Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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In tema di intermediazione finanziaria, grava sull’intermediario provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione relativa ai titoli mobiliari oggetto di investimento, indipendentemente dalla generale (ed aspecifica) conoscenza degli strumenti finanziari da parte del cliente investitore e dalla sua condotta pregressa, al fine di consentirgli di effettuare una scelta consapevole di investimento. E’ quanto emerge dall’ordinanza n. 16184 dell’8/6/2023 con cui la prima sezione civile della Cassazione
I fenomeni atmosferici che hanno colpito il Nord Italia negli ultimi giorni hanno causato non pochi danni: in molti si trovano per esempio con l’automobile rovinata dalla grandine o da alberi o tronchi caduti per le raffiche di vento, o con il tetto, le tapparelle e altri parti della propria abitazione danneggiate. In Lombardia sono stati stimati danni, in generale, per oltre 100 milioni, e sono state colpite anche altre regioni, dal Piemonte al Veneto fino al Friuli.  Per tutelarsi ci sono le polizze ma occorre capire se sono state attivate le relative coperture che possono essere opzionali.
Nella prima metà del 2023, rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, sono aumentati di quasi il 50% gli attacchi ransomware, ossia gli attacchi informatici che bloccano i dati per richiedere alla vittima un riscatto. All’Italia è toccato nel 2022 il primato europeo per numero di attacchi ransomware. Nonostante ciò, non si è registrato, in campo assicurativo, un corrispondente aumento dei sinistri, a conferma di una maggiore efficacia globale nella gestione di tale rischio, del miglioramento della resilienza delle aziende e della stabilizzazione del mercato assicurativo cyber. A certificalo è la terza edizione del rapporto “Coming of Age” del broker internazionale Howden sugli andamenti delle assicurazioni in materia di cyber sicurezza. «Bisogna aiutare le imprese a proteggersi meglio, con soluzioni avanzate a costi sostenibili», osserva Federico Casini, ceo di Howden Italia, «non si tratta solo di un’opportunità di business ma di un dovere sociale che ogni assicuratore deve avere per non fermare lo sviluppo dell’economia e sostenere anche l’internazionalizzazione delle imprese».
Il costo delle violazioni di dati da parte dei criminali informatici subito dalle imprese italiane è, in media, pari a 3,55 milioni di euro, in crescita rispetto ai 3,03 milioni di euro individuati nel 2021 e ai 3,40 milioni di euro nel 2022. Ma le aziende che hanno un livello di intelligenza artificiale e di automazione più elevato sostengono minori costi in caso di attacchi, inoltre impiegano meno tempo per identificarli e contenerli. È quanto emerge dai dati contenuti nella diciottesima edizione del “Cost of a data breach report”, ricerca finanziata da Ibm security e condotta da Ponemon institute, secondo cui il costo medio globale della violazione dei dati ha raggiunto il massimo storico, per il report, di 4,45 milioni di dollari (poco più di 4 milioni di euro), in aumento del 15% negli ultimi 3 anni.
Dopo ChatGPT, la piattaforma di intelligenza artificiale generativa di OpenAI, tocca a Bard, la piattaforma di IA generativa di Google. Anche in questo caso, Check Point Research, società che fornisce informazioni sulle minacce informatiche, ha pubblicato un’analisi in cui si rilevano diversi scenari nei quali il sistema consente azioni malevole da parte di cybercriminali. In particolare, i ricercatori, come si legge nel report, sono stati in grado di generare messaggi di phishing (comunicazioni fraudolente per carpire informazioni riservate), malware per keylogger (strumento di sorveglianza usato per monitorare e registrate tutto quanto viene digitato sulla tastiera di uno specifico computer) e codice di base del ransomware (blocco dei dati per chiedere un riscatto). Gli analisti sottolineano che potrebbe trattarsi di una fase transitoria, una tappa di un percorso più lungo al termine del quale la piattaforma avrà adottato le limitazioni e i vincoli di sicurezza che occorrono.
Più tutele per chi segnala gli illeciti, obblighi rigorosi per le aziende: dal 15 luglio ha infatti preso il via l’applicazione delle nuove disposizioni contenute nel dlgs 10 marzo 2023, n. 24 in materia “whistleblowing” (che letteralmente significa “soffiare nel fischietto”), ovvero quella disciplina volta a proteggere coloro che siano venuti a conoscenza, nell’ambito della propria attività lavorativa, di illeciti e violazioni, e ne diano segnalazione attraverso i plurimi canali che il legislatore ha previsto.  Il decreto si applica ai soggetti del settore pubblico e del settore privato; con particolare riferimento a quest’ultimo settore, la normativa estende la disciplina a tutti i soggetti che hanno impiegato nell’ultimo anno la media di almeno 50 lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato. Inoltre, tra i destinatari il dlgs include, anche se non raggiungono tale numero di dipendenti, gli enti che hanno adottato modelli organizzativi ai sensi del dlgs 231/2001 e tutti i soggetti che operano in peculiari ambiti quali il settore dei servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, della tutela dell’ambiente e della sicurezza dei trasporti.
