Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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La crescita dell’economia passa dalle esportazioni, verso le quali le imprese italiane confermano la loro vocazione. Il valore dell’export tricolore di beni farà segnare un +3,7% quest’anno, +4,5% nel 2025, e +4% nel 2026 (nel biennio 2026/27 la media sarà del +4,2). Segno più anche per i servizi, con una crescita media del 4% nel periodo 2024-2027 (nel dettaglio, +4,6% quest’anno). A fare da traino è l’innovazione tecnologica (in particolare l’intelligenza artificiale), trasversale a tutti i settori: dall’agricoltura ai macchinari. Non solo. Sono proprio le cosiddette tecnologie low-carbon (Lct), intese come quelle che inquinano meno, a vedere primeggiare l’Italia. Il made in Italy green raggiungerà i 50 miliardi di vendite all’estero entro il 2025, con incrementi pari, rispettivamente, all’11,1% nel 2024 e al 13,7% il prossimo anno, per poi accelerare a +17,8% in media nel biennio successivo. A indicare rischi e opportunit per le imprese è Sace, attraverso il Doing Export Report 2024 che, in questa edizione, ha suggerito le nove caratteristiche su cui improntare le strategie aziendali, che vanno a formare l’acronimo “sparkling” (smart, proactive, agile, revolutionary, kinetic, leader, innovative, new e green, cioè intelligente, proattivo, agile, rivoluzionario, dinamico, leader, innovativo, nuovo e green).
A sparare ad alzo zero contro la criminalità elettronica è la legge recante “disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”, approvata definitivamente dal senato il 19 giugno 2024, che ha aggiunto un’aggravante specifica al reato di truffa e ha inserito una nuova versione del reato di estorsione. La prima modifica (relativa alla truffa) è prevista dal nuovo numero 2-ter dell’articolo 640 del codice penale, secondo comma, inserito dall’articolo 16, comma 1, lettera t), della legge citata. In base alla nuova norma, la truffa è aggravata se il fatto è commesso a distanza attraverso strumenti informatici o telematici idonei a ostacolare la propria o altrui identificazione. La novella, dunque, ha innestato nell’articolo 640 c.p. una nuova circostanza aggravante. Per far scattare la sanzione più elevata occorre dimostrare che il fatto è stato commesso a distanza attraverso dispositivi che permettano il travisamento dell’autore del fatto o di terze persone. Che l’autore del reato riesca effettivamente a camuffarsi non è necessario. La disposizione si limita a esigere che lo strumento informatico o telematico abbia funzioni tali da consentire il camuffamento. Quindi, l’aggravante scatta anche quando il truffatore cerchi di nascondere la sua identità, ma non riesca completamente nell’intento. Peraltro, appare probabile che chi usi questi strumenti elettronici lo faccia proprio per cercare di sfruttare tutte le possibilità che essi offrono di cancellare le tracce.
Imprese salassate se manager e dipendenti commettono crimini informatici. È l’effetto dell’articolo 20 della legge recante “disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”, approvata dal senato il 19 giugno scorso, che interviene sul catalogo dei reati “presupposto” della responsabilità amministrativa degli enti, contenuto nell’articolo 24- bis del dlgs n. 231 del 2001. Sono aumentate a un arco compreso tra duecento e settecento quote le sanzioni previste per i reati informatici previsti dagli articoli 615-ter, 617-quater, 617-quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies. In secondo luogo, è introdotta, per il reato di estorsione informatica, la sanzione da trecento a ottocento quote, cui si aggiungono sanzioni interdittive per una durata non inferiore a due anni. Le sanzioni interdittive comprendono l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salve le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
In primo piano i concetti di perdita e danneggiamento in presenza di danni. Infatti, benché non di rado, le imprese si trovano a dover gestire eventi che comportano la perdita (totale o parziale) di uno o più beni aziendali, l’eventuale ricorso alla copertura assicurativa permette di esorcizzarne il rischio, nonché abbattere (almeno in parte) gli effetti del danno subito ottenendo un sollievo economico. Pertanto, se, da una parte, con l’espressione “perdita” ci si riferisce alla eliminazione fisica del bene per cause non imputabili all’imprenditore (per esempio: furto, smarrimento, eventi distruttivi quali calamità naturali, incendi, alluvioni, terremoti, ecc.), dall’altro, per “danneggiamento” si intende una netta riduzione delle funzionalità del bene.
