Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Il distinguo concerne la tutela contro il rischio d’infortunio sul lavoro per i dipendenti che, in azienda, ricoprono un ruolo di rappresentanza dei colleghi lavoratori. E significa che, mentre i “rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza” sono coperti contro questo rischio dall’assicurazione Inail, lo stesso non vale per i lavoratori che svolgono l’attività sindacale. A precisarlo è l’Inail nella circolare 23/2023, emanata con il placet del ministero del lavoro. L’istituto assicuratore precisa che, per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (in sigla Rls), sia aziendale, sia territoriale o di sito produttivo, la copertura assicurativa è quella principale, cioè quella pagata in relazione al tipo di attività che il rappresentante svolge in azienda, senza che ciò comporti quindi oneri aggiuntivi per i datori di lavoro.
Gli utili delle aziende europee salgono (anche se a macchia di leopardo per quanto riguarda i settori), mentre il potere di acquisto dei consumatori non segue a ruota. Anzi si impoverisce. Ed è così che nasce la cosiddetta “inflazione da troppi profitti”. Malgrado i costi delle materie prime e dell’energia siano in calo, sugli scaffali dei supermercati o dei negozi le etichette dei prezzi non si abbassano. Alcune aziende, infatti, continuano a scaricare sui consumatori i rincari. A delineare questa tendenza, che accomuna i principali Paesi europei, è uno studio di Allianz Trade, società dell’assicurazione crediti.
Iladri di storia risarciscono il furto di proprietà industriale. Si configura la concorrenza sleale a carico del “falsario” cinese: ripaga all’azienda titolare del marchio gli utili che ha realizzato con l’uso della privativa contraffatta sulla merce venduta. Il giudice del merito liquida il danno da lucro cessante in via equitativa, in misura pari a un terzo del volume annuale dei guadagni ottenuti con la violazione della proprietà industriale, mentre il criterio della “giusta royalty” costituisce soltanto il limite inferiore del risarcimento determinato ex articolo 1226 c.c. È quanto emerge dall’ordinanza 14593/23, pubblicata il 25 maggio dalla prima sezione civile della Cassazione. Condotta decettiva. Passa in giudicato la condanna irrogata all’imprenditore orientale: pagherà 25 mila euro di risarcimento alla società titolare dei marchi che il titolare della ditta individuale ha imitato, tentando di registrarli a proprio nome, mentre la merce contraffatta è stata sequestrata e distrutta; il tutto con l’aggravante di una penale fissata per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza di merito e la pubblicazione del dispositivo a cura dell’attrice ma a spese del convenuto.
Nel mondo dei pagamenti si fanno sempre più spazio le alternative al contante: le carte sono sempre più accettate da piccole medie imprese ed esercenti, e gli strumenti digitali e innovativi, tra cui per esempio lo smartphone e i dispositivi indossabili, cominciano a essere utilizzati dai consumatori spesso. I pagamenti con carta sono sempre più accettati. Secondo uno studio di Visa (condotto in 14 paesi europei, tra cui l’Italia a fine del 2022), l’accettazione dei pagamenti con carta tra le piccole medie imprese e i piccoli esercenti nella Penisola continua a crescere, segnando un +7% rispetto all’anno precedente (67% nel 2021 e 74% nel 2022), soprattutto nell’ambito retail, cibo e bevande, salute e benessere.
Tra meno di due settimane, esattamente il 15 luglio, entra in vigore in Italia la Direttiva europea sulla protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea (cd. direttiva whistleblowing). Violazioni di cui siano venuti a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato, che possano ledere l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato. La normativa di recepimento, estende le protezioni ai segnalanti che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno 50 lavoratori subordinati o, anche sotto tale limite, agli enti che si occupano dei cd. settori sensibili (servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio o del finanziamento del terrorismo, sicurezza dei trasporti e tutela dell’ambiente) e a quelli adottano modelli di organizzazione e gestione ai sensi del decreto legislativo 231/2001.
Nuove tutele per mezzo milione di persone che lavorano nello sport. Anzi, per 1,4 milioni di persone, se invece dei dati da poco illustrati dal ministro Andrea Abodi (in linea con quelli di Agenzia delle entrate ed Eurostat) si prendano come riferimento i numeri del Coni. Oppure, ancora, per 1,1 milioni di operatori, seguendo le indicazioni presentate nelle relazioni tecniche in Parlamento. E, comunque, saranno tutele per la stragrande maggioranza rivolte al settore dilettantistico visto che, come riporta l’Inps, gli sportivi professionisti in Italia sono poco più di 9 mila. La riforma del lavoro sportivo, entrata in vigore il 1° luglio, si cala in una realtà che è ben rappresentata dal valzer di numeri appena elencato. Ovvero, un settore che ha molte zone grigie, sprovvisto di numeri e di statistiche precise, che fino ad oggi ha visto un utilizzo molto diffuso delle agevolazioni e che, con la riforma, si appresta ad «istituzionalizzarsi» e forse a «professionalizzarsi». Anche se le critiche al nuovo impianto normativo sono state tante e una parte consistente del comparto continua a contestare molte delle novità introdotte.
Si riaprono i giochi per il controllo delle Generali di Trieste, la più grande compagnia assicurativa del paese con oltre 500 miliardi di attività in gestione. La novità arriva dall’Ivass, l’autorità che vigila sul mercato assicurativo, che venerdì 30 ha autorizzato la Delfin, la holding finanziaria della famiglia Del Vecchio, a salire oltre il 10% del capitale di Generali. La richiesta era stata presentata senza squilli di tromba lo scorso 17 aprile perché – avendo già il 9,8% del capitale di Generali – Delfin aveva “involontariamente” superato la soglia del 10% per effetto del riacquisto di azioni proprie da parte della compagnia triestina. Un fatto tecnico, che però ha indotto Francesco Milleri, il manager che guida la cassaforte posseduta dagli eredi di Leonardo Del Vecchio (deceduto nel maggio 2022), a cogliere la palla al balzo e chiedere alla Vigilanza di poter restare sopra il 10% ed eventualmente salire oltre. Milleri poteva vendere un piccolo pacchetto di azioni e tornare sotto il 10%, ma non l’ha fatto. Ha preferito puntare in alto, ottenendo disco verde. «Ivass autorizza Delfin a detenere una partecipazione qualificata superiore al 10% del capitale sociale di Generali», è scritto nella delibera 54 dell’Ivass.
Cambia la stagione politica e si torna all’assalto dell’ultimo fortino della finanza italiana. Perché se anche Mediobanca non è più quel crocevia di partecipazioni che era sotto la gestione di Enrico Cuccia, ha tuttavia in pancia un grande asset che è il 13% di Generali. Controllarla vuol dire mettere le mani su un portafoglio di oltre 500 miliardi di euro.