Lo studio realizzato da Coface tra novembre 2021 e febbraio 2022 fornisce un approfondimento sull’evoluzione dei comportamenti di pagamento e delle pratiche di gestione credito di circa 2800 imprese nella regione Asia-Pacifico in un anno segnato dalla pandemia di Covid-19.
L’indagine è stata condotta da Coface su imprese attive in novi mercati (Australia, Cina, Hong Kong, India, Giappone, Malesia, Singapore, Tailandia e Taiwan) e 13 settori.
Nessun peggioramento dei ritardi di pagamento malgrado l’impatto del Covid, ad eccezione della Cina
Il miglioramento delle condizioni economiche nel 2021 ha contribuito a una riduzione considerevole dei ritardi di pagamento nella regione Asia-Pacifico, passando da 68 giorni in media nel 2020 a 54 giorni nel 2021, il livello più basso da 5 anni. La percentuale di intervistati che ha dichiarato ritardi di pagamento è rimasta stabile al 64% contro il 65% l’anno precedente. Tra le nove economie coperte, i ritardi di pagamento si sono ridotti maggiormente in Malesia e Singapore. Al contrario, la Cina è il solo paese ad aver registrato un incremento dei ritardi, oltre ad avere i ritardi di pagamento più lunghi. Lo studio ha messo in evidenza alcune preoccupazioni per le imprese.
La percentuale di intervistati che ha dichiarato un incremento dei ritardi di pagamento è passata dal 35% nel 2021, al 31% l’anno precedente. Inoltre, sempre più imprese hanno segnalato ritardi di pagamento prolungati pari a oltre il 10% del fatturato annuo; con in testa Cina dove la percentuale già elevata del 27% nel 2020 è passata a 40% nel 2021. La percentuale di ritardi di pagamento prolungati è leggermente aumentata in Australia e India, mentre si è stabilizzata o diminuita negli altri sei mercati, con un calo significativo ad Hong Kong.
La maggior parte di questi pagamenti non viene mai saldata e i rischi di liquidità hanno la tendenza a crescere quando i ritardi prolungati rappresentano oltre il 2% del fatturato annuo di un’impresa. A livello settoriale, in particolare in quello dei metalli, sono tante le imprese che devono affrontare ritardi di pagamento prolungati, con un incremento di 14 punti e circa il 23%, il livello più elevato registrato nei 13 settori analizzati. Anche altri settori, come le costruzioni, le TIC, i trasporti e il tessile si trovano ad affrontare rischi importanti in termini di liquidità: più del 30% delle imprese che ha registrato ritardi di pagamento prolungati ha dichiarato che questi ritardi rappresentavano oltre il 2% del fatturato annuo.
Prospettive economiche: ampio ottimismo ma numerose incertezze legate all’aumento dei prezzi delle materie prime
Complessivamente, gli intervistati restano ottimisti: il 71% prevede un miglioramento della crescita economica nel 2022. Tuttavia, tale ottimismo non è uguale in tutte le regioni. Singapore è la più ottimista rispetto alla media asiatica con l’83% degli intervistati (+17 punti) che stima una crescita più elevate. Anche le imprese di Giappone e Thailandia, dove la ripresa è stata relativamente moderata nel 2021 e quindi con un potenziale di ripresa per il 2022, hanno dimostrato maggior fiducia, con un aumento di 14 punti, raggiungendo rispettivamente il 75% e l’80%.
Al contrario, in Malesia, solo il 44% degli intervistati prevede un miglioramento, ovvero un calo significativo (-29pp) rispetto all’anno scorso, in un contesto di crescente incertezza politica e con la possibilità di un’elezione generale a sorpresa nel 2022.
L’incremento dei prezzi delle materie prime è sempre più menzionato dagli intervistati quando rispondono sugli effetti del Covid sulle loro performance commerciali e finanziarie. Oltre la metà delle imprese (54%) ha indicato l’aumento dei prezzi delle materie prime come un fattore determinante, una crescita considerevole rispetto al 2020 (31%).