Modelli 231 da aggiornare: è quanto emerge dal dlgs 24/2023 a tutela del whistleblower, ovvero a protezione di chi segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo. Dunque, il decreto sostituisce le norme in materia contenute nel dlgs 231/2001, e cioè gli artt. 6 comma 2-bis, 2-ter e 2-quater, e impone pertanto alle aziende di revisionare e integrare i propri modelli di organizzazione, gestione e controllo dando conto delle novità normative.
Le vendite di beni oltre i confini nazionali supereranno quest’anno i 660 miliardi di euro, con una crescita del 6,8%, per proseguire a un ritmo del 4,6% nel 2024 e del 3,8% medio annuo nel biennio successivo. Sono la transizione energetica e la rivoluzione digitale i fattori che incidono significativamente sulla capacità delle imprese italiane di presidiare i mercati esteri. È quanto emerge dalla lettura del rapporto Export 2023 “Il Futuro è adesso.

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Staffetta ai vertici della classifica Assosim sui controvalori totali negoziati in Borsa nel primo semestre dell’anno. Il primo posto, con una quota pari al 6,3% (sul 38,68% della quota Assosim) è occupato da Finecobank, che guadagna lo 0,46% rispetto a dodici mesi prima. La banca guidata da Alessandro Foti scalza dalla prima posizione Intesa Sanpaolo, ora al secondo posto con una quota del 5,54% dei totali negoziati a Piazza Affari. Seguono Morgan Stanley, nella stessa posizione di un anno fa, e al quarto posto Banca Akros (era al quinto nel 2022). La torta però è per tutti più piccola: in Borsa i controvalori totali nel primo semestre sono scesi del 12,85%, mentre il numero di operazioni cala del 22,72%. In compenso è aumentato il taglio medio delle operazioni: 8.503 euro contro i 7.540 di un anno fa.
Per la prima volta nella storia dell’umanità, le persone che stanno per raggiungere o hanno raggiunto i 65 anni di età e più non sono mai state così numerose: quasi un terzo della popolazione mondiale, circa 800 milioni di individui. Queste persone, secondo il rapporto “World Social 2023” pubblicato dall’Onu, raddoppieranno nel 2050 fino a raggiungere quota 1,6 miliardi, più del 16% della popolazione globale. Un’enorme massa di persone che avranno necessità, consumi, stili di vita ed esigenze diverse in tema di alimentazione, trasporti, assistenza, domotica, sanità e così via. La loro preoccupazione, segnala il rapporto Onu, sarà incentrata soprattutto nel vivere il periodo post lavoro nella migliore condizione di salute possibile anche per non essere di peso a parenti, figli e nipoti.
Le imprese italiane si mostrano molto più puntuali nei pagamenti rispetto al periodo pre-Covid, anche se la situazione potrebbe risentire nei prossimi mesi di uno scenario incerto. Segnato, da un lato, dal rallentamento della crescita economica dopo la forte ripresa seguita al 2020, anno in cui è esplosa la pandemia; dall’altro, dalla stretta monetaria portata avanti dalla Banca Centrale europea. Uno studio sul tema realizzato da Cribis, società del gruppo Crif specializzata nella business information, relativo al secondo trimestre dell’anno in corso, evidenzia come nel periodo considerato l’incidenza dei pagamenti puntuali si è attestata al 41,2% sul totale delle realtà italiane analizzate, registrando un leggero miglioramento rispetto al quarto trimestre 2022 (40,9%) e un significativo aumento rispetto allo stesso periodo del 2019 (34,7%). «Durante la pandemia abbiamo assistito a una sostanziale tenuta nella puntualità dei pagamenti, per poi avere due anni molto positivi, con i ritardi gravi che hanno raggiunto il minimo storico nel 2022», evidenzia Marco Preti, amministratore delegato di Cribis.
La transizione digitale ha trasformato i processi produttivi delle aziende, rendendoli più efficienti e innovativi, e sta cambiando anche il nostro modo di lavorare, di relazionarci agli altri, di vivere. La digitalizzazione è pervasiva, riguarda tanti aspetti della nostra società: dalla sanità alla finanza, le nuove tecnologie stanno migliorando e diversificando i servizi a cui possiamo accedere, ma necessitano anche di competenze e strumenti adeguati per contrastare i rischi legati agli attacchi informatici, che prendono di mira imprese, infrastrutture critiche, servizi pubblici. Nel 2022, l’impatto economico delle violazioni di cybersecurity a livello globale ha oscillato tra i 1.000 e 6.000 miliardi di dollari: una forbice checalata sull’Italia è compresa tra i 21 e i 155 miliardi di euro (tra l’1,2 e l’8,3% del Pil). Questi numeri in anteprima su Affari&Finanza sono contenuti nel rapporto “Il valore strategico della Cybersecurity per aziende e istituzioni”, realizzato dalla Innotech Community di The European House Ambrosetti.

