alla emissione di fatture e di parcelle da parte dei professionisti.
Queste, infatti, se regolate, in generale, in contanti ed in unica soluzione dovranno essere emesse per imponibili spesso molto più bassi dei fatidici 2.500 euro, in relazione ai complessi effetti sull’incasso finanziario a seguito dell’applicazione di Iva, ritenute e contributo integrativo (si veda tabella).
Fari puntati, poi, sui finanziamenti dei soci alle società e al pagamento degli utili da società a soci, alla emissione di obbligazioni, ai versamenti delle caparre contrattuali.
Una particolare attenzione dovrà, inoltre, essere posta dai professionisti contabili e dai centri elaborazioni dati, alle registrazioni contabili attinenti alla tenuta di contabilità ordinarie. Tutte le movimentazioni di contanti ultrasoglia di cui il professionista dovesse avere riscontro nell’ambito della documentazione contabile, infatti, dovranno essere comunicate alle Direzioni territoriali dell’economia e delle finanze.
Si tratta, ad avviso di chi scrive, di un onere d’ora innanzi davvero pressante, in relazione al valore assoluto estremamente basso della nuova soglia in riferimento al livello delle quotidiane fatturazioni degli operatori economici (piccole imprese, artigiani, commercianti ecc.), sulle quali occorrerà attuare uno scrupoloso monitoraggio per non incorrere in addebiti sanzionatori estremamente rilevanti per i professionisti.
Le sanzioni
Sul tema va segnalato che, se formalmente le nuove norme non modificano le disposizioni sanzionatorie di cui all’art. 58 del dlgs 231/07 (peraltro recentemente ritoccate dal dl 78/2010 convertito, con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122) di fatto, le nuove regole avranno un effetto assai tangibile sulle sanzioni stesse, rendendole, di fatto, applicabili in riferimento ad importi dimezzati e quindi in situazioni molto più frequenti del passato.
Ricordiamo, che le sanzioni vanno da un minimo dell’1% a un massimo del 40% dell’importo indebitamente trasferito e che tecnicamente (anche se nella prassi operativa così non avviene) possono colpire sia colui che esegue il pagamento sia chi lo riceve. Le nuove norme prevedono poi un minimo di 3 mila euro, fortunatamente bypassabile per chi si avvale dell’oblazione di cui all’art. 16 legge 689/81 (ancora in tal senso la nota Mef del 5 agosto 2010).
Va ricordato, tuttavia, ancora una volta che l’istituto in commento non è utilizzabile dal professionista che ometta di effettuare le richieste comunicazioni il quale quindi, nel caso di specie sarebbe assoggettato a un pagamento di 3 mila euro, rischio proprio del professionista mai limitabile con le polizze di responsabilità civile che, peraltro, il decreto correttivo rende obbligatorie a tutela del cliente ai sensi della lett.e) del quinto comma dell’art. 3.
© Riproduzione riservata