Il nuovo numero del periodico statistico Dati Inail è dedicato all’analisi del settore produttivo dell’industria alimentare Le professioni più colpite sono quelle dei panettieri, pasticceri, macellai e pesciaioli
Dati Inail ha analizzato l’andamento infortunistico e tecnopatico dell’industria alimentare italiana nel 2021, fortemente condizionato, come il 2020, dalla pandemia da Covid-19. Questo settore, leader in Europa per numero di imprese operanti e al terzo posto, dopo Germania e Francia, per fatturato, rappresenta una componente rilevante all’interno del tessuto manifatturiero nazionale con oltre il 12% del totale degli occupati, percentuale superata solo dalle attività metallurgiche e fabbricazione di prodotti in metallo.
L’industria alimentare è caratterizzata da una netta maggioranza (83,4%) di aziende con meno di nove addetti, concentrate soprattutto nel Sud Italia, in particolare in Calabria, Basilicata e Sicilia, e nel 2021 ha registrato poco più di 11mila denunce di infortunio e 33 decessi sul lavoro. Le attività più colpite sono quelle della lavorazione delle carni (3.249 casi denunciati), della produzione di prodotti da forno (2.749) e dell’industria lattiero-casearia (2.121), che insieme raccolgono il 73% degli infortuni e 19 decessi.
Le professioni più coinvolte sono quelle dei panettieri e pasticceri (17% delle denunce), macellai e pesciaioli (14%), operai addetti a macchine confezionatrici di prodotti industriali (11%) e commessi, personale addetto all’imballaggio e al magazzino, facchini e addetti allo spostamento di merci, con circa il 10% complessivamente.
Le denunce in crescita costante tra gli over 60
Gli infortunati sono prevalentemente uomini (due su tre), ma all’interno dei singoli comparti si segnalano evidenti differenze di genere. La componente femminile, per esempio, ha registrato un elevato numero di denunce nella produzione di prodotti da forno e nell’industria lattiero-casearia. Le lavoratrici infortunate sono generalmente più anziane rispetto agli uomini: quelle dai 50 anni in su rappresentano, infatti, il 36,3% sul totale dello stesso sesso rispetto al 30,7% degli uomini. Nel complesso gli infortunati con più di 60 anni nel periodo compreso tra il 2018 e il 2021 hanno avuto un andamento infortunistico sempre crescente.
La caduta dall’alto e l’inciampamento/scivolamento tra le cause più frequenti dei decessi
Nel 2021 più di nove casi mortali su 10 hanno riguardato il genere maschile, con oltre la metà dei deceduti di età superiore ai 49 anni. Le donne che hanno perso la vita, invece, sono state quattro (tre in occasione di lavoro), tutte di età compresa tra i 50 e i 64 anni. Il calo rispetto al 2020 per i lavoratori e le lavoratrici è pari, rispettivamente, a nove e due decessi. Oltre il 30% dei casi mortali avvenuti in occasione di lavoro è stato causato da caduta dall’alto o da inciampamento/scivolamento.
Le malattie professionali in aumento del 12,7% rispetto al 2017
Un ambito produttivo molto articolato e complesso come quello dell’industria alimentare espone i lavoratori anche a diverse tipologie di rischio di malattia professionale, derivanti dall’utilizzo di macchine, dall’esposizione ad agenti chimici, biologici e fisici, dalla movimentazione manuale dei carichi e da movimenti ripetitivi. Nel quinquennio 2017-2021 le denunce di patologie lavoro-correlate in questo settore sono aumentate dalle 1.360 del 2017 alle 1.533 del 2021, con un incremento del 12,7% che è in controtendenza rispetto alla diminuzione dell’1,0% registrata nel complesso della gestione Industria e servizi, dai 45.996 casi del 2017 ai 45.552 del 2021. Questa differenza è confermata anche prendendo in considerazione solo i casi definiti positivamente, con un aumento più contenuto per il settore alimentare, pari al 7,7% (dai 608 del 2017 ai 655 del 2021), a fronte però di un calo molto più significativo per l’insieme dell’Industria e servizi, pari al -9,2%.
Netta prevalenza delle patologie osteomuscolari e del tessuto connettivo
La fascia di età più colpita è quella dai 55 ai 59 anni, con il 25,8% delle tecnopatie riconosciute positivamente, seguita dalle fasce 50-54 e 45-49 anni, rispettivamente con il 22,6% e il 16,4%. Considerando anche il 14,1% dei lavoratori tra 60 e 64 anni e l’8,9% di quelli tra 40 e 44 anni, emerge che quasi il 90% dei casi è concentrato nelle età centrali della vita lavorativa, con quote molto marginali per gli under 40 e gli over 65. La percentuale dei lavoratori stranieri che hanno contratto malattie professionali nel settore alimentare è pari al 21,9% del totale, significativamente più alta rispetto al 7,5% rilevato nel complesso della gestione Industria e servizi. Tra le patologie riscontrate, quasi il 73% sono malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, in particolare dorsopatie e disturbi dei tessuti molli, seguite dalle patologie del sistema nervoso (20,9%), dalle malattie dell’orecchio (2,6%) e dalle malattie del sistema respiratorio (2,2%).