La valutazione del rischio stress lavoro correlato coinvolge l’azienda nel suo complesso. Infatti, non è solo il datore di lavoro a essere interessato (sebbene lo sia maggiormente di altri, poiché su di lui ricade l’obbligo), ma riguarda il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp), con il coinvolgimento del medico competente, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori e dei lavoratori medesimi, ai quali spetta rilevare l’eventuale presenza di indicatori del rischio. Una volta effettuata, una nuova valutazione del rischio deve essere immediatamente rielaborata in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro che risultino significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori. Per l’Inail, però, la nuova valutazione collegata al fattore stress può ritenersi necessaria trascorsi due/tre anni dall’ultima effettuata.
Lo stress lavoro correlato. La definizione di «stress lavoro correlato» è fornita dall’accordo Ue dell’8 ottobre 2004, ai sensi del quale è la «condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologia o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alla richieste o aspettativa riposte in loro». Tuttavia, per la commissione consultiva permanente (indicazioni operative alla valutazione del rischio da stress, diffuse con nota protocollo n. 23692/2010 del ministero del lavoro), non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro sono da considerarsi come stress lavoro correlato; quest’ultimo è solo quello causato da vari fattori propri del contesto e del contenuto del lavoro.
Lo stress nella valutazione rischi. La valutazione del rischio stress lavoro è parte integrante dell’obbligo generale della «valutazione rischi» che ricade sul datore di lavoro; pertanto, è da questi che deve essere effettuata avvalendosi dell’ausilio del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp), con il coinvolgimento del medico competente, laddove presente, e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori (Rls/Rlst). È, quindi, necessario preliminarmente seguire il percorso metodologico indicato dalla commissione il quale permette una corretta identificazione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato; in questo modo, dunque, da tale identificazione, discenderanno la pianificazione e la realizzazione di misure di eliminazione o quando essa non sia possibile, riduzione al minimo di tale fattore di rischio.
La valutazione preliminare. A facilitare l’applicazione della procedura della commissione consultiva permanente, l’Inail ha fornito una guida-manuale, al fine di fornire alle aziende un percorso sistematico, tale da permettere al datore di lavoro e alle figure istituzionali coinvolte nelle attività di prevenzione (medico competente, responsabili e rappresentanti dei lavoratori ecc.) di gestire il rischio stress come uno dei tanti rischi che possono essere presenti in azienda, nell’ottica della semplicità ma senza pregiudizio al rigore metodologico. Fermo restando che la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è parte integrante della più generale «valutazione dei rischi», l’Inail suggerisce un percorso metodologico in due fasi: 1) valutazione preliminare e 2) valutazione approfondita.
La valutazione preliminare consiste nella rilevazione, in tutte le aziende, di indicatori di rischio da stress lavoro-correlato oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente apprezzabili, che siano appartenenti «almeno» a tre famiglie: 1) eventi sentinella; 2) fattori contenuto del lavoro; 3) fattori contesto del lavoro (si veda tabella). Relativamente agli strumenti da utilizzare in questa prima fase, il manuale suggerisce il ricorso alle liste di controllo, mentre nelle aziende di maggiori dimensioni ritiene possibile la soluzione di sentire un campione rappresentativo dei lavoratori. Se al termine della valutazione preliminare non risultano rilevati elementi di rischio da stress lavoro-correlato e, quindi, la fase si conclude con un «esito negativo», tale risultato va riportato nel documento finale della valutazione dei rischi (quello generale, il Dvr) con la previsione, comunque, di un piano di monitoraggio. Invece, qualora la fase si concluda con un «esito positivo», qualora cioè emergano elementi di rischio, è necessario passare alla fase successiva che è la valutazione approfondita.
La valutazione approfondita. Nei casi in cui dalla valutazione preliminare emergano elementi di rischi il datore di lavoro è tenuto a procedere immediatamente alla pianificazione e all’adozione degli opportuni interventi correttivi. Ad esempio, potrà trattarsi di interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi. Se anche tali interventi correttivi dovessero risultare inefficaci, il datore di lavoro dovrà procedere alla successiva fase cosiddetta di valutazione approfondita, già prevista (quanto ai tempi) in sede di pianificazione degli interventi successivi alla valutazione preliminare. La valutazione approfondita, spiegano le istruzioni della Commissione, deve prevedere la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori. È possibile utilizzare differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi-strutturate, tutti incentrati sempre sulle tre famiglie di indicatori. Tale fase di indagine deve far riferimento ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche. Nelle aziende di grandi dimensioni può essere realizzata anche tramite un campione rappresentativo di lavoratori (si veda tabella).
La validità della valutazione. Il manuale dell’Inail fa notare che le indicazioni della commissione consultiva non riportano alcun termine di validità della valutazione del rischio, rimandando logicamente alla previsione normativa del Tu sicurezza che, sul punto, stabilisce che la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata in occasione di modifiche del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro che risultino significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori oppure in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. Alla luce di tali indicazioni secondo l’Inail si può ragionevolmente ritenere corretta una nuova valutazione trascorsi due/tre anni dall’ultima effettuata.
Sanzioni pesanti, fino all’arresto. Il regime sanzionatorio è sufficientemente punitivo: non effettuare la valutazione dei rischi, oppure adottare il documento sulla valutazione dei rischi senza gli elementi essenziali (tra cui quello sullo stress) comporta a carico del datore di lavoro l’applicazione della sanzione dell’arresto da 6 mesi a 1 anno e 6 mesi. A ciò si aggiunge che la redazione del documento di valutazione non rispondente alle prescrizioni di legge è punita con un’ammenda da 3 mila a 9 mila euro. Ancora, la mancata custodia del documento di valutazione presso l’unità produttiva a cui si riferisce è punita (stavolta la pena è anche a carico del dirigente) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2,5 mila a 10 mila euro. Infine, si ricorda che l’inadempimento della valutazione dei rischi, con relativa produzione del documento finale, a prescindere dalla dimensione aziendale, preclude all’impresa la possibilità di instaurare taluni contratti di lavoro. Per esempio, alle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi è vietato stipulare il contratto di somministrazione di lavoro. Parimenti è stato per il contratto di lavoro intermittente.