Pensioni e inflazione sempre al centro della scena. L’ultimo confronto tra governo e sindacati è servito per ribadire che ci sono pochi margini di spesa ulteriore per agevolare chi vuole lasciar prima il lavoro, ma la previdenza resta un tema caldo. Anche per il suo indissolubile legame con il caro vita. L’inflazione scende, ma non molla la presa. Rispetto al picco toccato a fine 2022, l’indice dei prezzi al consumo si è praticamente dimezzato, sia in Europa (al 5,5% a giugno) sia in Italia (al 6,4%). Il target della Bce (2%), però, rimane lontano, e con un’inflazione media che quest’anno si attesta al 5,6% (nel 2022 è stata dell’8,1%) gli effetti iniziano a farsi sentire anche sulle pensioni, a causa della perdita del potere d’acquisto.
Meglio tenere il Tfr in azienda o conferirlo ad una forma di previdenza integrativa? Si tratta di una domanda che ogni lavoratore dipendente dovrebbe essersi posto almeno una volta. Il risultato, ad oggi, è che solamente il 22% del valore del Tfr maturato dal 2007 al 2022 è stato conferito ad una forma di previdenza complementare. Ed è un peccato, perché anche grazie alle agevolazioni messe in campo fin dal 2006, la previdenza integrativa appare più competitiva del Tfr mantenuto in azienda, nonostante l’eccezionalità del 2022.
Non c’è fretta di valutare la convenienza del riscatto di laurea. Anzi sì. L’elevata inflazione del 2022 ha sparigliato le carte anche per i laureati. Il riscatto di laurea agevolato introdotto nel 2019 aveva infatti tolto la fretta di dover riscattare gli studi il prima possibile. Con il sistema di calcolo tradizionale infatti, il costo era legato alla retribuzione: se nel tempo aumenta lo stipendio, aumenta anche l’esborso. Il riscatto agevolato, al contrario, prevedendo un costo fisso per ogni anno di studi, metteva al riparo da questa fretta, dando la possibilità di poter aspettare qualche anno per vedere l’evoluzione della normativa, della propria carriera o dei propri risparmi.
La flessibilità in uscita per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1996 c’è già, ma è legata all’inflazione. La riforma Monti-Fornero del 2011 ha infatti previsto un requisito che consente di andare in pensione tre anni prima, in aggiunta ai requisiti di vecchiaia (67 anni di età con 20 di contributi) e di pensione anticipata (41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per le donne, un anno in più per gli uomini). Si tratta del requisito di pensione anticipata contributiva, che consente a chi ha contributi maturati solo a partire dal primo gennaio 1996, di anticipare la pensione a 64 anni di età (con 20 di contributi), a patto che l’importo pensionistico sia pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale. E qui entra in gioco l’inflazione, perché ogni anno il valore soglia aumenta, seguendo l’incremento dell’assegno sociale.
L’ inflazione ha un effetto importante anche per chi ha redditi elevati e ha iniziato a lavorare a partire dal primo gennaio del 1996. La normativa prevede infatti che i contributi pensionistici debbano essere pagati fino ad un massimale contributivo che è legato all’inflazione. Nel 2022 era di 105.014 euro, salito quest’anno a 113.520 euro a causa dell’inflazione del 2022 e nel 2024, in base all’inflazione acquisita a giugno, potrebbe ulteriormente salire a 119.877 euro. Sopra un certo reddito, quindi, i lavoratori che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1996, riceveranno sempre la stessa pensione. Si tratta di un tema di nicchia, riservato a dirigenti e professionisti con retribuzioni elevate, ma tangibile negli effetti: l’inflazione, in questo caso, aumentando i massimali contributivi, aumenta i contributi versati e quindi l’importo dell’assegno.

Per il 13% delle famiglie l’accensione di un mutuo è una “ mission impossible” e frena i progetti di acquisto. Al contempo, il costo per l’affitto è spesso insostenibile. È quanto emerge dal focus “Sguardi familiari sull’Abitare 2023”, l’analisi presentata da Nomisma all’interno del 16° Rapporto sulla Finanza per l’Abitare, che vuole contribuire alla riflessione sulle scelte abitative degli italiani. Quel che serve è un abitare più evoluto e plurale, attento a bisogni, desideri e possibilità reali delle famiglie e meno standardizzato e risucchiato da un mercato indebolito, incapace di dare una risposta alle esigenze abitative delle famiglie.
Di concorrenza sleale per contrarietà ai principi della correttezza professionale rispondono in via solidale la società che ha tratto vantaggio dagli atti illeciti e, personalmente, il suo amministratore che – pur non rivestendo la qualifica di imprenditore – ha contribuito a danneggiare una società concorrente a quella di cui è socio. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12092 dell’8 maggio 2023 pronunciandosi in un caso che vedeva coinvolte due società attive nel settore del trasporto pubblico e un soggetto terzo: il socio amministratore di una di queste.