di Daniele Bussola

Il rischio reale si riferisce ad un rischio oggettivo basato sulla probabilità che un evento negativo si verifichi in una data situazione. Il rischio percepito, invece, si riferisce alla valutazione che le persone fanno della probabilità di subire un evento negativo in una determinata circostanza.

In molti casi, il rischio percepito e il rischio reale possono essere simili, ovvero differire di poco. Spesso però alcuni eventi negativi sono percepiti dalle persone:

  • come un rischio molto alto anche se la probabilità reale è molto bassa;
  • come un rischio basso, o molto basso, anche se la probabilità reale è molto alta e perciò sottovalutano il rischio.

Il rischio percepito dalle persone è frutto di diversi fattori che influiscono sulle persone stesse come ad esempio: l’età, il sesso, il cibo, l’esperienza personale, l’educazione, la cultura, il luogo dove si vive, l’emotività e la personalità.

Alcuni esempi

In base a uno studio condotto negli Stati Uniti su un campione rappresentativo di adolescenti, di età compresa tra i 13 e i 18 anni, è merso che la loro principale paura di morte è quella di morire improvvisamente e inaspettatamente. Ben il 32% degli adolescenti ha riferito di avere questa paura.

Mentre tra la popolazione adulta la principale paura di morte sono i tumori.

La probabilità di morire in un incidente aereo, calcolata dal professor David Ropeik della Harvard University, è di 1 su 11 milioni (0,000009%) e, a differenza di quello che normalmente si pensa, il 95% degli incidenti aerei ha dei sopravvissuti. Nonostante questo, le persone in tutto il mondo continuano ad avere paura degli aerei.

In Italia il 60% della popolazione ha paura di volare, il 40% di chi ha viaggiato almeno una volta in aereo ha paura di un incidente e il 10% ha dichiarato che non volerà mai più.

Viaggiare in automobile è molto più pericoloso, ma il 20% degli italiani non se ne preoccupa e, ad esempio, non usa le cinture di sicurezza.

Le morti causate da malattie respiratorie sono ai primi posti tra le cause di decesso e in Italia sono la terza causa di morte, ma sono solamente al sesto posto tra le paure di morte degli italiani.

Negli Stati Uniti secondo il punteggio di rischio ASCVD (Atherosclerotic Cardiovascular Disease), che tiene conto di diversi fattori di rischio cardiovascolare, una persona di 50 anni con pressione sanguigna normale, colesterolo normale e non fumatrice ha un rischio di circa il 5-6% di avere un evento cardiovascolare entro i successivi 10 anni.

Invece una persona di 70 anni, sempre senza fattori di rischio cardiovascolare noti, ha un rischio del 4,4% di avere un evento cardiovascolare entro i successivi 10 anni. Tuttavia, se tale persona ha uno o più fattori di rischio cardiovascolare noti il rischio aumenta in modo significativo e potrebbe superare il 20-30%.

In base ad uno studio condotto nel 2000 dal Dipartimento dei Trasporti Britannico, in relazione al numero di vittime per ore di viaggio sui mezzi di trasporto più comuni, sono emersi i seguenti dati:

Interessante è vedere come – vent’anni dopo – andare a piedi sia ancora molto pericoloso. Sia che si considerino il numero di morti (figura 1), sia che si analizzi i tassi di morte in base al numero di passeggeri e alle miglia percorse (figura 2), andare a piedi rimane più pericoloso di utilizzare moto, biciclette, furgoncini e camion.

Nel seguente grafico sono messi a confronto i rischi di morte più comuni in Italia (fonte Istat 2021) con le paure degli italiani (fonte: Censis 2021).

Si può notare che gli italiani:

  • hanno molta più paura dei tumori che delle malattie cardiovascolari
  • sovrastimano il rischio di morire per tumori. La paura è doppia rispetto al rischio reale
  • sottostimano il rischio di morire per malattie cardiovascolari. La probabilità di morire per tali cause è quasi doppia rispetto a quella percepita
  • ritengono gli incidenti stradali molto più pericolosi delle malattie respiratorie
  • sottostimano molto il rischio di morire per malattie respiratorie. Il rischio reale è maggiore di quasi 5 volte
  • sovrastimano molto il rischio di poter morire per incidenti stradali, malattie infettive e cause violente. Il rischio percepito è maggiore di 3 volte rispetto al rischio reale.