Per il risarcimento danni contabilità a più vie. Nella prassi operativa si distinguono tre differenti modalità attraverso cui è possibile accertare l’insorgere di un risarcimento danni: a) perdita o danneggiamento di un bene merce; b) perdita o danneggiamento di un bene strumentale all’attività; c) altre casistiche diverse. Secondo lo standard Oic 12, i rimborsi assicurativi vanno riportati nella voce A.5 “Altri ricavi e proventi” del conto economico. Tuttavia, nel caso in cui la perdita riguardi i beni merce non occorrerà effettuare alcuna scrittura in contabilità in quanto la stessa verrà rilevata automaticamente all’atto della valutazione delle rimanenze finali. Se la compagnia assicuratrice liquida il danno in un momento successivo alla chiusura dell’esercizio in cui l’evento dannoso si è realizzato occorrerà, invece, procede alla rilevazione di una sopravvenienza attiva. La sopravvenienza si aggancia al fatto che l’evento e, pertanto, il periodo di competenza del risarcimento, è successivo a quello in cui è imputata la perdita del bene.
Per il Tuir sono assimilate ai ricavi le indennità conseguite a titolo di risarcimento per la perdita o il danneggiamento di beni merce. Coordinando le norme degli articoli 6 e 85 del testo unico, infatti, rientrano tra i redditi d’impresa i proventi e le indennità conseguite a titolo di risarcimento danni (ossia redditi “della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti”). Sul piano fiscale, il risarcimento, anche assicurativo, percepito dai titolari di reddito d’impresa determina il sorgere di: a) ricavi, se l’indennizzo reintegra la perdita o il danneggiamento di beni produttivi di ricavi (trattasi dei beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa); per i beni merce, se l’indennizzo è superiore a quello contabilizzato, la differenza costituisce sopravvenienza attiva; b) una plusvalenza o una minusvalenza, se l’indennizzo reintegra la perdita o il danneggiamento di beni strumentali o patrimoniali; c) una sopravvenienze attiva se le indennità su beni strumentali sono conseguite per un ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi
Al 31 dicembre 2023, le imprese che hanno ceduto i loro crediti sono state oltre 32 mila, di cui il 63% Pmi. Sul totale, la quota maggiore è costituita dalla manifattura (30,44%), a seguire commercio all’ingrosso (10,76%) e costruzioni (10,12%). Anche nei primi mesi di quest’anno, il factoring non ha lasciato il terreno positivo, con un volume d’affari complessivo nei primi cinque mesi pari a 113,11 miliardi di euro, in crescita del 2,46% rispetto allo stesso periodo del 2023. Più elevato il tasso di crescita della cosiddetta Supply chain finance: da gennaio a maggio di quest’anno è stato registrato un +4,02% sul 2023, con un turnover che ha raggiunto 11,45 miliardi di euro. Parliamo, in questo caso, delle operazioni di finanziamento del capitale circolante delle imprese all’interno della filiera (la Supply chain, appunto). Sono alcuni dei dati presentati da Assifact, in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione che riunisce le società di factoring, settore che vale il 14% del Pil. Dalla relazione 2024 è emerso, inoltre, secondo le previsioni del Rapporto Forefact, che per l’intero anno si manterrà un tasso medio di crescita pari al 3,58%, con un’accelerazione quindi nel secondo semestre.
Meno appeal per l’esternalizzazione dell’attività. Natura penale delle sanzioni e responsabilità solidale, infatti, rendono più rischioso il ricorso alla somministrazione di lavoro, a distacco e appalto, istituti che consentono alle imprese di affidare a terzi una parte della propria produzione (appalto) o di utilizzare la manodopera di lavoratori assunti da terzi (distacco e somministrazione). Le novità, operative dal 2 marzo, arrivano dall’art. 29 del decreto legge n. 19 del 2 marzo 2024 (decreto Pnrr) convertito dalla legge n. 56 del 29 aprile 2024.

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Rinominare o disinvestire? I gestori di fondi sostenibili sono davanti a un bivio. L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, l’Esma, infatti a maggio ha imposto nuove regole alle case di gestione per l’utilizzo dell’acronimo Esg, oltre a individuare specifici criteri di esclusione di alcune forme di investimento per poter adottare termini comunque legati alla sostenibilità. Scopo delle linee guida: proteggere i risparmiatori dal rischio digreenwashing. Effetto potenziale sui fondi: una valanga che potrebbe travolgere più di 1.600 veicoli finanziari, costretti a scegliere come ridisegnare la propria strategia di investimento per non rimanere esclusidalla giostra della finanza “verde”.
