Di Gigi Giudice
Targata giugno 2011, è reperibile nelle maggiori edicole il secondo numero di “IDEM”, la bella corposa rivista promossa dalla omonima associazione culturale, avendo come partner Aviva e come main sponsor la Banca Popolare di Verona.
Torniamo a parlarne (vedi Attualità online di Assinews del 28 febbraio) anche perché, in un panorama di appiattimento e di conformismi, va segnalato il fatto che il gruppo assicurativo inglese abbia il coraggio di cimentarsi in una iniziativa che – stando alle dichiarazioni programmatiche di “IDEM” – vuole davvero inseguire idee di futuro, fuori dall’autarchia intellettuale e provinciale che ha limitato fin qui gran parte della cultura politica nostrana. Mobilitando e responsabilizzando le intelligenze.
Gli articoli di questo secondo numero prendono lo spunto dalle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia per mostrare – come scrive il direttore Vittorio Emanuele Parsi – il cammino a ritroso compiuto dal Bel Paese in modo da ritrovarsi straniero nella casa comune europea.
Anche la cinica devastazione del paesaggio e delle periferie delle nostre città, scrive Luca Molinari (curatore del Padiglione Italia della Biennale Architettura di Venezia) è un segnale della perdita della carica collettiva che aveva accompagnato la concezione degli spazi pubblici per almeno duemila anni.
Così sul piano linguistico la scrittrice Camilla Baresani argomenta come abbia prevalso una lingua letteraria, non vissuta, marginalizzante la realtà locale, viva e spontanea.
La sfida attuale si gioca sul confronto con i neo-italiani, che hanno iniziato a esprimersi nella lingua nostra.
Centocinquantanni che Gianni Toniolo interpreta domandandosi come sarebbe finita se Cavour e Garibaldi avessero fallito, mentre Alfonso Scotto di Luzio scandaglia la riluttanza degli italiani – viziati-obnubilati dalla televisione – di fronte alla possibilità di superare la loro più profonda natura. Discriminatoria e egoista. Oltre che intollerante.
Philipphe Daverio ironizza su una un’Unità nata “per caso”, promossa oltretutto dai poco alfabetizzati Savoia, vocati alle caserme. Dietro ai Mille c’era certamente la voglia di “fare la borghesia”, ma è un sogno fallito. Come quello, in campo artistico, dell’avanguardia dei futuristi, sfumato nel vitellonismo.
Sul perverso “colonialismo culturale” con cui si affrontano i problemi del Sud si diffonde Antonio Pascale, mentre Marco Ongaro propone il cinismo civico degli aforismi di Ennio Flaiano, a mostrare l’attualità di quello “sguardo di marziano” su una realtà in cui – come nel fellinano “Otto e mezzo” – prevale la vocazione al fanigottismo, alla celebrazione del Nulla.
Avanti così. Per informazioni: www.idem-on.net.