Secondo gli studi della Ragioneria Generale dello Stato la pensione degli italiani nel 2050 sarà soggetta ad un tasso di sostituzione del 68% per i lavoratori privati e del 49% per i liberi professionisti. Nonostante questi dati:

  • il 49% degli italiani è convinto che il tasso di sostituzione sarà tra il 60% e l’80%
  • solo il 35% dei lavoratori è iscritto alla previdenza complementare
  • solo il 25% dei lavoratori è iscritto alla previdenza complementare ed è attivo nei versamenti
  • solo il 15,5% dei lavoratori è iscritto alla previdenza complementare e versa in modo “utile”.

In Italia circa 4 milioni di over 65 sono non autosufficienti, il numero è in aumento e:

  • 900.000 famiglie si sono tassate per pagare le spese
  • 330.000 famiglie hanno speso tutti i risparmi
  • 150.000 famiglie si sono indebitate
  • 380.000 non autosufficienti non hanno né assistenza sanitaria né altri tipi di aiuti.

Le coperture assicurative attivate per far fronte a questa emergenza sono pochissime.

L’Italia è il Paese europeo che ha il 50% della ricchezza degli italiani investito nelle abitazioni, quota che sale a più del 55% considerando anche gli immobili non residenziali ed è il più esposto al rischio di terremoti e alluvioni.

Questi dati farebbero pensare che l’Italia sia anche il Paese con la più ampia diffusione delle coperture assicurative sulla casa data l’elevata probabilità, soprattutto in diverse aree del Centro-Sud, di subire ingenti danni. Invece solo il 50% delle abitazioni è coperto da una formula assicurativa e solamente il 5% delle case è assicurato contro terremoti e alluvioni.

Pareri scientifici

Il professor David Ropeik, in uno dei suoi libri, spiega così il divario nella percezione del rischio: “Tutti i giorni ci sentiamo chiedere perché abbiamo così paura di eventi che potrebbero causare danni enormi, ma sono estremamente improbabili, come per esempio un incidente aereo, e non facciamo nulla per evitare ciò che ha molte più probabilità di capitarci, ma appare meno terrificante, come un cancro legato a stili di vita sbagliati. Una posizione che inviti ad assumere un atteggiamento razionale nei confronti del rischio finisce in realtà per diventare irrazionale perché presuppone che tutti siano freddi calcolatori capaci di confrontare numeri e prendere sempre le decisioni più scientifiche”.

Occorrerebbe dunque riconoscere che la modalità istintiva, emotiva e affettiva di percepire il rischio fa parte della natura umana, e bisogna farci i conti poiché fa parte del sistema decisionale.

Antonio Damasio (neurologo, neuroscienziato e psicologo portoghese) ha affermato che le emozioni e i sentimenti possono mandare all’aria i processi legati al ragionamento, ma l’assenza di emozioni è altrettanto dannosa e altrettanto capace di compromettere la razionalità. Persino quando disponiamo di un’informazione completa ed esauriente le nostre percezioni su qualsiasi cosa rimangono soggettive.

A questo si aggiunge il fatto che solo raramente disponiamo di un’informazione chiara, esauriente e completa. Spesso dobbiamo chiarirci le idee in una giungla di dati in parte contraddittori.

Riflessioni

Il rischio percepito è importante perché può influire sul comportamento delle persone in situazioni di rischio:

  • le persone che sovrastimano il rischio possono essere più inclini ad evitare situazioni potenzialmente pericolose, anche se il rischio reale è basso (ad esempio evitare di volare)
  • mentre le persone che sottovalutano il rischio possono essere più propense a comportamenti rischiosi e così aggravare il rischio a cui sono esposte (ad esempio sottovalutare il rischio di viaggiare in auto e di conseguenza non usare le cinture di sicurezza).

Una maggiore conoscenza del rischio reale può aiutare le persone e le aziende a prendere le decisioni più adatte alla situazione.

Dall’indagine IVASS “Conoscenze e comportamenti assicurativi degli italiani” pubblicata a maggio 2021 emerge che:

  • il 6,9% non possiede polizze
  • il 39,6% ha solo polizze obbligatorie (esempio RC Auto)
  • il 53,5% ha anche polizze non obbligatorie.

Coloro che hanno deciso di sottoscrivere anche polizze non obbligatorie (53,5%) lo hanno fatto:

  • per loro iniziativa dopo aver percepito il bisogno
  • perché proposta dall’agente o intermediario assicurativo
  • dopo un evento critico accaduto in famiglia o ad un conoscente.

La differenza tra rischio percepito e rischio reale è fondamentale per comprendere come le persone affrontino le situazioni che implicano un potenziale rischio.