Il legislatore ha incentivato il risparmio di lungo periodo attraverso i fondi pensione e i pip, ma si possono prendere in considerazione anche formule che integrino ulteriormente gli accantonamenti, in vista del momento in cui si smette di lavorare. L’importante è tenere presente il profilo di rischio e dell’età anagrafica di ingresso. Costruire un tesoretto per il momento della pensione, nella consapevolezza che l’assegno pubblico sempre meno sarà in grado di garantire un’esistenza dignitosa. È la preoccupazione che accomuna i lavoratori di tutte le età, anche se le ricette si differenziano poi proprio in base al profilo anagrafico, oltre che per le aspettative e la propensione al rischio. Pertanto è fondamentale la pianificazione per evitare scelte affrettate, delle quali magari pentirsi durante i cicli negativi dei mercati finanziari (che sono inevitabili), con il risultato magari di uscire in perdita e mancare il rimbalzo successivo.
La vita è una scommessa, e anche quando si parla di investimenti finanziari è così. La regola vale anche per i fondi pensione, anche se questi strumenti svolgono una funzione previdenziale e quindi ci si attenderebbe che la variabilità dei rendimenti fosse in qualche modo attenuata. È spesso così quando si parla di fondi pensione “negoziali” (o “chiusi”), quelli collegati a una specifica categoria di lavoratori. La “dispersione” dei rendimenti, la distanza tra il primo e l’ultimo, è molto ridotta. Per gli azionari – che nel lungo termine in genere rendono di più – si va dal 3,9% del peggiore al 5,4% del migliore.
Il mercato del noleggio ha chiuso lo scorso anno con immatricolazioni record e guarda ai prossimi mesi con prudente ottimismo. Anche se sul settore pesano alcune criticità, a cominciare da una fiscalità ancora penalizzante rispetto alle altre principali economie europee. «Il 2023 è stato un anno eccezionale per il nostro comparto, che ha beneficiato in larga parte di un portafoglio ordini ereditato dal 2022», sottolinea Alberto Viano, presidente di Aniasa, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità. «Occorre infatti considerare che nel nostro mercato, dalla fase dell’ordine all’immatricolazione vera e propria, c’è sempre un lasso temporale che segue di sei/otto mesi». Secondo l’ultimo rapporto Aniasa, lo scorso anno il mercato del noleggio ha realizzato un giro d’affari di 14 miliardi di euro, mentre la flotta ha raggiunto gli 1,3 milioni di veicoli in circolazione e le immatricolazioni si sono attestate al 30% del totale nazionale (525 mila unità). Guardando al segmento del breve termine, dopo un periodo di crisi dovuto alla pandemia, lo scorso anno il fatturato ha sfiorato gli 1,5 miliardi di euro, i noleggi sono stati 4,3 milioni, in crescita del 18% sul 2022, perun totale di 36 milioni di giornate di noleggio (più 14%). Anche le immatricolazioni sono cresciute (più 8%), portando la flotta complessiva a raggiungere le 137 mila unità (più 12%).
La ripresa post-pandemia c’è stata, ma il settore delle flotte aziendali è ancora lontano dal recuperare pienamente le vendite degli anni precedenti al Covid-19. Si può sintetizzare così quanto emerge dal Rapporto Aniasa in merito alla situazione nei sette Paesi europei a maggiore densità automobilistica, che in ordine di volumi sono: Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi. Una tendenza dovuta non solo alla crisi economica innescata dal Coronavirus, ma anche al complicarsi del quadro geopolitico alle difficoltà generate dall’accelerazione nel processo di transizione ecologica. Lo scorso anno le immatricolazioni complessive dei Paesi Top 7 si sono attestate a un passo da quota dieci milioni, un dato in progresso del 14,8% sul 2022, ma che resta ben lontano dai 12,4 milioni del 2019. Se si considerano le sole autovetture, nel 2023 tutti i grandi mercati del Vecchio Continente hanno fatto segnare una performance positiva, con il Belgio in testa (più 29,5%) e la Germania in coda (più 7,3%), a confermare le difficoltà che sta attraversando quella che resta in ogni caso la prima economia europea. Il più 18,9% dell’Italia è il secondo migliore risultato, meglio anche del più 18,4% messo a segno dai Paesi Bassi, che chiude il podio.
