PRELIMINARE E RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO: ARRIVANO CONFERME DALLA CORTE DI CASSAZIONE
di Paola Cavallero
Ai fini della determinazione del danno risarcibile e della sua decorrenza per violazione dell’obbligo di buona fede che il contraente deve tenere durante la pendenza della condizione sospensiva apposta ad un contratto preliminare di vendita immobiliare, deve essere opportunamente valutato il comportamento imputabile alla parte che non si è attivata per consentire il verificarsi della condizione. Non rileva, viceversa, la successiva proposizione della domanda giudiziale di risoluzione del contratto, già inefficace per mancato avveramento della condizione.
A confermarlo la Cassazione, sez. 2 civ., con l’ordinanza n. 21427 del 6.7.2022 che ha accolto il ricorso e cassato la decisione resa Corte di Appello di Palermo che, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame della causa. La vicenda trae origine controversia relativa alla mancata conclusione di un contratto definitivo di vendita, entro il termine pattuito, a causa della mancata consegna della documentazione amministrativa necessaria ai fini dell’ottenimento del mutuo ipotecario agevolato. La società promittente venditrice aveva convenuto in giudizio innanzi il Tribunale di Palermo il promissario acquirente deducendo di essersi obbligata a vendergli un appartamento in un edificio in costruzione con un contratto preliminare stipulato in forma di scrittura privata i cui effetti erano sospensivamente condizionati all’erogazione in favore di quest’ultimo di un mutuo agevolato da perfezionarsi entro sette mesi dalla data della sottoscrizione.
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