Valorizzata, ai fini della sanzione disciplinare, l’ammissione della propria responsabilità da parte dell’incolpato: è quanto emerge nella sentenza del Cnf 123/2024. La vicenda sottoposta al vaglio del collegio giudicante nasceva dalla segnalazione che il Consiglio dell’Ordine (Coa) aveva rivolto al Consiglio distrettuale di disciplina (Cdd) ed aveva ad oggetto il mancato assolvimento dell’obbligo formativo da parte di un legale, il quale non aveva maturato un sufficiente numero di crediti professionali. Ricorso contro la decisione del Cdd che gli aveva comminato la sanzione disciplinare della censura, il libero professionista non solo aveva lamentato «l’apoditticità della sentenza», ma anche il fatto che il Cdd si fosse rifiutato di valutare le prove testimoniali a suo favore, le quali avrebbero dovuto dimostrare che «il mancato assolvimento dell’obbligo formativo non aveva comportato nocumento ai clienti né leso l’onorabilità dell’Ordine degli avvocati presso alcuna autorità giudiziaria o presso alcun privato», avendo sempre egli curato, attraverso lo studio, la propria competenza professionale, «così come l’incremento dei redditi e del numero delle pratiche gestite avrebbero dimostrato di per sé la competenza e la preparazione del professionista».