Per andare al lavoro, o ancora nelle attività del tempo libero, l’auto privata rimane il mezzo preferito dagli italiani: una soluzione pratica e flessibile per spostarsi in città e fuori, soprattutto in contesti dove il trasporto pubblico locale è meno efficiente o accessibile. Così tre persone su quattro la utilizzano in maniera ricorrente. A indicarlo è l’indagine annuale sulla mobilità degli italiani condotta da Aniasa (l’Associazione che in Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità) e la società di consulenza Bain & Company su un campione di 1.031 rispondenti. Il report rileva un’accresciuta propensione all’acquisto delle vetture cinesi, con il 25% degli intervistati che considererebbe marchi asiatici. Ed evidenzia l’esitazione verso i veicoli “alla spina”: a scoraggiare i consumatori a comprare un’auto green sono soprattutto le difficoltà legate alla ricarica – come il costo, il luogo e l’autonomia – segnalate dal 52% del campione (più 13% rispetto al 2020); e la percezione di scarsa sicurezza di questi mezzi, secondo il 20% degli intervistati (più 16% rispetto al 2020). I prezzi di listino preoccupano (16% dei rispondenti), ma meno in confronto a tre anni prima (il 22% nel 2020).
In Italia sono 162 mila i privati che hanno scelto di abbandonare la proprietà dell’auto in favore del suo uso per un periodo di 36-48 mesi. Di questi, 71.400 con partita Iva e 90.600 con il solo codice fiscale. A metterlo nero su bianco sono i dati presentati da Aniasa, l’Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio, della Sharing mobility e dell’Automotive digital.
Nell’arco di dieci anni, in Italia, sono stati rubati oltre un milione e mezzo di veicoli e solo meno di uno su quattro è stato ritrovato. Sono dati allarmanti quelli che emergono dal “Dossier sui Furti di veicoli 2024”, elaborato da LoJack Italia, società del Gruppo CalAmp. E ancor di più preoccupa la difficoltà di invertire il trend, dato che anche il 2023 è stato un anno al rialzo (più 7% sul 2022, a sfiorare quota 132 mila, con un più 11% per gli autoveicoli e un più 2% per le due ruote). Gli analisti calcolano che, dal 2012 in avanti, i furti nella Penisola si sono attestati a quota 1,55 milioni e i veicoli del 61% di questi (940 mila) non sono mai stati ritrovati. A livello europeo occupiamo l’infelice seconda piazza dietro alla Francia, dove però i casi sono in deciso calo. In tutti gli altri Stati membri dell’Ue si rubano meno di40 mila veicoli all’anno.
Il boom turistico atteso e l’abitudine delle persone a considerare ormai normale uno scenario ricco di incognite e criticità a livello globale promettono di far vivere una stagione di riscatto al noleggio a breve termine. Le rilevazioni di Aniasa segnalano che già il 2023 è stato un anno di ripresa, con il fatturato vicino al miliardo e mezzo di euro, i noleggi in crescita del 18% (a quota 4,3 milioni), così come le giornate di noleggio (più 14%, a 36 milioni totali). Il rent-a-car sta quindi gradualmente recuperando quanto perso negli scorsi anni, anche se rispetto al 2019 manca ancora all’appello quasi un quinto dei clienti che hanno caratterizzato il picco, prima della crisi pandemica e delle difficoltà di approvvigionamento della componentistica. Anche le immatricolazioni sono cresciute (più 8%), portando a un significativo sviluppo della flotta complessiva, che ha raggiunto le 137 mila unità (più 12%).
A Genova, nella zona del “Biscione”, sulle alture del quartiere di Marassi, è stato attivato di recente il primo progetto pilota di car sharing condominiale cittadino. Il servizio, sviluppato da Elettra Car Sharing con il supporto del Comune, mette a disposizione dei residenti una flotta di veicoli elettrici da poter utilizzare in condivisione a livello condominiale. Da poco è poi sbarcato anche in Puglia e in Campania Enjoy, il servizio di car sharing di Enilive (società di Eni dedicata ai prodotti e ai servizi per la mobilità). Notizie che dimostrano la vitalità del settore, chiamato tuttavia ad affrontare una serie di sfide e cambiamenti che stanno spingendo gli operatori ad aggiornare la propria offerta. Secondo i dati del rapporto 2023 realizzato da Aniasa (Associazione che rappresenta in Confindustria i servizi di mobilità), il 2023 ha visto poco meno di cinque milioni di noleggi, in calo di circa il 10% rispetto a quanto registrato nel 2022. Numeri ancora sotto i valori del 2020 e ben lontani da quelli pre-pandemia (più di dieci milioni di noleggi). Il rapporto evidenzia un aumento della durata media del noleggio, arrivata lo scorso anno a 95 minuti (dai 77 del 2022), e rileva un cambiamento in atto nel settore a livello di modello operativo.
