Lievi gli aumenti dell’assegno se il contributo va nel montante

 di Daniele Cirioli  

Le casse possono alzare il contributo integrativo fino al 5%. Entra in vigore oggi, infatti, la legge n. 133/2011 (cosiddetta Lo Presti) che consente agli enti di previdenza dei professionisti di elevare il contributo integrativo pagato in fattura. L’eventuale rincaro può finire nel montante contributivo individuale dei professionisti, che serve a misurare l’importo della pensione. A conti fatti, però, c’è da aspettarsi poco di miglioramento. Per esempio, il giovane perito industriale che oggi paga 10 mila euro all’anno di contributi, con il raddoppio dell’integrativo (dal 2 al 4%) può attendersi, tra 40 anni, a 65 anni d’età, una pensione più pesante di 955 euro all’anno, cioè circa 73 euro in più al mese.

 

Contributi più cari. Due le novità introdotte dalla legge n. 133/2011, pubblicata sulla G.U. n. 184 del 9 agosto scorso e in vigore da oggi. Entrambe riguardano la previdenza dei liberi professionisti, gestita dalle apposite casse ed enti (indicati in tabella). Dopo la legge n. 335/1995, questi enti di previdenza risultano suddivisi in due categorie: casse privatizzate (con disciplina dettata dal dlgs n. 509/1994) e casse private (disciplinate dal dlgs n. 103/1996). In cambio della garanzia di una pensione al momento della vecchiaia, le casse di previdenza chiedono ai professionisti di pagare una contribuzione generalmente organizzata in due prelievi. Il primo è il contributo soggettivo, in genere determinato in misura percentuale sul reddito professionale prodotto dal professionista e da questi integralmente dovuto. Il secondo prelievo è il cosiddetto contributo integrativo (che è oggetto di modifiche), in genere calcolato in misura percentuale del volume d’affari (la base imponibile ai fini Iva) e imposto in parcella, così da restare a carico dei clienti (una sorta di «imposta» indiretta). La prima novità della nuova legge interviene sulla disciplina del secondo dei prelievi, cioè sul contributo integrativo oggi fissato indistintamente nella misura unica 2% per le casse private. In base al nuovo dettato della legge n. 133/2011, la misura del contributo integrativo «non può essere inferiore al 2% e superiore al 5% del fatturato lordo» ed è «riscosso direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento, previa evidenziazione del relativo importo nella fattura». La seconda novità è una nuova disciplina (possibilità) offerta non solo alle casse private, ma anche a quelle privatizzate (dlgs n. 506/1994) in regime contributivo (ossia casse dei ragionieri e dei commercialisti). In pratica, la legge n. 133/2011 stabilisce che, al fine di migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti (professionisti), è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo integrativo all’incremento dei montanti individuali, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica garantendo l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario delle casse previdenziali, previa delibera degli organismi competenti. Aggiunge, infine che le predette delibere concernenti la modifica della misura del contributo integrativo e i relativi criteri di destinazione, sono sottoposte all’approvazione dei ministeri vigilanti, che valutano la sostenibilità della gestione complessiva e le implicazioni in termini di adeguatezza delle prestazioni.

 

Pensioni più care? Al fine di verificare i risultati conseguenti all’eventuale adozione della nuova possibilità offerta dalla legge, in tabella è riportata una simulazione riferita all’Eppi (all’ente nazionale di previdenza e assistenza dei periti industriali). Attualmente, il contributo integrativo versato dai professionisti (ma pagato dai clienti), pari al 2%, è integralmente destinato agli oneri di gestione dell’ente stesso di previdenza (cioè non serve alla pensione del professionista). In tabella le due simulazioni indicano una che il contributo raddoppia dal 2 al 4%, l’altra che passa dal 2 al 5%, considerando sempre che la quota aggiuntiva venga interamente destinata alla pensione.