Una buona comprensione dei cambiamenti climatici è essenziale per poter fare scelte consapevoli. Per valutarne il livello, la sesta edizione dell’Indagine sul clima della BEI si concentra sulla conoscenza dei cittadini in tre aree chiave: definizioni e cause, conseguenze e soluzioni.

I partecipanti hanno risposto a 12 domande e sono stati classificati su una scala da 0 a 10, dove 10 indica il massimo livello di conoscenza. Con oltre 30.000 intervistati in 35 Paesi, tra cui gli Stati membri dell’UE, il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone, l’India e il Canada, l’Indagine sul clima della BEI fornisce preziose indicazioni sulla comprensione generale dei cambiamenti climatici.

Secondo l’indagine della BEI, gli italiani si posizionano al 16° posto nell’UE-27 (punteggio di 6,41/10), leggermente al di sopra della media europea di 6,37/10. La Finlandia è in testa alla classifica con 7,22/10, seguita da Lussemburgo (7,19/10) e Svezia (6,96/10). L’Italia si colloca subito dopo la Francia e davanti alla Grecia in un test di conoscenza delle cause e delle conseguenze del cambiamento climatico e delle soluzioni per affrontarlo.

Divario generazionale

I giovani tra i 20 e i 29 anni in Italia sono al secondo posto nell’Unione Europea in termini di conoscenza dei cambiamenti climatici, superati solo dai giovani del Lussemburgo. Inoltre, conoscono meglio degli italiani over 30 le cause e le conseguenze del cambiamento climatico e le soluzioni per affrontarlo, con un punteggio complessivo di 6,88/10 rispetto ai 6,33/10 degli over 30. È il contrario in quasi tutti i Paesi dell’UE, compresi Germania, Francia e Spagna, dove gli over 30 sono più informati sull’argomento rispetto alle giovani generazioni.

Divari di conoscenza complessivi

Gli italiani sono ben consapevoli delle cause e delle conseguenze del cambiamento climatico, ma c’è spazio per migliorare le loro conoscenze sulle soluzioni. Analogamente a quanto rilevato nella maggior parte dei Paesi dell’UE, un’ampia percentuale di intervistati italiani non è consapevole che ridurre i limiti di velocità sulle strade (87%) o isolare meglio gli edifici (62%) possa contribuire a combattere i cambiamenti climatici.

Grado di comprensione delle cause dei cambiamenti climatici

Il primo sottoindice si concentra sulla definizione e sulle cause del cambiamento climatico. In questo ambito, gli italiani hanno ottenuto un punteggio pari alla media UE (7,24/10 rispetto a 7,21/10), posizionandosi al 12° posto nell’Unione europea.

Per quanto riguarda la definizione di cambiamento climatico, due terzi degli intervistati italiani (66%, anche se 5 punti percentuali al di sotto della media UE) hanno scelto la definizione corretta (“Un cambiamento a lungo termine nei modelli climatici globali”). Tuttavia, il 30% ritiene che si tratti solo di un rapido cambiamento del tempo in un breve periodo di tempo, soprattutto in estate.

Più di tre quarti (79%) sono anche consapevoli che le cause principali del cambiamento climatico sono le attività umane, come la deforestazione, l’agricoltura, l’industria e i trasporti. Il 12% pensa invece che sia causato da fenomeni naturali estremi, come eruzioni vulcaniche e ondate di calore, mentre il 9% ritiene che il cambiamento climatico sia causato dal buco dell’ozono.
Alla domanda su quali siano i tre maggiori responsabili delle emissioni di gas serra a livello mondiale, la maggior parte degli italiani (73%) ha scelto correttamente Stati Uniti, Cina e India.

Consapevolezza delle conseguenze dei cambiamenti climatici

Alla domanda sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, gli italiani hanno ottenuto un punteggio di 7,86/10 (decimo posto nell’Unione europea), ben al di sopra della media europea (7,65/10).

L’86% sa che ha un impatto negativo sulla salute umana (ad esempio, può portare a un aumento degli inquinanti atmosferici come l’ozono troposferico e il particolato).

L’86% ha anche affermato correttamente che il cambiamento climatico sta peggiorando la fame nel mondo, poiché influisce sulla resa dei raccolti a causa di condizioni meteorologiche estreme.

Per quanto riguarda l’impatto dei cambiamenti climatici sul livello del mare, il 69% degli italiani ha risposto correttamente che il livello globale del mare si sta innalzando, ma il 12% degli intervistati ha detto che si sta abbassando e il 19% ha affermato che i cambiamenti climatici non hanno un impatto specifico sull’innalzamento del livello del mare.

L’impatto dei cambiamenti climatici sulle migrazioni, con l’aumento degli spostamenti forzati in tutto il mondo, è chiaro per tre quarti (74%) degli intervistati.

Divario di conoscenza sulle soluzioni per combattere i cambiamenti climatici

Nell’ultimo sottoindice, gli italiani hanno ottenuto un punteggio di 4,14/10 (inferiore alla media UE di 4,25/10), indicando una conoscenza significativamente inferiore delle azioni che possono contribuire a mitigare i cambiamenti climatici rispetto alle altre due aree analizzate. Questo dato evidenzia una tendenza generale dei Paesi dell’UE, la maggior parte dei quali ha ottenuto punteggi bassi in quest’area. Questo punteggio colloca l’Italia al 17° posto su 27 Paesi dell’UE.

La maggior parte degli italiani (71%) sa che l’utilizzo di prodotti riciclabili può contribuire a mitigare i cambiamenti climatici.
Il 63% ha anche affermato correttamente che l’uso dei trasporti pubblici al posto dell’auto privata è un passo nella giusta direzione.
Ma solo una minoranza (38%, 6 punti percentuali sotto la media UE) sa che isolare meglio gli edifici può contribuire a mitigare i cambiamenti climatici,
Meno di un terzo (30%, 12 punti percentuali al di sotto della media UE) è consapevole che anche acquistare vestiti nuovi con minore frequenza sarebbe d’aiuto, e solo il 13% degli intervistati (13 punti percentuali al di sotto della media UE) sembra sapere che anche ridurre il limite di velocità sulle strade sarebbe d’aiuto.

Infine, gli italiani non sono pienamente consapevoli dell’impatto significativo che l’uso del digitale ha sul cambiamento climatico, con solo il 6% che sa che guardare meno video online può contribuire a mitigarlo (3 punti sotto la media UE del 9%).
Inoltre, come nella maggior parte dei Paesi europei, solo una minoranza di italiani (47%) è stata in grado di definire correttamente l’impronta di carbonio di un individuo come “la quantità totale di emissioni di gas serra emesse da una persona in un anno”.