Carlo Trabattoni è stato nominato presidente di Generali Real Estate, società del gruppo dedicata alla gestione dei fondi di investimento immobiliari. Mentre Aldo Mazzocco, ceo di Generali Real Estate, ha assunto anche la carica di vicepresidente di Gre Sgr. A Trabattoni è stato affidato anche l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione di Generali Investments Luxembourg Sa. Il manager continuerà, inoltre, a far parte del consiglio di amministrazione di Plenisfer Investments Sgr. Il gruppo ha nominato altresì Cécile Paillard nuovo group chief transformation officer, con effetto dal prossimo 2 settembre. La manager, che farà parte del group management committee, riporterà al general manager Marco Sesana. Paillard ha ricoperto ruoli di primo piano in compagnie assicurative internazionali, da ultimo come ceo mediterranean, middle east & Africa del gruppo Coface.

I mercati azionari e le Borse di tutto il mondo stanno vivendo una profonda trasformazione. Non è solo l’Italia a essere interessata da numerosi delisting: è una tendenza più generale che vede prevalere le forze che sottraggono sia valore (con i buyback) che aziende (con i delisting) alle borse rispetto ai nuovi ingressi (le Ipo), che aumentano invece la massa critica dei mercati. Di fronte a queste tendenze occorre riflettere con attenzione senza cadere in giudizi superficiali che portano a decretare la fine delle quotazioni o un passaggio strutturale vero i mercati privati. In realtà, sia buyback che delisting fanno da sempre parte della dinamica di mercato. È inevitabile che, ciclicamente, le aziende o spesso i manager colgano l’opportunità di un riacquisto per far crescere il valore dei propri titoli. Così come che le aziende decidano di abbandonare il listino. Quello che invece deve essere valutato con maggiore attenzione è se i listini rispondano oggi alle esigenze delle imprese: l’orientamento al medio e a lungo termine, il riconoscimento della varietà e dei profili delle imprese, l’apprezzamento pieno del valore dell’azienda. Tutti questi sono elementi oggi decisivi, visto che la competizione (fra aziende) si gioca sulla capacità di investire e crescere, sulla forza di innovare, sulla sostenibilità e sulla capacità di esprimere l’eccellenza su tutte le dimensioni Esg.
Gli attacchi informatici in Italia aumentano più che nel resto del mondo. Nel 2023 ben l’11% di quelli registrati a livello globale hanno avuto luogo nel nostro Paese. Complessivamente, nell’ultimo quinquennio i cyberattacchi registrati sono decuplicati. Critica la situazione della pubblica amministrazione, con un aumento delle violazioni di oltre sei volte, passando da meno di dieci attacchi critici del 2019 a sessanta lo scorso anno. Migliora invece il settore sanità. Dopo che nel 2023 gli attacchi nel comparto healthcare sono raddoppiati rispetto al quinquennio precedente, nel primo trimestre di quest’anno si è registrata una riduzione del 5% rispetto allo scorso anno. Questi i dati rivelati nei recenti Rapporti Clusit Italia PA e Sanità, illustrati lo scorso 19 giugno durante l’edizione romana del Security Summit: il convegno organizzato da Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, con Astrea, l’Agenzia di comunicazione ed eventi nel settore della sicurezza informatica. All’evento hanno partecipato 250 professionisti e rappresentanti del mondo accademico e istituzionale. L’Italia si posiziona ai primi posti nel mondo anche per attacchi informatici, messi in atto tramite ransomware, le aggressioni digitali che prima crittografano i dati dei server e poi chiedono un riscatto per restituire le informazioni rubate.

Ania, c’è Mattarella

Domani alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Maria Bianca Farina accoglie associati e rappresentanti delle istituzioni per l’assemblea annuale degli assicuratori. Temi regolamentari e di mercato, in un Paese da sempre sottoassicurato, non mancano.