In generale, l’assicurazione è più importante quando:

  • i possibili eventi dannosi hanno un alto rischio reale e l’eventuale danno comporta un elevato costo finanziario
  • il rischio percepito è notevolmente inferiore al rischio reale se l’eventuale danno comporta un elevato costo finanziario. Come detto in precedenza le persone che sottovalutano il rischio reale possono essere più soggette a comportamenti rischiosi e così aggravare il rischio.

Ma proprio a tali persone è più difficile proporre delle polizze a copertura dei rischi che sottovalutano in quanto ritengono di non averne bisogno.

Cosa fare

In una situazione in cui le persone spesso sottovalutano i rischi anche importanti e in un Paese dove la sottoassicurazione degli italiani emerge in tutte le indagini, c’è anche il rovescio della medaglia. C’è spazio per intervenire: infatti il 46,5% della popolazione non ha polizze o ha solo quelle obbligatorie.

Per quanto riguarda la previdenza complementare ben 2/3 dei lavoratori non ha aderito. Sommando i lavoratori che, pur avendo aderito, non fanno abbastanza, la percentuale di coloro che hanno bisogno di aiuto, anche se molti non lo sanno, è dell’84,5%.

È importante informare che nei prossimi anni le pensioni saranno sempre più “povere” e, oltre a sottoscrivere fondi pensione e/o polizze dedicate, bisogna anche poi versare i premi. Inoltre, i premi devono essere di importo sufficiente per consentire di raggiungere in futuro una rendita adeguata.

I giovani da questo punto di vista sono avvantaggiati perché avendo molti anni a disposizione possono versare premi più bassi rispetto a chi è più vicino alla pensione e perciò, anche se con stipendi ancora medio-bassi, possono già iniziare a fare qualcosa di concreto e utile per quando andranno in pensione.

Bisogna sensibilizzare le persone che va bene avere l’RC auto (che è obbligatoria) e una polizza infortuni (soprattutto per i liberi professionisti), ma se ben il 75% delle morti avviene per malattie cardiovascolari, tumori e malattie dell’apparato respiratorio probabilmente tutelarsi anche da quel punto di vista diventa fondamentale. Diverse compagnie assicurative assieme alla polizza offrono anche la prevenzione con check up periodici, esami del sangue annuali ed esami di alta diagnostica. Un servizio aggiuntivo che può diventare fondamentale in un Paese in cui le liste di attesa per fare gli esami sono diventate lunghissime e le persone che non hanno la possibilità di rivolgersi al sistema privato rinunciano o si curano troppo tardi.

Inoltre, serve una consulenza a più ampio raggio, ovvero non solo vendere/collocare un prodotto, ma aiutare prima di tutto ad abbassare la frequenza del rischio e possibilmente anche la gravità.

Va benissimo sottoscrivere una polizza malattia o infortuni e malattia, ma bisogna anche a sensibilizzare le persone ad uno stile di vita più sano e regolare, magari con uno sconto sul premio che devono pagare o con delle convenzioni con palestre, centri benessere, corsi di educazione alimentare e centri diagnostici.

Prima di assicurare contro l’incendio i capannoni di un’azienda è meglio verificare se è possibile dislocare diversamente i prodotti e assicurare solo i capannoni con materiale infiammabile, soprattutto se gli altri non sono nelle vicinanze, ma in altri siti produttivi o di stoccaggio.

Se una persona ha un cane particolarmente aggressivo può (forse) andar bene se tale persona ha paura dei ladri, ma va meno bene se lo porta al parco magari affidato al figlio minorenne. Prima di assicurarlo è meglio fare in modo che sia meno pericoloso, ad esempio, con degli appositi corsi. Così si riduce sia il rischio sia la frequenza che succeda qualcosa di negativo. Altrimenti può capitare che l’assicurazione indennizzi la prima volta e poi non accetti più la copertura oppure che non indennizzi neanche la prima volta perché l’evento negativo è stato causato da un cane aggressivo in mano ad una persona non idonea.

Come sostenuto anche dal professor Raoul Pisani (docente SDA Bocconi e Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso la Facoltà di Economia dell’Università di Trento), il rischio ridotto nella frequenza anche se grave può essere assicurato, ma se la frequenza è elevata allora diventa un problema anche se l’entità del possibile danno è meno grave.

Conoscere il rischio è un passo importante. Una maggiore consapevolezza del rischio può aiutare a prendere decisioni più informate e a proteggere meglio le persone, i loro famigliari e i loro beni.

Daniele Bussola Membro Comitato Scientifico ANCP e Membro AIEF

© Riproduzione riservata