Nel 2021 i prezzi delle materie prime hanno subito una forte impennata, in particolare quelli del petrolio, e hanno continuato a lievitare in maniera significativa in seguito alla guerra in Ucraina. Ciò ha intensificato le pressioni sui costi per le imprese in tutto il mondo, compre quelle in Asia-Pacifico, e di conseguenza accresciuto i rischi legati alla liquidità.
I margini delle imprese asiatiche sempre più sotto pressione
Al momento le imprese si trovano di fronte a un contesto complesso caratterizzato da interruzioni delle catene di approvvigionamento, tensioni geopolitiche e inflazione crescente. I vincoli di approvvigionamento sono proseguiti per tutto il 2021, in parte a causa della nuova ondata di Covid19 e di conseguenza dei lockdown.
Tuttavia, il mondo è progressivamente ripartito e la domanda privata è cresciuta, ampliando il divario tra offerta e domanda per numerosi prodotti e materie prime e generando un forte incremento dei prezzi. Le pressioni sulle catene di approvvigionamento mondiali si sono lievemente attenuate a inizio 2022, ma sono riemerse con il conflitto tra Russia e Ucraina. Considerando il ruolo predominante dei due paesi sui mercati mondiali delle materie prime, il conflitto ha portato una nuova impennata dei prezzi, spingendo l’inflazione al rialzo e, di riflesso, i salari.
Di conseguenza sono aumentati i costi di produzione, con un impatto sulla redditività delle imprese. Dopo aver assistito a moderate pressioni inflazionistiche nel 2021, i paesi asiatici registrano un rapido incremento dell’inflazione, soprattutto per i prodotti alimentari ed energetici.
In alcune economie, l’aumento dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) ha superato l’obiettivo della banca centrale. È il caso della Tailandia, che ha registrato una crescita annua al di sopra dell’intervallo target della banca centrale pari al 3% per il 5° mese consecutivo a maggio. Il target di inflazione è stato superato anche in Australia, India e Filippine.
Dopo aver assistito a una deflazione per 10 mesi nel periodo 2020/2021, l’inflazione giapponese ha superato il target della Banca del Giappone con il 2,5% ad aprile. Di fronte a questo aumento vertiginoso del costo della vita, alcuni paesi hanno deciso di aumentare i salari per sostenere i consumatori. In Giappone, Corea del Sud e Singapore, la crescita del salario medio ha subito un’accelerazione dal 2021.
Nel sud-est asiatico, la Malesia ha stabilito un incremento del salario minimo del 35% a maggio 2022; meccanismi simili dovrebbero essere implementati nelle Filippine a giugno e in Vietnam.
«Il miglioramento delle condizioni economiche nel 2021 ha contribuito a un notevole calo della durata dei ritardi di pagamento nella regione Asia-Pacifico. Tuttavia, le aziende della regione stanno affrontando crescenti rischi credito, con un numero in aumento delle segnalazioni di ritardi di pagamento. Inoltre, è probabile che si verifichino ritardi di pagamento prolungati, superiori al 10% del fatturato annuo, in particolare in Cina e, in misura molto minore, in Australia e India», ha dichiarato Bernard Aw, economista Coface per l’Asia-Pacifico. “Le imprese cinesi preoccupano a causa dell’aumento dei ritardi sia per quantità che lunghezza dei termini di pagamento. Le criticità sono importanti considerando anche il miglioramento generalizzato della situazione dei pagamenti da parte delle imprese asiatiche malgrado l’aumento dell’inflazione. Per questa ragione, i ritardi ed il conseguente rischio di credito da parte delle imprese cinesi rappresentano un elemento di cui tenere conto nella valutazione dei rapporti economici esistenti tra Italia e Cina, paese con cui intratteniamo rapporti commerciali cruciali per garantire lo sviluppo dell’economia nazionale e delle imprese italiane” ha dichiarato Ernesto De Martinis, Ceo di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa.